La Difesa è oggi  impegnata in una trasformazione ‘’epocale’’,in avanti ed in anticipo, rispetto ad altri Dicasteri, riducendo drasticamente il proprio personale e relativi costi,nonché i programmi,con la rivisitazione dell’ intera struttura organizzativa: necessarie e pesanti sforbiciate per far tornare l’ago della bilancia  in una sorta di riequilibrio sostenibile, valido per il futuro. Una scelta obbligata per ridurre le spese del personale che oggi superano il 70% del budget assegnato alla funzione Difesa che dovrebbe,invece, tendere ad un ‘’target’’ del 50%, ridistribuendo parte di tali risorse (fino al 25%) a favore dell’ investimento per l’acquisizione di nuovi e moderni mezzi, ed incrementando il vitale ‘’esercizio’’ che include l’operatività, le manutenzioni, il supporto logistico e l’addestramento, portandolo da quell’irrisorio 12%, ad un livello del 25%. Molto del lavoro riduttivo sui vari Enti Centrali, Comandi e strutture periferiche, con l’accorpamento ed ogni sinergia possibile, mirando al migliore efficientamento, è ancora in corso e richiederà  tempo, impegno notevole e ‘’qualche male di pancia’’ ai diversi livelli. La ‘’Jointness’’ sembra essere la parolina magica, anche se qualche volta rischia di creare più problemi che reali vantaggi; l’Ammiraglio Birindelli (Medaglia d’Oro al Valor Militare), eroe sui mezzi insidiosi nel 2° Conflitto Mondiale, soleva dire che ‘’l’acqua e l’olio non vanno mai forzosamente miscelati; presi a sé stanti sono elementi ottimi e vitali, ma se li mescolate violentemente si otterrà solo un miscuglio nauseabondo, che non serve a nulla..’’. Non avendo gli spazi per trattare tutte le problematiche  POI (Personale,Operatività,Investimento) ‘’in rivisitazione’’, l’analisi si limiterà al personale P. e ad alcuni  programmi di investimento I. che hanno un maggiore impatto per le casse future, in particolare quello dell’acquisizione del velivolo F-35, o Joint Strike Fighter.  Per quanto attiene al Personale, il loro riequilibrio  ambito  Difesa, avvertito da oltre  un lustro, doveva essere certamente fatto poiché le risorse disponibili erano (e saranno) insufficienti a mantenere il personale ed uno strumento adeguato e bilanciato che nel frattempo è andato annichilendosi. Si trattava di concretizzare una necessità, e di ricapitalizzare nel tempo lo Strumento Militare, ma siccome bisognava battersi per far capire che la Difesa serve – al di là della  attuale contingente austerità fiscale- è sempre mancata una  precisa volontà politica per valorizzare e tutelare le Forze Armate. Poi, visto che ottenere le giuste risorse per sostenere lo strumento era una ‘’strada  impopolare’’,l’opzione divenne quella di  smagrire il POI, ma come? L’O.I. ha pagato lo scotto riducendo l’operatività al lumicino e, in termini di investimenti, abbiamo stretto la cinghia, per poter pagare il Personale. Ma, già allora, l’ unica soluzione alternativa ad una sana e logica ricapitalizzazione appariva soprattutto quella  di  ridurre il P e ‘’dimissionare’’  le risorse umane  che, tuttavia, veniva regolarmente rinviata per non perdere il consenso (elettorale): per la ricapitalizzazione ci volevano coraggio ed idee chiare, mentre per fare i conti al ribasso sarebbe bastato anche un modesto ragioniere . Comunque, ora, il taglio annunciato di quei  33.000 militari, più 10.000  dipendenti civili della Difesa rischiano di far parte di quella schiera di  ‘’esodati’’ nel prossimo  decennio : il numero magico dei residui 150.000 militari verrà raggiunto con ‘’lacrime e sangue’’ e chi ne soffrirà-fra tutta la P.A.- sarà solo il personale della Difesa. Il numero più cospicuo  è ‘’pagato’’ da  quella schiera di Sottufficiali ed Ufficiali che-oltre a quelli soggetti ad esodi naturali- si troveranno  a  transitare verso altre Amministrazioni,o a ‘’scivolare’’ via con provvedimenti tipo ARQ (aspettativa per riduzione quadri), ma entrambe le strade sono molto ostiche da percorrere; essendo costretti ad abbandonare le ‘’stellette’’,avranno umane difficoltà a spiegare alle proprie mogli e figli che ‘’non sono più buoni per il Re, e quindi neppure per la Regina..’’