In Iran eseguita la sentenza di condanna a morte di Reyhaneh Jabbari. La giovane donna persiana era stata condannata a morte per aver ucciso nel 2007 a coltellate un uomo che lei dice voleva stuprarla. Durante il processo infatti, la ragazza aveva confessato l’omicidio affermando però, di averlo compiuto per legittima difesa. Di questo però, la corte che l’ha giudicata e condannata nel 2009 non ne ha tenuto conto. Forse anche perché la vittima era un ex impiegato del ministero dell’Intelligence iraniano, Morteza Abdolali Sarbandi. La sentenza, più volte rinviata, alla fine è stata eseguita a mezzanotte nel carcere di Rajay Shahr a circa 20 km da Teheran dove era detenuta e nonostante la 26enne fosse febbricitante. La morte è avvenuta per impiccagione. La notizia ha subito fatto il giro del mondo che forse, colpevolmente è stato poco attivo nei confronti del regime degli Ayatollah che ha voluto che la condanna fosse eseguita. Per settimane si erano susseguiti appelli internazionali rivolti alle autorità iraniane affinché non dessero seguito alla sentenza di condanna a morte. La speranza di salvare la giovane persiana si sono fatti sempre più flebili per poi, tramontare del tutto quando nei giorni scorsi era fallito l’ultimo tentativo, quello di ottenere il perdono dalla famiglia della vittima. Reyhaneh per salvarsi avrebbe dovuto cambiare la propria versione dei fatti e smentire il tentativo di stupro come e la famiglia della vittima pretendeva in cambio del perdono. Reyhaneh è restata ferma sulla sua versione dando prova di coraggio e di coerenza. Avrebbe potuto avere salva la vita, ma ha preferito morire con onore piuttosto che portare addosso per tutto il resto della vita il peso e il rimorso di aver ceduto alle pressioni della famiglia della vittima che voleva salvare invece, l’onore del loro familiare morto per mano della giovane persiana che si era opposta al suo brutale tentativo di abusarla.