Dopo decenni di contese  e scontri anche feroci, Cambogia e Thailandia hanno ritirato le loro truppe dalla zona di confine contesa, situata vicino al tempio di Preah Vihear. Un evento significativo, dopo anni di combattimenti in cui molte persone hanno anche perso la vita (solo lo scorso aprile sono morte negli scontri 18 persone).

Simbolica la cerimonia che ha sigillato una decisione che molti aspettavano da anni: alla presenza delle autorità militari dei due Paesi, circa 485 soldati cambogiani da una parte e un numero imprecisato di militari thailandesi dall’altra, hanno caricato contemporaneamente le armi su alcuni camion diretti nei pressi dell’antico tempio, in un’area demilitarizzata.

Circa 600 poliziotti hanno, quindi, preso servizio all’interno del tempio e nell’area di confine appena abbandonata dalle truppe, al fine di preservarne la sicurezza. Sui monti che circondano il tempio poi sono state dispiegate da Bangkok altre 300 guardie di frontiera.

I rapporti tra i due Stati sono sempre stati difficili, fin dall’epoca post-coloniale, ma anche molto prima dell’arrivo dei francesi. La comune rivendicazione di determinate aree, la definizione poco precisa dei confini terrestri e marittimi, l’odio etnico sono sempre stati i motivi che hanno impedito ai due Paesi una convivenza pacifica.

Nel caso dell’antico tempio indù di Preah Vihear, la sua rivendicazione risale alle divergenti interpretazioni dei confini tra il Siam e i territori dell’Indocina francese. Nel 1962, la Corte internazionale attribuì alla Cambogia il controllo delle rovine del tempio. La zona dove sorge quest’ultimo è considerata territorio cambogiano, ma è circondata da una parte di giungla che la Thailandia considera sua.

Guardando la conformazione morfologica del territorio, tuttavia, non si può non ammettere che il tempio in questione è praticamente impossibile da raggiungere passando dalla Cambogia.

Dopo anni di trattative, infatti, gli scontri si sono nuovamente infiammati nel 2008, quando l’Unesco ha inserito il tempio nel patrimonio mondiale dell’umanità, imponendo alla Thailandia di consentirne l’accesso attraverso i suoi confini.

 

Luciana Coluccello