.   Il secondo aspetto attiene  le capacità operative esprimibili  con quei nuovi numeri, ridotti di oltre il 20%; non ci sono dubbi che  il sistema capacitivo Difesa  ne soffrirà e dovrà dimagrire coattivamente: la qualità dei mezzi è essenziale, ma la quantità non rappresenta una variabile del tutto indipendente…per cui, sì più snelli, ma anche molto più magri (e negli ultimi tempi grasso attorno all’ osso Difesa  davvero non se ne trovava più). Se è vero, come è vero, che  la risorsa umana è  ‘’lo strumento più prezioso  e sensibile’’ di cui dispone la Difesa, su cui sono del tutto d’accordo, forse bisognava usare una mano meno pesante nel fare i conti ed operare i tagli. E,prima di tutto, è doveroso chiamare in causa- affinchè si assumano le relative responsabilità- coloro che già all’inizio del Millennio  avevano sbandierato la ‘’storica’’ conversione della Difesa  dal sistema misto Volontari-Leva, verso una struttura di soli professionisti che, ovviamente, sarebbe costata molto di più e doveva essere finanziata per gli anni a venire, fino a riequilibrarsi nel 2026 (queste erano le ipotesi fatte nel 2005, all’epoca della sospensione del servizio di leva!). Soldi, nel frattempo,non se ne sono visti, i ranghi sono rimasti tali, ma in compenso i proclami politici non sono mancati:’’ Mamme, i vostri figli non sperpereranno più tempo per la ‘’naia’’;‘’il target percentuale del PIL Difesa ora (allora) poco sopra l’1%,arriverà al 1,5%’’ (siamo finiti ,nell’arco di pochi anni, poco sopra la metà,allo 0.83 !!). Gli scossoni sono normalmente salutari, ma gli stravolgimenti, soprattutto quelli fatti  essenzialmente sulle  spalle del personale, possono essere deteriori nei loro impatti militari e sociali, e talvolta assai rischiosi. Forse un approccio più equilibrato e meno draconiano, che eviti di scaricare a massa  tutti i problemi sul personale con le stellette, come se loro fossero i ‘’colpevoli’’, non appare quello più logico ed intellettualmente più onesto. Un ‘’taglio’’ meno severo, con un target del 60-20-20, anziché del 50-25-25, sarebbe stato meno traumatico , confidando su uno ‘’spread’’ compatibile  fra gli esodi più o meno naturali ed un calibrato ma più ridotto numero di future assunzioni. Per non gravare esclusivamente sul fattore P. –personale- si dovrebbe poter ‘’limare’’ qualche programma  di I. futuro fra i più ingenti e costosi come quello del fantomatico ‘’Soldato futuro’’ e ‘’Forza NEC’’ frutto di una spinta digitalizzazione; visto che,peraltro, si  basano sulle ‘’teste’’ che ora saranno il 20% in meno, potranno essere recuperati parecchi miliardi di euro,  considerando  che dal 2013/14,  le nostre forze sul terreno in Afghanistan saranno ridotte sensibilmente. Anche sui programmi  di  I. aerei –ed in particolare sull’  F-35 – la scure poteva abbattersi  con più razionalità  e con notevoli risparmi per il cittadino, ed una maggiore capitalizzazione per la Difesa. Quindi  la rivisitazione dei programmi dell’ Esercito consentirà di disporre di ‘’grand savings’’  e, se le scelte saranno quelle più giuste, anche dal  F-35 che è, da tempo, sulla ‘’cresta mediatica’’: bisogna  razionalizzare lo strumento senza stereotipi e senza condizionamenti di  forzosa ‘’Jointness’’, onestamente e con coraggio, in base alle priorità della ‘’nostra’’ difesa e sicurezza attuale e futura.  