La Commissione Ue ha adottato oggi proposte di norme sulla prevenzione e la risoluzione delle crisi bancarie. Presentate dal Commissario ai Servizi finanziari e al Mercato interno, Michel Barnier, le nuove misure dovranno assicurare che in futuro le autorità disporranno di strumenti per intervenire con decisione sia prima sia dopo il verificarsi di problemi e, nel caso in cui la situazione finanziaria di una banca si deteriori irrimediabilmente, lo strumento è volto a garantire il salvataggio delle sue funzioni essenziali.

Ma se in linea generale la notizia sembra essere rassicurante, c’è chi continua a suonare il campanello di allarme nei confronti della UE che ancora una volta omologa tutti i 27 Stati membri ad un’unica regolamentazione, a prescindere dalla situazione economica e industriale di ciascun Paese. E’ il Partito Indipendente inglese (UKIP)  che non  perde occasione per ribadire come le istituzioni europee applicano ancora una volta le stesse regole per tutti, incluso il Regno Unito, senza tenere assolutamente in considerazione la specificità economica, sociale e industriale di ciascuna nazione.

Nigel Farage, leader di UKIP e ormai noto come il “grillo parlante” dell’aula parlamentare europea, anche oggi ha espresso parere negativo su questo intervento definendolo come “un abito di taglia unica” (“one size fits all”) che ancora una volta consolida la supremazia della Ue sulla collettività degli Stati, facendo decadere la sovranità di ciascun popolo.

Come ha sottolineato Philip Booth, direttore editoriale e di Programma dell’Istituto degli Affari economici e professore di Assicurazioni e di Gestione del Rischio alla Business School Cass, con l’approvazione di queste misure, nel tentativo di centralizzare la regolamentazione e usare la congiuntura per creare “più Europa”, il pericolo che essa divenga ancora più centralizzata, più pesante e più burocratica prende ancora più consistenza, visto che le norme bancarie internazionali applicate fino ad oggi per gestire la crisi  hanno tecnicamente fallito. La crisi finanziaria che stiamo attraversando, infatti, stigmatizza il livello di inadeguatezza degli strumenti a disposizione delle autorità pubbliche per gestire le crisi delle banche che operano sui mercati mondiali. Come soluzione al mantenimento dei servizi finanziari essenziali per i cittadini e le imprese, i governi hanno dovuto iniettare denaro pubblico nel sistema bancario ed emettere garanzie come mai prima. Tra ottobre 2008 e ottobre 2011 – prosegue Booth – la Commissione europea ha approvato aiuti di Stato a favore degli enti finanziari per 4500 miliardi di euro, pari al 37% del Pil dell’intera Unione Europea. L’intervento ha evitato fallimenti bancari e perturbazioni economiche di grossa portata ma il costo del deterioramento delle finanze pubbliche è ricaduto sui contribuenti senza risolvere il problema della gestione delle difficoltà delle grandi banche internazionali.

Lavinia Macchiarini