Il rappresentante diplomatico iraniano presso l’Agenzia internazionale dell’energia atomica, AIEA, Reza Najafi, ha respinto le accuse rivolte al suo Paese sull’esistenza di un sito nucleare segreto a Marivan nella regione occidentale dell’Iran. Si tratta di un’area che si a ovest della capitale iraniana, Teheran ad una distanza di oltre 700 chilometri. Najafi ha anche informato il consiglio dell’AIEA, che il suo Paese è disposto ad accogliere i suoi ispettori nella regione occidentale iraniana per verificare la veridicità di quanto affermato. Il rappresentante iraniano ha anche spiegato che il Paese che ha fornito all’AIEA queste informazioni false non ha indicato anche la posizione esatta del sito perchè in realtà, non esiste alcun sito. Diversamente Najafi ha inviato questo Paese, gli Stati Uniti o il regime sionista, ad indicare la posizione esatta del sito o a confessare che ha indotto in errore l’AIEA con false informazioni. Non è la prima volta che l’agenzia Onu, incaricata di promuovere l’utilizzo pacifico dell’energia nucleare e di impedirne l’utilizzo per scopi militari, riceve informazioni in merito a siti nucleari segreti detenuti dall’Iran. Dell’ipotetica esistenza del sito di Marivan se ne era già parlato durante la presidenza di Mahmoud Ahmadinejad nel 2008. Allora il regime degli Ayatollah se la cavo con una dichiarazione con cui spiegava di non aver svolto alcuna attività di cui era accusata nella regione di Marivan. Quella del programma nucleare iraniano è una questione che dura da decenni. Vi è nata una annosa crisi che ha dato vita a diverse riunioni in ambito internazionale per discutere la questione. Ad esse vi hanno partecipato rappresentanti iraniani e dei 5 + 1, i cinque Paesi membri permanenti del Cds Onu + la Germania. Attualmente sono in corso un’altra serie di round a Vienna in Austria. Si tratta di un vero e proprio braccio di ferro tra Teheran e comunità internazionale. L’Iran, Paese Mediorientale ricco di petrolio, giustifica le sue ambizioni nucleari per scopi medici e energetici,
mentre la comunità internazionale afferma che sono per scopi bellici. Tra il primo e il secondo caso ci passa poco. Con la produzione su scala industriale di uranio leggermente arricchito al 2-4% si produce combustibile per alimentare le centrali nucleari. Mentre con uranio arricchito al 9 % si produce combustibile per testate nucleari. Ad alimentare poi, i sospetti nei confronti dell’Iran anche il fatto che la repubblica islamica non ha firmato il protocollo aggiuntivo al Trattato di non proliferazione nucleare, TNP. La volontà iraniana di portare avanti ad ogni costo il suo programma di arricchimento dell’uranio ha dato vita ad una serie di sanzioni Onu nei confronti del Paese islamico. Le prime nel 2007. Queste sanzioni sono state anche accompagnate da minacce a colpire i siti da parte degli Usa e israeliani. Il primo programma nucleare iraniano fu avviato negli anni cinquanta dallo Scià Reza Pahlavi nella città di Bushehr. Con la rivoluzione iraniana negli anni’70 lo sviluppo del progetto venne interrotto. La costruzione del reattore di Bushehr riprese poi, nel 1995 e venne affidata alla Russia attraverso la stipula di un accordo con Teheran. Nel 2002 a sorpresa venne annunciato che l’Iran stava costruendo nei pressi della città di Natanz un impianto segreto per l’arricchimento dell’uranio con il metodo della centrifugazione. Una scoperta che diede vita a immediati sospetti nella comunità internazionale Usa in testa rinforzati poi, dalla scoperta di un secondo impianto nel 2009 a Isfahan sempre per l’ arricchimento dell’uranio su scala industriale.
Ferdinando Pelliccia

