Secondo una indagine della Deloitte che ha intervistato oltre 550 amministratori delegati in giro per il mondo, l’Italia scivola al 32° posto, perdendo dunque 11 posizioni rispetto al rapporto del 2010 nell’indice di competitività globale. Non fa neanche più notizia che la prima in questa classifica risulta essere la Cina mentre la Germania, unico paese europeo tra i primi dieci, risale dall’ottavo al secondo posto. Una medaglia d’argento avvalorata anche da un dato reso noto oggi dall’Ufficio federale di statistica Destatis, secondo il quale, nel 2011, l’industria tedesca ha aumentato del 17.6% gli investimenti in macchinari immobili ed altri beni. Ma non sono tutte buone le notizie che provengono dai nostri dirimpettai germanici: a causa del rallentamento della congiuntura internazionale e della crisi dei debiti sovrani nell’ eurozona il 28% delle 2300 imprese tedesche intervistate dall’Istituto tedesco Iw sta pianificando una riduzione del personale nei prossimi mesi e nel 2013. Al contrario, circa il 20% degli imprenditori intendono creare nuovi posti di lavoro, e tra le aspettative del restante 52% si punta al mantenimento del livello occupazionale attuale. La classifica della competitività vede poi nell’ordine Stati Uniti, India, Corea, Taiwan, Canada, Brasile, Singapore e Giappone. Per i prossimi cinque anni la vetta della classifica è prevista rimanere invariata mentre India e Brasile prenderanno il posto della Germania e degli Stati Uniti. Per l’ Italia continuerà il declino, con la discesa al 34° posto.La disponibilità di talenti, neanche a dirlo, viene indicato nel rapporto come il fattore più importante per la crescita della competitività, superando elementi tipicamente ‘industriali’, quali il costo del lavoro, il costo dei materiali ed i costi energetici.
Lavinia Macchiarini

