vit

La figura di Santa Rosa continua ad attirare l’attenzione di molti viterbesi, tanto che ieri pomeriggio la sala Regia di Palazzo dei Priori era gremita di gente per seguire l’appuntamento “Ri_conoscere Santa Rosa”, promosso dal consigliere comunale delegato alle Pari opportunità Daniela Bizzarri, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura. Presenti all’evento il sindaco di Viterbo, Leonardo Michelini, che la consigliera Bizzarri ha ringraziato per la sua presenza e per l’aiuto che dà alle iniziative proposte, facendo sentire il consiglio comunale come una sorta di grande famiglia, l’assessore comunale Antonio Delli Iaconi e la consigliera comunale Alessandra Troncarelli. A cura del Centro Studi Santa Rosa e con il patrocinio del MIBACT, di Provincia, Diocesi di Viterbo, Sodalizio Facchini di Santa Rosa, Fondazione Carivit, Archeotuscia, l’incontro, che è stato seguito da un pubblico eterogeneo, ha affrontato una serie di argomenti legati alla Santa patrona.  In particolare si sono seguiti due filoni: il primo “Carta canta. Alla ricerca della vera storia del Monastero di Santa Rosa” e l’altro “Santa Rosa per filo e per segno. Ricami e manufatti tessili legati alla devozione rosiana”.  I lavori sono stati aperti dall’intervento della consigliera Bizzarri che ha sottolineato lo scopo dell’iniziativa: riportare l’attenzione su Santa Rosa, valorizzando il ricco patrimonio documentario conservato negli archivi, soprattutto in quelli del Monastero delle Clarisse di Santa Rosa.  “Ri.conoscere Santa Rosa”, inoltre, è stato realizzato anche per l’importante attribuzione data dall’Unesco al trasporto della Macchina di S. Rosa come bene immateriale dell’umanità. Attilio Bartoli Langeli del Centro Studi Santa Rosa ha, quindi,  introdotto Giovanna Casagrande dell’Università di Perugia, che ha trattato il periodo della Santa bambina utilizzando, appunto le fonti scritte (Carta canta). Ne è scaturito che la presenza di una comunità femminile sul colle San Marco è documentata dall’inizio del XIII secolo e come in seguito, Papa Gregorio IX concesse indulgenze ed esenzione per favorirne lo sviluppo. La storia del monastero registra, ovviamente, come momento più importante, la traslazione del corpo incorrotto della Santa affidato alle monache di clausura e preservato da ben 750 anni.  Luciano Osbat del Centro Diocesano Documentazione ha poi introdotto Barbara De Dominicis. “La carta canta – ha detto Osbat- ma tante altre cose cantano come i tessuti, le reliquie, i dipinti. Tutto ciò che di Santa Rosa ci è pervenuto in maniera corretta ci può svelare racconti incredibili”. Interessante, quindi porre l’attenzione anche sui tessuti che venivano prodotti all’epoca, su come si lavoravano e chi li acquistava. “A Viterbo – ha affermato Osbat – abbiamo una conoscenza piccolissima dell’ambiente e del periodo storico di Santa Rosa”. Barbara De Dominicis ha esordito ricordando che parte del progetto è stato promosso dal Centro Studi Santa Rosa, del quale lavorano studiosi con diverse competenze. Ha poi ringraziato la comunità delle Clarisse di S. Rosa che, nonostante la loro condizione di clausura, hanno aperto le porte del loro convento per permettere questi studi.  “A questa causa ha dato anche un’importante spinta il nostro Vescovo – ha precisato De Dominicis, che ha poi aggiunto – Il gruppo di cui faccio parte si occupa dei manufatti tessili. La mostra del 2012 sulle reliquie di Santa Rosa ha portato alla luce un notevole numero di manufatti religiosi”. A ciò si deve aggiungere la ricca attività artistica e culturale che si svolgeva all’interno del monastero. “Le monache erano già in grado di ideare e tracciare disegni nel campo del ricamo e molte delle loro produzioni venivano apprezzate anche dal mercato laico – ha proseguito De Dominicis – Gli studi si sono basati  sull’esame dei paramenti sacri e di altri arredi in corsi di catalogazione . Inoltre, stiamo cercando di ricostruire l’opera del laboratorio di ricamo e cucito all’interno del convento”. Attraverso delle slide, quindi, la De Dominicis ha presentato alcuni lavori, tra cui paramenti sacri con ricami in oro ed argento. “All’interno dei progetti decorativi – ha precisato De Dominicis – venivano inserite le rose, simbolo della Santa o la sua stessa figura. Interessante è anche studiare l’evoluzione degli abiti delle stesse suore, proseguendo le indagini sulla figura di Santa Rosa”.  L’incontro è terminato con una gustosa degustazione di prodotti viterbesi dell’azienda Cimina Dolciaria.

 Wanda Cherubini