I pirati del mare dle Corno d’Africa, che hanno le loro basi sulle coste della Somalia, hanno, da tempo, dichiarato che intendono alzare il tiro. La situazione, in quelle che ormai sono definite le acque più pericolose del mondo, resta molto incerta e tesa. Di fronte all’escalation del fenomeno, specie al largo della Somalia e nel golfo di Aden, una delle vie marittime più trafficate al mondo dove passa circa il 10 per cento delle forniture energetiche mondiali, oltre che una buona parte del commercio marittimo tra Asia ed Europa, da mesi numerosi Paesi hanno inviato loro navi da guerra a protezione di quelle mercantili. I bucanieri somali da parte loro, hanno lanciato i loro attacchi sempre più in profondità nell`Oceano Indiano. Infatti sebbene da mesi siano impegnata a pattugliare queste acque navi della flotta americana affiancate da navi di altri Paesi tra cui l`Italia, una ventina in tutto, esse restano insicure per qualunque imbarcazione si avventuri a navigarle. Pattugliare più 2,5 milioni di chilometri quadrati di acque si è dimostrato, per le moderni navi della coalizione, in quel luogo in chiave anti pirati, un’impresa proibitiva quanto inutile visto che i pirati comunque raggiungono il loro scopo. Da più parti, viene sollecitato da tempo, l’invio nella zona anche di forze aeree che dovrebbero affiancare le navi nel pattugliamento del mare di fronte alla costa somala utili per spingersi anche sulla terraferma dove si ritiene vi siano i covi dei pirati. Per sconfiggerli, tutti si sono ormai resi conto che è necessario anzitutto, controllare il territorio somalo togliendo di fatto ai pirati un posto dove rifugiarsi. Oggi la terra di Somalia si è trasformata nel nuovo regno della filibusta, una nuova Tortuga.