L’ ‘’issue’’ dell’I. aereo, merita alcune considerazioni a premessa; la scelta della Difesa di aver – a suo tempo- aderito alla fase di ricerca  e sviluppo di un velivolo,quale l’EFA,interamente  europeo,’’multiruolo’’,per poi decidere di usarlo ‘’monoruolo’’(aria-aria), si è rivelata ‘’incoerente  e  molto  costosa’’;  tale opinabile scelta,  ha indotto a partecipare, poi, al  programma JSF, per le missioni  aria-suolo,fra cui le CAS. Da qui discendono gli eccessivi ordinativi del F-35  tipo ‘’A’’, il modello convenzionale, ed aggiuntivamente il segmento STOVL –il tipo ‘’B’’, previsto non solo per i Reparti di Volo imbarcati per i quali è una ovvia necessità, ma anche per Gruppi di volo basati a terra.Tale approccio ha consentito  di ordinare 69  JSF velivoli ‘’A’’, più 40 di tipo ‘’B’’ per le esigenze aria-suolo, sostituti dei Tornado ed AMX; di questi, i  40  STOVL  non hanno  concrete e logiche possibilità di impiego da siti austeri terrestri, e sono meno performanti del tipo A, qualora impiegati da piste aeroportuali. Le ultime  decisioni annunciate dal Dicastero della Difesa, nell’ottica di ridurre  il numero dei JSF da acquisire, prefigurano un dimagrimento negli ordinativi, passando da 131 (69 tipo A, 40 tipo B per l’Aeronautica ,più 22 necessariamente di tipo B per la Marina) a circa 90 velivoli, pur non essendo ancora noti i numeri parziali di quelli convenzionali, e di quelli a decollo verticale. La logica operativa  presupporrebbe di identificare, di prima acchito, il taglio dei 40 STOVL AMI, mantenendo i 22 per la MM, per il Cavour. Gli aerei STOVL a favore della MM sono un ‘’must’’, mentre per l’AMI sono ‘’nice to have’’; la Marina  vi è ‘’forzata’’ perché è il solo tipo impiegabile da bordo della portaerei per le caratteristiche  compatibili con la pista ‘’corta’’. L’impiego del tipo ‘’B’’ da siti austeri terrestri  è in pratica, operativamente, poco conveniente ed efficace, visto che ha minore autonomia, minor tempo sull’obiettivo, carico bellico inferiore del 30% e costa circa il 30% in più del modello A; inoltre è esposto a rischi di ingestione di ‘’rumenta’’ (FOD) nel motore, con pericoli per la sicurezza del volo. Nessuna Forza aerea al mondo acquisirà  il tipo B per un impiego da siti terrestri: noi sì, ma manca un razionale; peraltro, studi della US Air Force, a suo tempo incaricata di uno specifico ‘’assessment’’, ne escludono  -con evidenze tecniche inconfutabili- l’acquisizione per tali ruoli. In sintesi la scelta STOVL, più  penalizzante, ha senso soltanto per quanti intendono impiegare il JSF su piattaforme navali di limitate dimensioni, le sole che possono dare un valore aggiunto  consentendone un adeguato carico bellico attraverso un buon vento relativo prodotto dalla nave, e dallo  ski-jump  che riduce la corsa di decollo, rendendolo  più sicuro. Quindi, tenuto conto di quanto espresso, l’approccio definitivo  auspicabile, più ragionevole, e di buon senso operativo porterebbe  ad una unica scelta : ridurre  la  flotta dei  JSF –almeno-  della  aliquota  dei  40 tipo ‘’B’’, STOVL ordinati per l’ AMI. L’ipotesi  risulta  ‘operativamente’ saggia  e  prefigura ,altresì, la  realizzazione di notevoli  risparmi (dell’ordine dei  4 Mld  di  euro), da capitalizzare nelle disponibilità per le nuove acquisizioni. Per contro il Gruppo di STOVL MM, da destinare nelle aree limitrofe a Taranto (a Grottaglie), per poter armare rapidamente il Cavour, è vitale per  la portaerei: un assetto altamente strategico e flessibile  non  solo per la Difesa, ma per l’ intero Paese. La componente aerotattica imbarcata sulla portaerei,realmente multiruolo, consente di intervenire dovunque e comunque, fin dall’ inizio della crisi, anche quando non sono disponibili basi a terra per il rischieramento dei velivoli, e le operazioni dal mare potrebbero essere le uniche praticabili, senza ‘’invasività’’  delle sovranità nazionali (si pensi all’Afghanistan ed alla Libia). Per tacere dei restanti 69 di tipo A che potrebbero essere ulteriormente ridotti a circa 50-51, anziché 69, con un ulteriore ‘’saving’’ di un altro paio di miliardi di euro.  