Marco Tronchetti Provera usò espressioni “potenzialmente lesive dell’onore” di Carlo De Benedetti, ma “per ciascuna dichiarazione sussiste l’interesse sociale”, cioè “l’interesse generale alla conoscenza del fatto, ossia l’attitudine della notizia a contribuire alla formazione della pubblica opinione, in modo che ognuno possa orientare liberamente le proprie scelte”. E’ quanto scrive il giudice di Milano, Monica Amicone, nella motivazioni alla sentenza con la quale, lo scorso settembre, ha assolto il ceo di Pirelli “perché il fatto non costituisce reato” dall’accusa di aver diffamato il fondatore del gruppo ‘L’Espresso’. In particolare, il botta e risposta riguarda le dichiarazioni dell’imputato relative ai bilanci di Olivetti, l’allontanamento dalla Fiat, il coinvolgimento nella bancarotta del banco Ambrosiamo e la cittadinanza svizzera di De Benedetti. Frasi che arrivano dopo l’affermazione in un’intervista televisiva in cui Carlo De Benedetti dice: “Se i capitani coraggiosi sono Colaninno e Tronchetti allora preferisco le partecipazioni statali”. Risulta “evidente il clima di aspro confronto” in cui si sono incrociate le frasi riprese dalla stampa nazionale, e se in prima battuta “deve darsi risposta in gran parte positiva” alla domanda se le frasi pronunciate siano o meno “potenzialmente” lesive “della reputazione” di De Benedetti, dall’altro il giudice di Milano chiarisce che sussiste anche la scriminante “dell’esercizio del diritto di critica, invocato dalla difesa”. Scriminante che sussiste anche perché “per ciascuna dichiarazione” al centro del processo c’è anche il “requisito dell’interesse sociale”. E aggiunge nelle motivazioni lunghe 28 pagine: “Non vi é dubbio che il requisito dell’interesse pubblico, nel caso in esame, appaia qui pienamente configurato, tenuto conto del ruolo primario dei protagonisti della polemica, e delle aziende di cui sono i vertici, nel panorama economico italiano”. per il giudice “scontato l’interesse dell’opinione pubblica anche in relazione ai temi toccati dall’aspro confronto tra l’imputato e De Benedetti, tra cui il fenomeno di Tangentopoli e il crack del Banco Ambrosiano”.
Giudice su Tronchetti, non falso definire ‘discussi’ bilanci
“Ce n’é abbastanza per definire ‘discussi’ i ’bilanci’ di Olivetti, senza incorrere in una falsa affermazione”. Lo scrive il giudice di Milano, Monica Amicone, nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso settembre ha assolto Marco Tronchetti Provera dall’accusa di avere diffamato Carlo De Benedetti.
Tronchetti, in una dichiarazione aveva affermato che “l’ingegner De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci di Olivetti”. Frase contestata dal fondatore del gruppo editoriale ‘L’Espresso’, ricordando che i bilanci di Olivetti “sono sempre stati approvati dalle relative assemblee, per cui non di cosa parli, cioè è una frase senza senso ed ingiuriosa”.
Per il giudice le “discussioni” di cui parla Tronchetti non sono quelle “interne” alla società, ma “riguardano l’esterno della società, l’opinione pubblica e il mercato” e, in particolare, i “diversi procedimenti penali” “tra i quali quelli archiviati” e “quello che si concluso con la condanna in sede penale da De Benedetti, citata dalla difesa, e della quale il querelante non ha conservato memoria”. Anche per le altre frasi al centro del caso giudiziario – ad esempio l’allontanamento di De Benedetti dalla Fiat – “non è presente” secondo il giudice “nell’espressione utilizzata dall’imputato una circostanza immediatamente pregiudizievole per la reputazione” dell’editore.