Le azioni di forza, messe in atto prima dai francesi e poi dagli americani, hanno fatto innalzare il livello di minaccia dei pirati stessi. Finora i loro attacchi contro le navi mercantili erano avvenuti sempre senza che vi fosse spargimento di sangue. Ora, alla luce degli ultimi eventi, i pirati hanno adottato metodi più violenti, arrivando anche a sparare razzi contro i mercantili a cui hanno dedicato le loro ‘attenzioni’. Qualche giorno fa il media americano ‘New York Times’ aveva avanzato quella che potrebbe essere la nuova opzione nella lotta alla pirateria: armare gli equipaggi delle navi mercantili. Sulla questione però è in corso un forte dibattito. Una discussione alimentata soprattutto dal fatto gli armatori giudicano controproducente un simile passo in quanto oltre a mettere in pericolo la vita dei marinai che non hanno un addestramento militare essi pongono la questione anche sul fatto che se le navi mercantili venissero dotate di armi, i pirati si adeguerebbero facilmente adottando a loro volta armi pesanti e di conseguenza potrebbero scaturirne scontri che sarebbero sempre impari per i marinai e anche sanguinosi. Il tabloid americano aveva inoltre, fatto notare che l’armare le navi comporterebbe anche problemi di scalo nei porti dove le armi fossero proibite. Il media statunitense, aveva anche sottolineato che le armi stesse sortirebbero l’effetto contrario ossia anziché essere un disincentivo a compiere attacchi, diventerebbero esse stesse preda ambita dai pirati e quindi un incentivo a compiere attacchi. La soluzione quale potrebbe essere? Sta prendendo sta guadagnando consensi un’altra ipotesi. Il fenomeno dei moderni filibustieri nel mare del Corno d’Africa, oltre a provocare un forte aumento dei costi di spedizione, ha costretto le compagnie di trasporto marittimo a cercare nuove rotte per evitare spiacevoli incontri e proteggere i loro carichi. Pertanto qualcuno ha proposto di utilizzare, affiancandoli alla flotta anti pirati che pattuglia il Golfo di Aden, i contractors privati. Addirittura si ipotizza il ricorso alla Blackwater la compagnia di sicurezza americana composta per lo più da ex membri delle forze speciali della Marina Usa e accusata di essersi resa responsabile dell’uccisione di 17 civili in Iraq credendoli miliziani. Un episodio accaduto nel settembre 2007 a Baghdad e che ha dato il via alla ‘cacciata’ o per lo meno al ridimensionamento dell’utilizzo dei contractors in quel Paese. L’idea che si possa ricorrere all’impiego dei contractors, anche per sole operazioni di scorta, se da un lato ha raccolro consensi dall’altro ha destato molte perplessità nella comunità internazionale. Si teme che anche se venissero stabilita regole di ingaggio, che le compagnie private dovrebbero rispettare, è facile, alla luce delle esperienze passate, che in una terra di nessuno, com’è oggi la Somalia, i contractors potrebbero sentirsi legittimati ad agire ancora di più secondo il proprio arbitrio, i fatti del passato ne sono una prova. Qualcuno ha addirittura ipotizzato che la Blackwater potrebbe scortare le navi mercantili nei tratti più pericolosi di mare con una propria nave, la ‘McArthur’, equipaggiata ad hoc. La domanda che sorge spontanea è: “come potrebbe riuscire una sola nave la dove hanno fallito finora oltre 20 navi da guerra?”. La compagnia di sicurezza americana potrebbe porsi come obiettivo arrivare a controllare le acque territoriali somale, e mettere in sicurezza un corridoio, situato a circa 200 km dalle coste somale, nel quale le navi commerciali possano transitare senza pericoli. Una soluzione questa però, che è già stata sperimentata negli ultimi mesi senza però dare i risultati sperati. Non resta che aspettare e vedere cosa accadrà nelle prossime settimane che sembrano saranno le decisive nelle scelte delle strategie e metodi da usare contro la nuova filibusta somala. I timori sono forti è risaputo che i pirati possono contare su una forza di 1.200 uomini dotati dei più moderni equipaggiamenti militari e sistemi di comunicazione d’avanguardia. Finora ne sono stati catturati circa 200 contro i 340ostaggi, equipaggi delle oltre 20 navi catturate, che hanno nelle loro mani. Non ci sono, per ora, nuove notizie invece, sull’equipaggio del rimorchiatore italiano ‘Buccaneer’, 10 italiani, 5 romeni e un croato, presi in ostaggio dai pirati insieme all’imbarcazione. Al momento l`imbarcazione si troverebbe, alla fonda, di fronte alla costa somala, nella regione autonoma del Puntland a circa 10 miglia dal villaggio di Las Qoray nel nord del Paese e non sarebbero giunte ancora richieste di riscatto. Intorno alla vicenda cresce il mistero che si tinge anche di giallo. Sembrerebbe che il rimorchiatore italiano non sia stato sequestrato dai pirati ma fermato dalla sicurezza locale del Puntland, perché trasportava rifiuti tossici che voleva sversare nelle acque somale. A lanciare l`accusa sono le autorità del Puntland, a nord est della Somalia. L’imbarcazione italiani, è stato detto fin dall’inizio, era priva di carico, come lo erano le due bettoline trainate. Le bettoline sono chiatte galleggianti su cui si caricano le piattaforme per portarle in mare. Inoltre il Buccaneer era partito da Singapore, dove i controlli sono molto serrati e pertanto non sembrano trovare riscontro le accuse mosse. A dimostrazione che quanto affermato dalle autorità del Puntland non sia vero, la Micoperi, società armatrice della nave, ha ricordato che la nave è stata assaltata lungo le coste dello Yemen, al limite delle acque territoriali del Paese arabo e non certo lungo quelle somale. Intanto dalle località di provenienza dei marinai italiani tenuti in ostaggio, da Ortona, da San Benedetto del Tronto, da Torre del Greco, da Mazara del Vallo, Molfetta e Gaeta cresce l`apprensione delle famiglie dei marittimi italiani.

Nel frattempo nelle acque del Golfo di Aden opera, in piena autonomia, la fregata della Marina militare italiana `Maestrale` con a bordo 220 uomini, tra cui gli incursori della marina e 2 elicotteri da combattimento. Anche se sulla vicenda vige lo stretto riserbo della Farnesina per agevolare la positiva soluzione della vicenda si sa che la nave da guerra italiana è pronta ad ogni evenienza e a seguire le indicazioni che riceverà dal comando italiano dato che per volontà politica non è stata assoggettata al comando Nato come era previsto in origine.

Ferdinando Pelliccia