Il canone del Maître à penser

Quando si leggono le bibbie, ci si sorprende meno di ciò che la divinità sa che di ciò che non sa.
(Mark Twain, Notebook, 1935 – postumo -).

E’ fatta per l’accordo Rai – Celentano. Il tele predicatore, il Maître à penser della Tv di Stato con le casse grame, è pronto per l’evento dedicato alla canzone italiana. La Rai spenderà 350.000 euro per una serata, 700.000 se le sere saranno due, per un totale massimo di 750.000 euro qualora fossero più serate – dice Gianmarco Mazzi, direttore artistico. Celentano ha dichiarato che devolverà tutto in beneficienza, “quindi si dovrebbe vergognare chi ha gridato allo scandalo” ha proseguito Mazzi.
L’aria trionfalistica di Mazzi si accomuna a quella del direttore del tg1, Mauro Mazza: “Il nostro Tevez è Adriano Celentano”. Pare ovvio quello che i due dirigenti tralasciano: quei denari escono dalle nostre tasche, cosa ne faccia Celentano sono affari suoi. Per la beneficienza, nostra, serviva il ‘prestanome’?
Celentano è un investimento, secondo i sostenitori di mamma Rai.
Evviva. Allora perché non investire, per esempio, nello sport dove invece la Rai ha tagliato milioni di euro?
Intanto oggi scade il canone, lo paghiamo, e ci cucchiamo Celentano con 112 buone ragioni per non amare chi ce lo impone.
Quando si ‘interpreta’ Celentano non ci si sorprende di ciò che non sa, ma di come dice ciò che non sa molleggiando e beneficiando.
(Danilo Stefani)