Nella Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, la lettura dei rapporti che giungono dalle numerose organizzazioni ed associazioni internazionali lasciano ancora molte perplessità sul destino e sulle speranze di una dignitosa qualità della vita dei piccoli abitanti del nostro pianeta. Nel terzo millennio infatti,sono ancora 61 milioni i bambini che non vanno a scuola; se i minori dei paesi a basso reddito avessero accesso all’istruzione, 171 milioni di persone non vivrebbero più in povertà. Anche il colore della pelle e la classe sociale in alcune nazioni continua ad essere una forte discriminante per poter accedere all’istruzione. Come in Brasile, dove i i bambini bianchi hanno il 32% di possibilità in meno rispetto ai coetanei di colore, meticci o indigeni di avere gravi lacune scolastiche. O come in Nigeria, dove la fascia di giovani che ha attualmente tra i 17 e i 22 anni ha meno di 5 anni di scolarizzazione se fa parte della parte povera della popolazione,  contro i 10 anni dei più ricchi. Nel 1990, la maggior parte dei poveri, pari al 93%, viveva nei paesi a basso reddito. Oggi, il 70% ossia quasi un miliardo, vive in paesi a medio reddito.Affinché si possano adottare future politiche sociali adeguate oggi è importante comprendere le tendenze demografiche dei bambini del 21esimo secolo attraverso una  nuova ricerca che evidenzi i cambiamenti demografici globali previsti per la prossima generazione. In quest’ottica è fondamentale il dato reso noto dall’Unicef secondo il quale entro il 2050 una persona su tre che nascerà sarà africana, come lo sarà anche un bambino su tre al di sotto dei 18 anni. Cento anni prima, il rapporto di nati nell’ Africa Subsahariana era soltanto di uno su 10.

E in Italia, cosa registrano le statistiche? Il 18,4% dei nati nel 2011 é straniero. Più della metà risiede in Lombardia, in Veneto, nel Lazio e nell’ Emilia Romagna. Tra le nazionalità spiccano la rumena,  la marocchina e  quella albanese. “L’ incremento continuo di nascite che si è registrato negli ultimi anni in Italia – hanno osservato i ricercatori della Fondazione Leone Moressa –  conferma il processo di radicamento della popolazione immigrata che non è più rappresentata prevalentemente da uomini soli in cerca di lavoro, ma sempre di più da nuclei familiari”.

Lavinia Macchiarini