Un pirata del mare detenuto nelle carceri del Somaliland, una regione semiautonoma della Somalia, spiega in un`intervista concessa a Enzo Nucci e che sarà trasmessa in televisione come si diventa pirati. L`intervista è parte di un reportage `Le tigri del Somaliland`, in onda domani 30 maggio alle 0,50 su Raitre nella rubrica agenda del Mondo del Tg3. Un reportage che fa il punto su un inquietante fenomeno, quello della pirateria, che ha fatto registrare oltre 100 attacchi a navi in transito lungo le coste somale, con un aumento del 200 per cento rispetto allo scorso anno. A ricordare la loro esperienza con il pirata, ora detenuto nel carcere di Mandehera in Somaliland, anche due velisti tedeschi che rimasero ostaggi dei pirati per 48 giorni tra giugno e luglio dello scorso anno. In merito alla moderna pirateria che affligge parti del mondo e soprattutto il mare del Corno d`Africa di seguito riportiamo le parole del presidente del sindacato dei marittimi italiani, SDM, Mauro Marino. Il Presidente ci racconta “Storicamente la pirateria, anche se non chiamata così, esisteva già ai tempi dei romani e greci. Tolto il fascino che i romanzi hanno dato alla figura del pirata, è semplicemente l`attività del rubare. Una sorta di attacco alla diligenza fatto in mare”. Passando poi a considerazioni di un certo peso e importanza afferma: “Come Sindacato dei Marittimi ci interessa il fenomeno pirateria, sotto tutti gli aspetti, sia se si parla dei danni che questo genera nel trasporto sia e soprattutto per quanto concerne l`aspetto umano della vicenda. La pirateria esiste ed esisterà sempre, non la si fermerà, si può solo lavorare pensando a come limitarne il fenomeno”. “Oggi si parla sempre e solo dei pirati somali, come se il problema fosse solo in quella zona. I pirati sono in molte altre zone, e tutte queste sono tra le più povere del mondo” prosegue il presidente Marino con acute osservazioni: “Perché allora in Somalia si è arrivati alla crisi? Partiamo dal fatto che ogni bugia usata come scusa ad una azione violenta, ha però una base di verità. I pirati sostengono che il traffico mercantile genera ingenti danni, sull`attività della pesca o inquinamento dei `loro mari. Tutto falso?”. “Questo chiaramente non giustifica la loro attività o reazione. E` importante però non trascurare questo fondo di verità, perché su questo è nata poi la crisi, ma soprattutto su questo è intervenuto un nuovo fenomeno: l`attività criminale”. Parole queste che insieme a quelle dette in seguito dal presidente dei marittimi italiani denotano quanto ci sia una precisa interpretazione delle cause del fenomeno almeno da parte degli addetti ai lavori: “All`inizio i pirati attaccavano le navi per derubarle, prendevano denaro, beni personali dei lavoratori, i cavi della nave, carburante e oli fino alle vernici. Preso quanto potevano, andavano via. Attaccavano le navi con armi bianche, evitando quelle navi che sapevano avere personale armato. Erano mossi dalla povertà, oggi invece una parte di loro sono ben organizzati. In questi ultimi anni qualcosa è indubbiamente cambiata. Nei paesi poveri, dove i governi sono deboli, dove il popolo fatica a sopravvivere è chiaro che organizzazioni malavitose e persino il terrorismo, trovano un terreno fertile per le loro attività. Se aggiungiamo che la zona è molto importante per il trasporto marittimo, per la sua vicinanza a Suez, ecco che innescare una situazione di crisi è semplice. Una lucida riflessione che poi è stata ancor di più rimarcata dal fatto che: “Dal machete, sono passati alle armi. Dal rubare, sono passati al sequestro. Dal pensare che il valore fosse la merce, sono passati a ritenere che il vero valore che si poteva prendere era l`uomo. Sono passati dal barchino con poca autonomia, ad avere piccole imbarcazioni madre, con le quali hanno aumentato il loro raggio di azione. Tutto questo in pochissimo tempo. E` chiaro che tale sviluppo, è stato accelerato da fattori esterni, che come detto prima hanno trovato terreno fertile nelle loro attività”. Marino ha poi delineato delle responsabilità per essere giunti al punto in cui ora ci si trova: “La colpa più grande dei nostri governi è stata in realtà lasciare che questo `terreno feritile lo diventasse sempre più, ed oggi siamo dinnanzi ad una crisi molto seria”. Le valide argomentazioni del Presidente del sindacato dei marittimi italiani convergono poi su una riflessione: Come uscirne? Non c`è una cura, non c`è una unica soluzione, ma ci si deve muovere su tutti i fronti”.
