attiliomancaAttilio Manca dopo la specializzazione a Parigi, nella tecnica non invasiva degli interventi chirurgici per i tumori alla prostata, era viceprimario al reparto di urologia dell’ospedale di Belcolle (VT). Il medico, originario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), morì la notte tra l’11 e il 12 febbraio del 2004 nella sua abitazione di Viterbo. Nel polso sinistro del giovane medico gli investigatori rilevano due fori e a terra, accanto al corpo, una siringa con tracce di droghe. Dall’autopsia eseguita sul corpo del medico venne rilevata nel suo sangue un’alta concentrazione di eroina, alcool etilico e barbiturici. Un micidiale cocktail che gli era stato fatale. Tutto questo bastò agli inquirenti per far pensare ad un suicidio o un incidente e il caso venne archiviato. Attilio Manca per amici, colleghi e parenti non  era un tossico perché non aveva mai fatto uso di stupefacenti e inoltre, era mancino e quindi nell’ impossibilità di iniettarsi nel braccio sinistro la droga che l’avrebbe ucciso. Sembra anche che sul cadavere siano stati riscontrati segni di una colluttazione. Pertanto, i familiari si opposero a questa decisione di archiviazione sostenendo che si trattava di un omicidio mascherato da suicidio e che il figlio fosse stato ucciso perché  era a conoscenza di un intervento chirurgico che il boss di cosa nostra, Bernando Provenzano aveva subito a Marsiglia in Francia o peggio lo avesse assistito dopo l’intervento. Secondo una ricostruzione fatta dai familiari del medico questi, era stato forse contattato dal boss di Corleone che gli aveva chiesto di partecipare all’intervento. Nel novembre del 2003 poi, il medico sarebbe stato in Francia ufficialmente per una vacanza a Cannes. Dell’intervento a Provenzano si è poi, avuto conferma in seguito ad una successiva inchiesta della magistratura che appurò che effettivamente Provenzano nel 2003 sarebbe stato operato alla prostata nella clinica ‘La Ciotat’ da un’équipe composta da Philippe Barnaud e dagli specialisti Breton e Bonin. Un pentito poi, Francesco Pastoia, avrebbe riferito anche che il boss dei boss operato di prostata era stato poi, assistito da un urologo in uno dei suoi covi. Dal momento della morte del medico sono state continue le richieste dei familiari dell’urologo a riaprire le indagini lamentando contraddizioni, ma soprattutto incongruenze investigative e chiedendo ulteriori supplementi d’indagine. “Me l’hanno ammazzato due volte”. Sono le parole che continuamente ripete la madre dell’urologo, Angela. La donna, con il marito e con l’aiuto dell’avvocato Fabio Repici, con la tenacia tipica di una madre che ha perso il figlio e chiede verità è giustizia, fin dall’inizio si batte affinché il caso non venga archiviato. Per la donna il figlio è stato ammazzato due volte, perché oltre a ucciderlo fisicamente, la mafia ha cercato di segnarne la morte con un marchio che ne sporca l’ immagine di bravo ragazzo, legato alla sua famiglia, alla sua città e appassionato al suo lavoro. Nel 2008 la Procura di Viterbo riapre le indagini sulla morte dell’urologo, ma successivamente nel 2012 ne chiede di nuovo l’archiviazione. Nell’ottobre del 2013 l’avvocato Antonio Ingroia si unisce all’avvocato Fabio Repici a cui la famiglia Manca ha chiesto assistenza legale fin dai primi momenti di questa vicenda piena di mistero. Il primo caso da avvocato per l’ex Pm. Agli inizi del 2014 viene rinviata a giudizio per spaccio una donna, Monica Mileti che secondo l’accusa dovrebbe essere il pusher che ha venduto l’eroina al medico e che gli ha causato poi, la morte. Viene ancora avvallata la tesi dell’incidente o suicidio. In quella occasione l’avvocato Ingroia affermò: “Sono fiducioso perché in sede processuale avremo la possibilità di provare la verità e cioè che quello di Attilio non fu un suicidio o una morte accidentale come invece ha sostenuto la Procura di Viterbo, ma che ci fu la mano della mafia. E lo faremo in un pubblico dibattimento, quindi davanti ai cittadini appassionati di verità e giustizia, così come la famiglia Manca che in questi anni si è battuta contro inerzie e depistaggi istituzionali senza mai rassegnarsi”. Ieri l’ennesima sorpresa. La corte ha deciso di estromettere i familiari di Attilio Manca dal processo che vede Monica Mileti  come unico imputato per cessione di sostanze stupefacenti. Dichiarato in prescrizione l’omicidio colpevole. Per la corte non c’è diritto per le parti civili di rimanere nel processo. Gli avvocati della famiglia Manca hanno annunciato un esposto alla Dda di Roma. In coda alla vicenda ci sono anche le dichiarazioni del boss dei Casalesi, Giuseppe Setola, che collega la morte di Attilio Manca a Provenzano. Setola avrebbe appreso particolari sulla vicenda mentre era detenuto. I vuoti, i silenzi, le contraddizioni, le incongruenze, il mistero che avvolge tutta la vicenda porta alla mente altri casi simili italiani in cui tutto e tutti si sono affannati a negare l’evidenza dei fatti.