Malgrado la corposa documentazione che comproverebbe le numerose irregolarità riscontrate nella selezione dei candidati risultati vincitori, gli esposti alla Procura della Repubblica e alla Magistratura contabile della Capitale, le ispezioni delle forze dell’ordine, gli articoli di denuncia sugli organi di stampa nonché le interrogazioni parlamentari ai ministeri vigilanti dell’Istituto di previdenza, sulla vicenda sembra essere calato il tipico silenzio che solitamente prelude all’insabbiamento.

Sussistono ancora nel nostro Paese quelle garanzie che assicurino ai cittadini il rispetto delle condizioni minime di legalità?

«La Costituzione fatica nel compito di creare concordia. Quando una Costituzione genera discordia è segno di qualcosa di nuovo e profondo che ha creato uno scarto. E’ il momento in cui le strade della legittimità e della legalità (la prima, adeguatezza ad aspettative concrete; la seconda, conformità a norme astratte) si divaricano. Di legalità si vive, quando corrisponde alla legittimità. Ma, altrimenti, si può anche morire. Alla fine è pur sempre la legittimità a prevalere su una legalità ridotta a fantasma senza anima».
E’ quanto ha scritto recentemente il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky sulle pagine di un quotidiano nazionale, intervenendo a proposito delle violazioni subite dalla nostra Carta costituzionale e dei tentativi in fieri tendenti a stravolgerne la natura.
Se tanto mi da tanto, si dovrebbe dedurre che nel nostro Paese non solo il valore della legalità ma probabilmente anche il primato dell’interesse pubblico siano destinati a non avere più cittadinanza e, pertanto, tutte le battaglie condotte a difesa di questi principi non possano che risolversi in una sonora quanto rovinosa sconfitta.
L’idea che possa prendere corpo un’involuzione di questo tipo è tutt’altro che peregrina. Basta guardarsi un po’ intorno per rendersi conto dell’aria che tira. E, d’altronde, negli ultimi anni, al di là di chi abbia nel frattempo retto le sorti del governo (sostenitori di un garantismo peloso e propugnatori di un giustizialismo forcaiolo hanno placidamente convissuto sia nello schieramento politico di centrodestra che in quello di centrosinistra), non sono certo mancati i segnali che lasciavano intravedere una probabile deriva in questa direzione.
Nei prossimi mesi, comunque, avremo modo di verificare se questa drammatica prospettiva sarà divenuta ineluttabile o se, al contrario, le giovani radici democratiche sulle quali si fonda la recente storia del nostro Paese saranno state in grado di reggere a un simile tentativo di regressione.
Sono proprio le tematiche inerenti la legittimità e la legalità che ci inducono, ancora una volta, a tornare a occuparci del famigerato concorso a 15 posti di dirigente all’Inps sul quale graverebbero pesantissime, oltre che ben documentate, accuse di irregolarità.
Al fine di rendere edotti i lettori che si accostano per la prima volta all’argomento di che trattasi, riepiloghiamo per sommi capi i punti cardine della vicenda.
Il concorso, bandito dall’Istituto di previdenza nel 2002, prevedeva la copertura di 15 posti di dirigente di seconda fascia, successivamente lievitati come per incanto a ben 45.
Più di una decina di candidati in seguito risultati vincitori della selezione (ma il dato sembrerebbe sottostimato), però, non sarebbero stati in possesso alla data d’indizione del bando di alcuni requisiti indispensabili per poter partecipare alle prove d’esame.
In aggiunta, dagli accessi agli atti relativi alla prova scritta del concorso, effettuati ai sensi e per gli effetti della legge n° 241 del 1990 (la cosiddetta legge sulla trasparenza) da alcuni candidati che non avevano superato la predetta prova, risulterebbe che: buona parte degli elaborati non sarebbero stati corretti; altri presenterebbero un contenuto che esula dall’argomento oggetto della prova e un altro ancora conterrebbe addirittura dei segni che potrebbero essere stati utilizzati per risalire all’identità del candidato, risultato in seguito anch’egli tra i vincitori della selezione.