Marino, il Sindacato dei Marittimi, da buon conoscitori del problema, crede di conoscere la cura, ossia si dovrebbe procedere in questo modo:

1 – sostenere i Paesi poveri che si affacciano su quella zona, permettendo loro uno sviluppo e aiutandoli ad avere un governo stabile. Questo sostegno deve venire dall`Europa, dagli USA e altri Paesi fino a quelli vicini geograficamente alla Somalia. Questi accordi devono avvenire senza pubblicizzarli, spesso lo sono ma per scopi politici, poiché si potrebbe innescare una sorta di emulazione degli altri Paesi poveri, che vedrebbero nella pirateria facile via per avere denaro.
2 – fatti questi accordi prendere il controllo dell`area, stabilire un corridoio di sicurezza dove far transitare le navi, garantendo così a quei popoli un controllo del traffico in modo da non disturbare la loro attività di pesca, e togliere dubbi su questioni come inquinamento. Il corridoio di sicurezza permette di controllare la traversata delle navi, così da garantire loro protezione. Eliminare le loro motivazioni per questi attacchi verso le navi mercantili in transito.
3 – stanare in Europa i loro contatti. Si sa, e i servizi segreti spagnoli lo hanno detto proprio ultimamente, che in Europa ci sono informatori che collaborano con questi pirati.
4 – fare un accordo tra nazioni per organizzare una unica sede dove processare questi pirati, punendoli in modo esemplare.
Cosa non si deve fare:
1 – armare gli equipaggi. Questo non fermerebbe i pirati ed inasprirebbe la violenza degli attacchi;
2 – non dare solo aiuti economici che genereranno emulazione;
3 – evitare `dichiarazioni` irresponsabili e di sfida verso la pirateria, chiedendo come soluzione la violenza.
Il presidente dell`SDM è intervenuto anche in merito alla vicenda del rimorchiatore italiano `Buccaneer` affermando che : “Sulla vicenda Buccaneer invece si deve fare molta attenzione a parlare. Già alcune dichiarazioni fatte poche ore dopo il sequestro, hanno peggiorato la situazione. Chi deve lavorare alla risoluzione del problema sicuramente lo sta facendo, e non è ora il momento di alzare polemiche o giudizi come fatto da altri”. “E` una situazione complessa e in stallo. Per giudicare si dovrebbero avere inoltre dati che nessuno di noi al momento può avere. Siamo fiduciosi però che si arriverà ad una soluzione, anche perché questi pirati, prima di essere questo, erano pescatori e credo che neanche loro vogliano inasprire oltre l`attuale crisi”. L`invito di Marino è stato quello di: “Ogni parola in più attualmente è inutile a smuovere la vicenda, anzi potrebbe rovinare un lavoro del quale non abbiamo elementi. Infine chiudendo il suo intervento Mauro Marino presidente del Sindacato dei Marititmi Italiani ha affrontato un altro aspetto della questione e che investe in prima persona i marittimi italiani tra cui i 10 del Buccaneer: “C`è invece una polemica che investe proprio chi cerca di polemizzare usando il caso Buccaneer. E cioè che i lavoratori marittimi italiani, non hanno riconosciuto nel loro contratto di lavoro alcuna indennità di rischio relativa al fenomeno della pirateria. Tutti oggi dicono che erano a conoscenza del problema, sia sindacati confederali che armatori (che si lamentano della quota assicurativa relativa al passaggio per quella zona) ma che stranamente a Febbraio 2009 nessuno dei due volle trattare l`argomento che rinviarono a data da stabilire. Oggi quei colleghi non hanno un contratto che li tutelerà alla fine della vicenda. Polemizzano contro la gestione dello Stato per il Buccaneer, ma loro a febbraio si comportarono molto ma molto peggio. Si pensi che la `Jolly Smeraldo`, la nave attaccata dai pirati dell`armatore Messina che è uno dei firmatari di tale rinnovo, dove non si stabilì alcunché sul problema pirateria”.
Il messaggio è chiaro! Cause, scopi, rimedi e colpe sono stati elencati ma ora quello che più importa è riportare a casa i 10 del Buccaneer. Marino ha aggiunto: “Per quanto poco possa valere, la prego di comunicare la mia vicinanza e dell’organizzazione che rappresento, ai familiari dei marittimi italiani in mano ai pirati”

Ferdinando Pelliccia