Con la sua consueta tempestività l’International Marittime Bureau, IMB, ha lanciato un avviso per tutti i comandanti di navi, grandi e piccole, a mantenere alta la guardia per evitare spiacevoli sorprese nelle acque del Sud-Est asiatico. In questa parte del mondo infatti, si sta registrando, negli ultimi mesi, una recrudescenza del fenomeno della pirateria marittima. Dopo che negli anni 2010-2011 si erano registrati circa 20 dirottamenti per anno e, nell’ultimo biennio erano poi, calati a 6 per anno, nei primi sei mesi del 2014 le navi sequestrate sono già oltre una dozzina mentre i tentativi falliti una cinquantina, trenta solo nei rimi tre mesi di quest’anno. A scorazzare in quelle acque sono i pirati malesi e indonesiani, i secondi sono meno attivi dei primi, ma non meno pericolosi. Nel primo semestre di quest’anno hanno già messo a segno numerosi arrembaggi. Il picco però, si registra dal mese di aprile ad oggi. Finora in quella parte del mondo il fenomeno era stato abbastanza contenuto. I predoni del mare si limitavano a piccole sortite per piccoli furti. Salivano sulle navi mentre erano alla fonda, nei porti o al largo, limitandosi a rubare le provviste di bordo e gli effetti personali dell’equipaggio. Spesso assaltavano anche imbarcazioni da diporto per derubare chi vi era a bordo. Piccoli furti che ora sembra non bastino più ai pirati. Ora questi banditi del mare sembrano interessati soprattutto al carico trasportato dalle navi, petroliere e mercantili. Il gasolio per uso marittimo è infatti, un prodotto che è facilmente rivendibili al mercato nero molto florido nella regione. Si stima che finora siano stati rubati dai pirati almeno 3 mln di litri di combustibile. Ed ecco che è stato coniato un nuovo termine, la ‘Petropirateria’. Tutto questo ha acceso forti timori negli addetti ai lavori. In un rapporto del 12 giugno scorso l’ONU afferma che il mare del sud-est asiatico è diventato hub di attacchi pirati dopo la riduzione del fenomeno al largo della Somalia. L’Oceano Indiano orientale resta una via di transito fondamentale tra Europa, Asia e Oceania. Ecco perché lo Stretto di Malacca, tra Malesia e Indonesia, una vera e propria strozzatura, resta di grande importanza strategica. Si tratta di un passaggio obbligato per le navi o per lo meno preferito rispetto ad altri. Ogni giorno vi transitano centinaia di navi. L’aumento del flusso di petrolio dall’Asia verso gli Stati Uniti e verso l’Europa ha però, attirato l’attenzione dei predoni del mare. Purtroppo nell’attraversare lo stretto le navi si devono tenere sotto costa e procedere a bassa velocità. Questo le rende delle facili prede per i pirati malesi o indonesiani. Il timore che il fenomeno, ormai in calo nell’Oceano Indiano, stia invece, prendendo piede in queste acque è quindi molto fondato. Di certo nel mare del Sud Est asiatico in particolare nello stretto di Malacca e mar cinese meridionale operano gang del mare molto ben organizzate rispetto al passato e che, di certo, godono di ottimi appoggi a terra e di valide informazioni che gli permettono di conoscere in anticipo carico e rotta delle navi da catturare. Inoltre, hanno affinato la capacità di dirottare le navi. Riescono ad arrembare un cargo anche quando è in navigazione operando non oltre le 50 miglia nautiche dalla costa. Inoltre, in genere colpiscono a distanza di pochi giorni dal precedente dirottamento quando ormai i pattugliatori delle Marine Militari dei Paesi della regione, dopo il cessate allarme, sono ormai rientrati alle rispettive basi. Manca infatti, per ora, un reale accordo di cooperazione tra le varie Marine Militari dei Paesi costieri della regione. Per ora solo Malesia e Indonesia hanno unito le loro forze per contrastare il fenomeno. Molto attiva è la marina indonesiana che ha messo in campo una decina di pattugliatori che devono però, coprire un’area vasta di circa 3mila miglia quadrate. Purtroppo il contrasto alla pirateria marittima ha un suo costo. Un costo elevato che ricade tutto sul Paese che si impegna ad attuarlo. Di contro però, non attuarlo comporta un calo del commercio e del turismo per tutti i Paesi costieri della regione.
Ferdinando Pelliccia