Relativamente alla mancanza dei requisiti per la partecipazione al concorso da parte di alcuni candidati risultati vincitori (e, pertanto, a danno di coloro i quali legittimamente avrebbero dovuto ricoprire quegli incarichi), si riportano brevemente di seguito i casi più emblematici.
Un candidato non possedeva il diploma di laurea alla data del termine della presentazione della domanda. Dato incontrovertibile per via del certificato di laurea. Nel caso di specie c’è da registrare, poi, un atteggiamento a dir poco omissivo da parte del Direttore generale dell’Istituto, Vittorio Crecco, e dell’allora Capo del Personale, Franco Porrari (quest’ultimo, a titolo di cronaca, è andato in quiescenza dal 1° agosto scorso ma continuerà a presiedere la commissione esaminatrice del nuovo concorso a 35 posti dirigente di seconda fascia le cui prove d’esame sono in corso di svolgimento). I due alti dirigenti, infatti, hanno asserito in un documento a loro firma (il n° 702 del 6 dicembre del 2005) che il candidato in questione poteva far valere il possesso del requisito all’entrata in vigore del secondo bando inerente lo stesso concorso. Ma non hanno specificato che il secondo bando di concorso riapriva i termini della presentazione delle domande di partecipazione soltanto per alcune categorie, fermo restando che i requisiti dovevano comunque essere posseduti, pena esclusione, alla data del primo bando.
Un altro candidato, oltre a fregiarsi all’epoca del bando di concorso di titoli accademici che sembrerebbero inesistenti, non avrebbe avuto diritto a partecipare alla selezione in quanto sarebbe stato trasferito illegittimamente dall’Ente privatizzato “Ferrovie dello Stato Spa” all’Inps (vedi in proposito l’articolo sul numero di Liberorporter del mese di marzo 2008) e, pertanto, non sarebbe stato in possesso del requisito indispensabile di aver compiuto almeno cinque anni di servizio all’interno delle pubbliche amministrazioni.
Un altro candidato ancora, non avrebbe compiuto all’interno delle pubbliche amministrazioni almeno cinque anni di servizio in una posizione funzionale per l’accesso alla quale è richiesto il diploma di laurea. Nel caso specifico, il candidato risulta essere stato assunto il 1° ottobre del 1997 dall’Agenzia delle Entrate della Provincia Autonoma di Trento mentre nella domanda di partecipazione al concorso avrebbe dichiarato, invece, di essere stato assunto il 1° gennaio del 1997.
Un congruo numero di candidati, infine, non avrebbe potuto partecipare alla selezione in quanto, nei cinque anni antecedenti la data del termine di presentazione della domanda, era inquadrato in una qualifica funzionale per il cui accesso non era richiesto il diploma di laurea bensì la laurea breve o il diploma di scuola media superiore.
Che quest’ultimo gruppo di candidati non avesse titolarità a partecipare al concorso, si desume inequivocabilmente anche da una sentenza (la n° 877/2004) emanata dalla Corte d’Appello del Tribunale civile di Milano.
Ma il fatto più scandaloso e sconcertante è che quasi tutti i vincitori del concorso che non avrebbero avuto i requisiti per poter partecipare alle selezioni, oltre a non aver portato a termine i corsi di formazione obbligatori previsti per l’assunzione del primo incarico dirigenziale (art. 9 del DPR 324/2000), hanno fatto nell’arco di un breve lasso di tempo anche una carriera folgorante all’interno dell’Istituto.
Nello specifico: uno di questi, dopo poco più di un anno, è stato promosso dirigente di prima fascia e sarebbe stato nominato direttore di un sede regionale del Nord-Est; ad altri due sarebbero stati affidati altrettanti progetti di valenza nazionale in seno alla Direzione generale, con relativo lauto incremento degli stipendi; altri due ancora sarebbero stati nominati vice direttori di altrettante nonché importanti sedi provinciali in Puglia e Campania; ad un altro sarebbe stata affidata la direzione di una sede provinciale in Toscana mentre altri tre sarebbero stati nominati direttori di altrettante sedi sub-provinciali, rispettivamente in Campania, Lazio e Piemonte; un altro, infine, già titolare della direzione di una sede sub-provinciale del milanese, sarebbe stato recentemente nominato ad interim vice direttore vicario della sede regionale lombarda, pare proprio su esplicita indicazione del Direttore generale.
