Dai sindacati alla Confindustria, dagli enti locali alle amministrazioni centrali, dalle potenti burocrazie dei ministeri fino ai vertici di alcuni partiti (PD e IDV soprattutto) , si è subito formato un ampio e agguerrito fronte di ostilità al Decreto Legge del governo Monti che – già in vigore da ieri – taglia la spesa pubblica praticamente in ogni settore, per un complessivo risparmio di 26 miliardi di euro entro il 2014. L’intento, lo ricordiamo, è di evitare almeno fino ad ottobre un aumento dell’IVA. Ma la CGIL minaccia lo sciopero generale, e tutti paventano “macelleria sociale”. Vivo allarme anche da Regioni e Province: queste ultime, tra soppressioni e accorpamenti, destinate in breve a un drastico ridimensionamento.

C’era da aspettarselo. Tutti riconoscono l’enormità del nostro debito, tutti ammettono che per decenni la società e lo Stato si sono esposti ben oltre la base produttiva. Ma ora che i tagli diventano effettivi per decreto-legge, cioè da subito, con un piglio decisionale forse senza precedenti in Italia, prende corpo rapidamente un’accanita resistenza anche occulta, e tutto fa pensare a uno scenario estivo fortemente conflittuale. La forza di Monti è data dal consenso europeo, dalla drammatica logica dei numeri, nonché dalla circostanza – più unica che rara per un governo – di non dover rispondere ad alcun elettorato. Sul fronte opposto, sindacati, rappresentanze imprenditoriali, amministrazioni periferiche possono a loro volta contare su strutture ben articolate e un saldo insediamento burocratico-territoriale. E sull’ovvia contrarietà dei cittadini a rinunciare a una quota di servizi sociali.

Ricordiamo che le sforbiciate, selettive ma energiche, vanno dalle auto blu, già dimezzate, ai ministeri (-1,5 miliardi nel 2002, -3 nel 2013). In materia di Giustizia vengono soppressi 37 tribunali e 38 procure, su 166 esistenti. Molteplici e articolati gli interventi sulla sanità: taglio per le ASL del 5 per cento a tutti i beni e servizi non strettamente sanitari, mentre per gli ospedali si scende da 4 a 3,7 posti letto ogni mille abitanti: sostanzialmente, 18 mila posti letto in meno. Aumentano gli sconti sui medicinali a carico delle farmacie.

I dipendenti pubblici in generale subiscono un taglio del 10% (personale) e del 20% (dirigenti), con gli esuberi in mobilità.. Non sfuggono alle forbici governative le Forze Armate, con 1 miliardo di tagli entro il 2014. Ma è sugli enti locali che si incentra l’azione governativa di razionalizzazione e ridimensionamento: le province vengono accorpate a 50 , con il divieto alle amministrazioni locali di nuove assunzioni e consulenze esterne, mentre sono favorite le fusioni di comuni piccoli, e calano di 7.2 miliardi annui i trasferimenti dallo Stato agli enti territoriali. In questa logica si collocano le nuove aree metropolitane e le Superprefetture, che accentreranno le funzioni delle amministrazioni periferiche delle rispettive regioni. Soppressi anche molti vecchi enti inutili , come Arcus, Isvap e tanti altri. Per i buoni pasto in genere è previsto un tetto massimo di 7 euro. Altre disposizioni riguardano gli insegnanti: i docenti non idonei per motivi di salute verranno convertiti in ruoli tecnico-amministrativi; il rinvio di un mese per il pagamento dei debiti della Pubblica Ammistrazione; nonché il mancato adeguamento ISTAT per gli immobili affittati dallo Stato e dagli enti locali.

Ce n’è abbastanza, come si vede, per riconoscere che è in atto un forte snellimento di un’amministrazione pubblica già sovraccarica, che da sempre, in Italia, grava pesantemente sulla comunità, più che servirla. L’alternativa, d’altronde, è rappresentata da nuove imposizioni fiscali che nessuno dice di volere. Facile prevedere comunque vistose scintille in Parlamento, al momento della conversione del decreto in legge.

 

GLC