Nell’Oceano Indiano un altro fenomeno alimenta tensioni e problemi. In quelle lontane acque è in corso una vera e propria guerra tra pescatori. Ieri un’unità navale della Marina Militare cingalese ha arrestato in mare ben 41 pescatori indiani. In precedenza un’alta nave militare aveva arrestato altri 32 pescatori indiani. L’accusa per tutti è di ingresso illegale nelle acque dello Sri Lanka e di aver praticato bracconaggio. Il primo episodio è accaduto al largo di Thalaimannar, parte settentrionale isola, mentre nel secondo caso l’arresto è avvenuto al largo delle isole Delft. Sono queste, regioni settentrionali e orientali dell’isola, le aree soggette alla disputa. In entrambi i casi i pescatori indiani a bordo delle loro imbarcazioni, in tutto 15, sono stati colti in flagrante a pescare in acque territoriali cingalesi. Questi nuovi arresti arrivano a pochi giorni al rilascio di altri 33 pescatori indiani trattenuti in carcere nello Sri Lanka dopo essere stati arrestati per aver praticato bracconaggio in acque cingalesi. La loro vicenda aveva alimentato ulteriormente la diatriba tra i due Paesi frontalieri. I 33 marinai indiani sono stati rilasciati grazie all’intervento diretto del presidente cingalese, Mahinda Rajapaksa. Un gesto voluto dal capo di stato del Paese asiatico come segnale di buona volontà a voler risolvere la questione e indirizzato verso il neo governo indiano guidato dal primo ministro Narendra Modi. Quanto accaduto ieri si inserisce in questo contesto e alimenta ulteriormente la rabbia e lo sdegno di chi nello Sri Lanka era contrario al rilascio dei pescatori indiani. L’opinione pubblica cingalese è infatti, molto divisa sull’argomento. La gran parte non vede, da parte dell’India, alcun segnale di buona volontà nemmeno nel ricambiare il gesto rilasciando a sua volta pescatori dello Sri Lanka in carcere in India. Spesso i pescatori arrestati vengono trattenuti anche per mesi senza nemmeno che vengano formulate accuse specifiche nei loro riguardi. In molti casi a loro viene negato anche il diritto di comunicare con le loro famiglie. Quella in atto è, purtroppo, un’annosa controversia che vede protagonisti, loro malgrado, i governi di Colombo e New Delhi. La questione riguarda appunto i diritti di pesca nelle acque al largo degli stati costieri meridionali indiani e delle isole nel Golfo del Bengala. Si tratta di un’area marina vastissima e di difficile controllo. Di fatto i pescatori di ambo le parti non rispettano le frontiere marittime. Questo perché si tratta di acque particolarmente ricche di Tonno e la loro pescosità fa molto gola ai pescatori indiani e cingalesi che spesso si spingono, rischiando l’arresto nel migliore dei casi, fino ad esse per riempire i loro pescherecci di pescato. Queste continue violazioni territoriali, oltre che a condurre ad arresti di pescatori, sia cingalesi sia indiani, da parte delle Marine Militari dei rispettivi Paesi asiatici, sono spesso sfociate anche in violenti scontri in mare tra pescatori indiani e cingalesi. I più violenti sembrano essere i secondi forse perché si ritengono i più penalizzati dal fenomeno. Più volte infatti, i pescatori cingalesi sono stati accusati di essere ricorsi ad una ingiustificata violenza nei confronti di quelli indiani. Finora ogni tentativo di mediazione e di trovare una soluzione è sempre fallito. L’ultimo tentativo appena il mese scorso. La situazione è ormai in stallo. Lo Sri Lanka denuncia che a causa di queste violazioni l’economia del Paese legata alla pesca subisce forti perdite economiche. Le stime indicano perdite per almeno 50mln di dollari l’anno.
Ferdinando Pelliccia