Domanda: è possibile che ai piani “alti” di via Ciro il Grande 21, sede della Direzione generale dell’Istituto di previdenza, in questi anni nessuno si sia mai accorto delle tante anomalie che via via andavano affiorando dall’esito di questo concorso a 15 posti di dirigente?
Abbiamo fondate ragioni per ritenere, invece, che molto si sapesse e che ci sia stato il reiterato tentativo di mettere la sordina alla vicenda.
A tale proposito, sembra addirittura che nell’estate del 2007 un prestigioso dirigente, il quale occupava una postazione molto importante all’interno della Direzione generale, sia stato seduta stante sollevato dall’incarico che ricopriva e promosso a capo di un progetto di valenza nazionale (promoveatur ut amoveatur), perché avrebbe diligentemente protocollato una lettera anonima che denunciava le presunte irregolarità del concorso in questione.
Ma che ai piani “alti” dell’Istituto sapessero, si evince chiaramente dalla discussione sviluppatasi
all’interno del Consiglio di Amministrazione (CdA) nella seduta della fine di luglio del 2007, in concomitanza della diffusione della missiva anonima di cui sopra e della presentazione dell’interrogazione parlamentare in proposito da parte dell’on. Gloria Buffo.
Già il fatto che l’argomento riguardante il concorso non rechi alcun numero e che venga comunicato ai consiglieri che la relativa «documentazione sarà trasmessa in plico chiuso e riservato non appena possibile», la dice lunga sullo spirito con il quale si vuole affrontare la vicenda.
Ma veniamo ai contenuti della discussione del CdA la cui seduta, quel giorno, era stata presieduta dal consigliere Antonio Nicola Cantalamessa.
Interviene per primo il Direttore generale, Vittorio Crecco, il quale informa i presenti che sull’argomento ha avviato, insieme al Capo del Personale Franco Porrari, l’analisi sui casi specifici (?) di cui si era discusso anche in sede di Consiglio. Ma siccome, nel frattempo, era stata presentata un interrogazione parlamentare ed erano intervenute delle denunce da parte di organizzazioni sindacali, aveva deciso di sottoporre al Consiglio la sua proposta.
«A questo punto, vista la materia che, avviando questo tipo di verifiche, da parte mia e del dr. Porrari, ha necessità di una seduta riservata del Consiglio – afferma Crecco – per la particolare sensibilità dei dati e delle notizie contenute in questi fascicoli (Ma di cosa stiamo parlando? Di qualche segreto di Stato? Non si sta parlando di un concorso pubblico, bandito da un ente pubblico? E allora perché tanta riservatezza?, ndr), la decisione che ho preso la sottopongo al Consiglio in termini di assoluta trasparenza. Abbiamo circa 35 assunti (e gli altri 10 che fine hanno fatto?, ndr), fra vincitori ed idonei; nominiamo ora una Commissione (per la cronaca, la Commissione in oggetto sarà nominata e composta dal Direttore centrale Formazione e Sviluppo Competenze, Giorgio Craca, dal Coordinatore generale dell’Ufficio Legale, Fausto Prosperi Valenti, e dal Direttore centrale Ispettorato, Domenico La Penna, ndr) che, entro la seconda seduta di settembre del Consiglio, porterà una situazione analitica di tutti (a parte il fatto che l’analisi della situazione riguardante i vincitori andava fatta ex ante, i risultati a cui sarebbero addivenuti i commissari non è dato sapere e ci sarebbe addirittura qualcuno che, maliziosamente, sostiene che neanche i componenti della commissione saprebbero in realtà cosa sia stato scritto nella relazione finale, ndr). In questo modo – aggiunge il Direttore generale – credo che ci mettiamo al riparo (da chi?, ndr), una volta per tutte, e ci prenderemmo il tempo necessario (si ricorda che il bando di concorso e del 2002, ndr) per fare una seduta riservata (a umma umma, direbbero da qualche parte, ndr) per fornire al Consiglio ed ai consiglieri tutti i dati, tutte le pezze d’appoggio, tutti i documenti di cui alcuni, ripeto, sono coperti da effettiva riservatezza (della serie: attenti alla S.P.E.C.T.R.E., ndr) e, quindi, contiamo di chiudere, in tal modo, “una volta per tutte” questa vicenda».
