Ieri la petroliera, MT Almi Spirit è stata abbordata. L’assalto si è verificato mentre la nave era all’ancora al largo di Kuala Lumpur. Come è consuetudine l’attacco è stato condotto all’alba da una mezza dozzina di pirati malesi a bordo di uno skiff. I predoni hanno cercato di prendere il controllo della nave, ma hanno incontrato la resistenza dell’equipaggio in aiuto dei quali è intervenuto anche un pattugliatore della Guardia Costiera malese. Una volta scattato l’allarme i banditi del mare si sono però, dati alla fuga senza lasciare traccia. La petroliera battente bandiera della Liberia è di proprietà della società armatrice greca ALMI TANKERS SA. Al momento dell’assalto le sue cisterne contenevano circa 90mila tonnellate di olio combustibile per uso marittimo, MFO, per un valore di 23 mln di dollari. Se fosse andato segno, per i predoni del mare malesi, sarebbe stato un bel colpo. Lo scopo di impadronirsi di una nave è quello infatti, di derubarla del suo carico. In genere una volta preso il controllo della petroliera, i banditi del mare rinchiudono prima l’equipaggio e poi, fanno rotta in un luogo sicuro e protetto dove avere modo di travasare il carico della nave catturata. Una volta svuotato le cisterne i predoni del mare depredato nave ed equipaggio di ogni bene di valore e poi si dileguano. Quello di impadronirsi del carico delle navi, soprattutto prodotti petroliferi lavorati è lo scopo principale dell’attività piratesca in questa parte del mondo. Si tratta infatti, di merce rivendibile facilmente al mercato nero. Una dimostrazione questa, di quanto il fiorire del mercato nero dei prodotti petroliferi lavorati incida su fenomeni come la pirateria marittima portando al nascere anche di sue varianti. Si tratta infatti, anche in questo caso di un altro episodio collegato alla Petro-pirateria una specifica forma del fenomeno che si è specializzata nel solo arrembaggio di petroliere e che si sta diffondendo a macchia d’olio specie nel mare del sud Est Asiatico. Il fatto che in questo mare, un’area che copre una dozzina di Paesi, sono in crescita le azioni piratesche condotte dalle gang del mare, soprattutto malesi e indonesiani, ha conseguenzialmente portato, da qualche anno, ad un allargamento della ‘High Risk Area’. Pertanto, come pericolosità e rischio, all’ormai tristemente nota area del bacino somalo e Oceano Indiano, sono state aggiunte oltre le acque del Golfo di Guinea anche quelle dello stretto di Malacca e mar cinese meridionale. Una dimostrazione questa, che i prodotti petroliferi lavorati hanno finito per diventare il nuovo ‘stimolo’ al ‘rinnovarsi’ della pirateria marittima. Un fenomeno che è ormai decaduto invece, in alcune aree come la Somalia.
Ferdinando Pelliccia

