Il 2009 sarà ricordato come l’anno del boom della pirateria. Un fatto che è certamente non sconfessato dai dati che l`International Maritime Bureau, Imb, l’organismo internazionale creato nel 1996 per monitorare il fenomeno in tutto il mondo, rilascia mese dopo mese. Ad aprile l’Imb ha confrontato i dati mondiali del primo trimestre 2008 con quelli dello stesso periodo dell’anno in corso: si è passati da 53 atti di pirateria a 102. Un incredibile ‘salto’ che ha avuto la ‘spinta’ maggiore dall`aumento degli assalti nel Golfo di Aden e al largo delle coste somale. Dove gli attacchi erano stati 6 nei primi 3 mesi del 2008 mentre sono stati 61 nel trimestre corrispondente del 2009. Il mare del Corno d’Africa è attraversato dalle principali rotte marittime commerciali, ogni anno vi transitano oltre 20mila navi. Di queste 2mila sono legate per diversi motivi ad interessi italiani e altre 600 sono imbarcazioni battenti bandiera italiana. Sono tante le ricette proposte per fermare questa serie di attacchi dei pirata alle navi nel mare del Corno d`Africa. Dallo scorso mese di giugno è attivo, in questo mare, un massiccio pattugliamento da parte delle marine militari di 17 Paesi nell’ambito di missioni o organizzati da più Paesi o da singoli ma tutti realizzate per ottemperare a controlli aerei e navali in chiave anti pirata. Questo ha portato a frenare il fenomeno. Tanto è vero che un rapporto diffuso recentemente rivela che il tasso di successo degli attacchi dei pirati è sceso dall’iniziale 1 su 3 ad 1 su 4. E’ ormai opinione comune che quella in atto è una escalation molto grave a cui si deve porre fine e non arginare. Diversamente si rischia di pagare come pena la chiusura della rotta commerciale lungo il canale di Suez e il ritorno alla vecchia rotta di Vasco de Gama che circumnaviga l’Africa. Un grosso passo indietro che se compiuto decreterebbe una grossa sconfitta per tutti. Dall’inizio di aprile i pirati somali hanno finora dirottato una decina di navi malgrado la presenza di venti e più navi internazionali nell`area segno questo che la misura adottata può essere un metodo per combatterli ma non il metodo per sconfiggerli. Occorrono azioni più incisive. Forse non proprio ricorrere a blitz di comando militari, come quelli attuati dai francesi e americani che alla fine hanno solo inasprito la situazione ma delle vere azioni belliche atte a sradicare il fenomeno fin sulla terraferma. L`attacco respinto stamani dalla nave da crociera ‘Melody’, a poche miglia marina dalle coste a nord delle Seychelles, conferma che i pirati somali hanno aumentato esponenzialmente il numero e il livello dei loro agguati e al tempo stesso anche l`area d` azione spingendosi fino al largo delle coste orientali dell`Africa. Purtroppo a spingere questi uomini a compiere gesta da veri corsari, solo che l’anno compiute ai giorni nostri, è l’enorme giro di soldi e di interessi che ruota attorno a queste azioni e che sembra andare ben oltre questi gruppi di uomini che sebbene appaiano agguerriti e armati e viaggiano su veloci barchini, in fondo è gente semplice è gente che fa il pirata per sopravvivere. Un`inchiesta del quotidiano britannico ‘The Independent’ ha rivelato come alle spalle di questi uomini si muovano vaste organizzazioni criminali con basi in Kenya, Somalia ed Emirati Arabi Uniti. Nel solo 2008 il giro d`affari dei pirati, ha rivelato l`Independent citando fonti interne all`industria del commercio mercantile, è stato attorno agli 80milioni di dollari grazie ai riscatti pagati per la liberazione di navi ed equipaggi catturati. Denaro che in parte è rimasto nelle mani dei pirati ma il grosso sarebbe stato riciclato, attraverso conti bancari di Dubai e di altri Paesi del Medio Oriente. Sempre secondo il quotidiano britannico, anche alcuni gruppi estremisti islamici avrebbero partecipato alla spartizione degli introiti derivanti dall’attività piratesca. Una circostanza questa che se confermata collocherebbe il fenomeno della pirateria in una contesto ancora più ampio. D’altronde è risaputo che in Somalia sono le milizie islamiche somale ‘Al-Shabaab’ che controllano la terraferma, mentre i pirati controllano il mare. E’ chiaro che, come logica vuole, per garantire la sopravvivenza della nuova Tortuga le due cose non viaggiano paralleli ma si incrociano.

I pirati che stamani prendendola con filosofia, ‘una ne hanno persa, una l’hanno catturato. Dopo il fallito arrembaggio alla ‘Melody’ la fortuna non ha abbandonato i bucanieri somali che ha premiato la loro perseveranza ma solo parzialmente. Essi stamani hanno catturato a dieci miglia circa dal porto sudorientale di Balhaf , al largo dello Yemen, una petroliera yemenita, la ‘Qana’ con a bordo 23 marinai e che al momento dell’attacco non trasportava greggio. La nave era salpata dal porto yemenita di Nashtoon ed era diretta verso Aden. Il segnale di soccorso lanciato dalla nave è stato raccolto da Unità della Marina e della Guardia Costiera yemenita che sono immediatamente accorse sul posto e mettendosi all’inseguimento dei predoni dando poi vita ad un duro scontro con loro. Nel corso dello scontro, ha reso noto il ministero della Difesa di Sana`a, 2 pirati sono rimasti uccisi e altri 3 feriti. Anche tre militari yemeniti sono rimasti feriti. L’ operazione ha portato all`arresto di 4 degli assalitori e la liberazione della petroliera. La stessa guardia costiera yemenita ha segnalato che i pirati hanno cercato di sequestrare anche altre 3 imbarcazioni che navigavano lungo la stessa rotta della ‘Qana’, fallendo nell’intento. Nel frattempo sono stati condannati tra i 15 e i 20 anni di carcere i 9 pirati somali che avevano attaccato, la scorsa settimana, la nave cisterna greca ‘Handytankers’ ed erano stati arrestati da militari della marina olandese. I nove sono stati riconosciuti colpevoli di atti di pirateria dal tribunale di Berbera città di una delle regioni semi-autonome somale, il Somaliland, che si trova come il Puntland, Maakhir e Northland, nel nord della Somalia.

Ferdinando Pelliccia