Non si possono lamentare, a causa di tali riduzioni, minori ritorni industriali nazionali provenienti  dalle loro manutenzioni e perfino assemblaggi, a fronte dei soldi spesi oltre-oceano: il ritorno è comunque assai modesto e anche quello connesso all’ occupazione resta irrilevante. Né  l’invocata  comunalità logistica da conseguire ad ogni costo, per ‘’amalgamare’’ le due diverse tipologie A e B, e per risparmiare, può essere condivisa. Infatti,per quanto riguarda la logistica, la comunanza è insita nell’intero concetto di supporto del JSF e sarà applicata su scala ben più larga di quella nazionale italiana. Lockheed Martin progetta di creare un ‘’pooling’’ regionale/globale di parti di ricambio che non apparterranno all’uno o all’altro partner, ma saranno spostate da un paese all’altro per supportare le esigenze di tutti. Ciò fa parte del concetto della Performance Based Logistic che, a regime, punta a garantire sensibili risparmi a tutti, rispetto ad una logistica gestita a livello nazionale, con parti di rispetto acquistate a monte. Gli organi logistici nazionali non dovrebbero fare di più che un monitoraggio dei processi gestiti da Lockheed ed intervenire solo in caso di problemi.L’implementazione di una gestione logistica nazionale comune per il JSF, nulla rileva ai fini  della ‘’Jointness’’ e di eventuali ‘’savings’’ ; serve soltanto a motivare la realizzazione e l’esistenza di un grosso Comando Logistico centralizzato, che  appare superfluo.                    Per quanto riguarda la comunanza addestrativa, certamente è opportuno sviluppare la capacità di operare congiuntamente; tuttavia gli attuali concetti operativi JSF della MM e dell’AM restano profondamente diversi (multiruolo e principalmente sea-based per l’una, aria-suolo e land-based per l’altra) e richiederanno che una considerevole parte dell’addestramento sia ‘’single-service’’. Pertanto, volere a tutti i costi applicare un concetto Joint  a due Forze Armate che operano in maniera diversa, in scenari diversi (su mare, o su terra) scevri da una qualsivoglia ‘’sinergia logistica’’, e con tradizioni,cultura ed efficienza molto differenti,ha davvero poco senso operativo: l’Ammiraglio Birindelli avrebbe richiamato la sua ’’massima’’! Se i paradigmi della Jointness in teoria potrebbero funzionare, nella pratica si perpetuerebbe quell’atavica ‘’attrition’’ fra diverse culture che affondano le radici nella gestione di assetti comuni, fin dall’epoca dei Gruppi degli Idrovolanti (i tristemente famosi CANT  501, o ‘’Ali di Legno’’); fin d’allora tutti quegli eroi , Osservatori di Marina, oltre all’indiscusso coraggio e spirito di sacrificio, dovevano essere dotati di …una buona dose di diplomazia per convivere con gli altri aviatori! Oggi, come allora, non possono esistere salvifiche  soluzioni di compromesso fra realtà diverse, anzi; il suggerimento è quello di seguire la ragione vera e la massima efficacia delle Componenti, non gli stereotipi del ‘’politically and military correct’’: le critiche di partigianeria  ci potranno sempre essere, l’importante non è compiacere a tutti, ma poter rispondere alla propria coscienza, con lealtà.  In conclusione, a fronte della riduzione dei numeri complessivi degli F-35 e del bilancio striminzito della Difesa, la scelta di buon senso- in termini di ‘’spending review’’- non può gravare eccessivamente sul personale Difesa ed è sufficiente, pur garantendo adeguate capacità operative, rinunciare almeno agli F-35 B dell’Aeronautica,mantenendo le due tipologie di velivoli in Gruppi e scenari di impiego separati.  Scelte oneste, figlie di una concreta ‘’vision’’ strategica ed equilibrata, professionalmente ineccepibile che ridefinisce ruoli e capacità nei diversi settori,senza commistioni o ideologie surrettizie ,e che si riverberà positivamente sulla  Difesa & Sicurezza  del nostro Paese e sulle ‘’tasche’’ dei cittadini: e questo –oggi-non è poco!

Amm. Giuseppe Lertora

Seconda parte http://www.liberoreporter.it/?p=30298