A questo punto, interviene il Presidente di turno Cantalamessa il quale dichiara che, se non ci sono obiezioni, la proposta del Direttore generale possa essere accettata.
Ma contrariamente all’auspicio del Presidente di chiudere la questione in “quattro e quattr’otto”, prende la parola il consigliere Paolo Crescimbeni. Nel sottolineare che alla delicatezza dell’indagine si deve affiancare anche la sollecitudine a fornire una risposta in tempi rapidi, dal momento che la vicenda si trascina da lungo tempo, Crescimbeni fa notare inoltre che sarebbe stato più produttivo acquisire un parere da parte dell’Avvocatura dell’Istituto sui casi più controversi e procedere direttamente.
«Anche perché è chiaro che, nel momento in cui si dovessero accertare delle nomine, dei conferimenti di vincitori in posizione non regolare – evidenzia il consigliere Crescimbeni – si protrarrebbe una situazione di danno per la Pubblica Amministrazione nell’aver conferito incarichi a chi non li meritava, ed una situazione di danno anche nei confronti di chi, legittimamente, avrebbe potuto occupare quel posto».
Crescimbeni, poi, mette in risalto il fatto che l’interrogazione parlamentare dell’on. Buffo fa riferimento alle omesse verifiche amministrative al momento dell’indizione del concorso ma, soprattutto, al momento della proclamazione dei vincitori che potrebbero non essere state fatte correttamente. «Questa situazione, quindi, generatrice di danno, oltre che di disagio e disdoro per l’intero Istituto – aggiunge Crescimbeni – va approfondita al massimo (sicuramente questo è l’intendimento del nostro Direttore) e nei tempi più brevi possibili perché può essere foriera di ulteriori danni e ulteriori strascichi giudiziari».
Tocca poi al Magistrato della Corte dei Conti Giovanni Rossi, delegato al servizio di controllo dell’Istituto, dire la sua.
Nel puntualizzare che tempo addietro aveva già scritto una lettera in cui si chiedeva una verifica documentale, il Magistrato dichiara apertamente di non condividere la proposta del Direttore generale di rinviare la discussione a settembre.
«Non condivido questo voler, chiedo scusa, rinviare – esordisce il Magistrato – anche se mi rendo conto e apprezzo l’intervento del Direttore, anche se, non vorrei dirlo, tardivo, il quale ritiene, forse, che se (udite, udite, ndr) la rete è stata così larga da consentire che “tre pesciolini” (leggasi tre vincitori del concorso, ndr) vi passassero attraverso, non è improbabile che ce ne possa essere anche “un quarto, di pesciolino, un quinto o un sesto”! Capisco bene, quindi, che il nostro Direttore generale voglia revisionare tutto per avere la massima tranquillità».
Il Magistrato evidenzia, però, che a suo avviso la questione stia arrivando a un punto di non ritorno e preconizza un intervento della Guardia di Finanza, tendente a sequestrare gli atti su mandato di una Procura della Repubblica. Il dottor Giovanni Rossi sembra poi preoccuparsi del fatto che, il rinvio a settembre delle decisioni, possa danneggiare chi sarà eventualmente escluso da questo concorso (quello famigerato dei 15 dirigenti, sic! ) in quanto non potrà partecipare al nuovo concorso per dirigente che l’Istituto sta per bandire (il riferimento è al concorso relativo a 35 posti di dirigente di cui Liberoreporter ha dato notizia negli articoli pubblicati sui numeri di marzo, maggio e luglio scorsi).
«Leggendo le carte sembra che ci sia un voler rinviare e questo non giova all’immagine dell’Istituto, ne all’immagine personale di tutti noi che siamo in questa stanza – aggiunge ancora il Magistrato – Bisogna intervenire energicamente. Se c’è una interrogazione parlamentare, il Ministro ci chiederà chiarimenti. Che diciamo, che andiamo a finire a dopo settembre perché abbiamo costituito una Commissione? Sono interrogativi che pongo alla coscienza di ciascuno di voi. Se la questione va affrontata la si affronti. “A chi tocca, tocca”, si dice a Roma. Diamo un segnale che siamo sensibili, quantomeno all’attenzione del Parlamento e diamo subito una prima risposta».
Il Direttore generale rispondendo al dr. Rossi si dichiara disponibile, qualora fosse convocata una seduta la prossima settimana (cioè nei primi giorni di agosto 2007), ad affrontare la questione immediatamente.
Riprende la parola nuovamente il dr. Giovanni Rossi il quale precisa che il CdA deve essere semplicemente informato sull’anonimo diffuso, indirizzato anche al Magistrato della Corte dei Conti, in cui si fanno nomi e cognomi di soggetti che non avrebbero titoli per poter accedere alla nomina a dirigente. «Chiedo notizie, chiedo una mera verifica documentale e l’Amministrazione mi deve rispondere – afferma il Magistrato – per dirmi che dalla verifica documentale risulta la falsità degli anonimi, oppure che risulta che Tizio, Caio e Sempronio…..per i quali si sta provvedendo. L’Amministrazione si deve limitare a fare questo, che poi ci siano altre questioni, penalmente o moralmente censurabili, poca interessa al Consiglio di Amministrazione e al Magistrato della Corte dei Conti. Il Magistrato della Corte dei Conti sarà soddisfatto quando gli si dirà che la verifica documentale ha avuto il tale esito, positivo o negativo, in modo che si chiede il discorso. Inoltre – aggiunge ancora il Magistrato – si è parlato di danno erariale, e bene sì c’è un danno erariale perché sono stati corrisposti degli emolumenti a soggetti che non avevano titoli, perché come abbiamo detto in altre circostanze chi è rimasto escluso ha da lamentare un danno per questi anni durante i quali avrebbe percepito una retribuzione».
Prende la parola il Presidente Cantalamessa il quale, oltre ad affermare di non essere d’accordo che sulla vicenda ci sia un danno erariale, dichiara che ci si trova di fronte a una situazione nella quale il Consiglio non è stato informato di nulla perché ufficialmente non gli è stato notificato niente.
«E’ una situazione di anonimi che girano e camminano e che lasciano il tempo che trovano (quando si dice che si vuole affrontare una situazione di petto, ndr) – arguisce il Presidente – L’interrogazione parlamentare è stata notificata sempre in maniera irritale, tanto è vero che al collega Pizzuti (altro consigliere del CdA, ndr) non è nemmeno giunta, è un interrogazione dell’onorevole Gloria Buffo. Non so se sia materia di Consiglio – prosegue Cantalamessa – ma ammesso che dovesse essere materia di Consiglio, il Consiglio deve essere messo nelle condizioni di poter affrontare con serenità la situazione (della serie: prendi tempo e camperai, ndr). Non so se si debba prendere atto, io sono per prendere atto della proposta del Direttore che ci rinvia alla prossima riunione del Consiglio che, poi, sia ad agosto o settembre questo dipende dall’evoluzione dei fatti».
Che dire? Di certo pare ci sia il fatto che le successive sedute del CdA sull’argomento si siano svolte a porte rigorosamente chiuse e che i relativi verbali sembra siano stati gelosamente secretati.
Insomma, tutto secondo i termini di assoluta trasparenza propugnati dal Direttore generale dell’Inps.
Giannantonio Valle