I comandanti di lungo corso di navi europei e tecnici del settore aderenti alla `Confederation of European shipmasters association`, Cesma, si sono dati appuntamento a Genova per i lavori dell`annuale assemblea generale. All`apertura dei lavori subito il pensiero è corso ai 16 membri dell`equipaggio del Buccaneer, ancora nelle mani dei pirati somali. Alla vicenda non ancora conclusa del rimorchiatore italiano sequestrato l`11 aprile scorso dai pirati nel Golfo di Aden, al largo delle coste somale.
Intervenendo in merito il presidente del Collegio nazionale dei capitani di lungo corso, Giorgio Blandina, si è detto furibondo ed ha chiesto: “Ci vogliamo ricordare che i componenti dell`equipaggio del `Buccaneer` sono ancora nelle mani dei pirati somali?”. “Ma qualcuno si ricorda di loro?” ha dichiarato Blandina.
“Pensiamo – ha proseguito il presidente – sempre che chi è tenuto in ostaggio non è trattato bene, a prescindere da quello che gli viene fatto”.
“Un cronista è riuscito a parlare con il comandante del Buccaneer ma quando questo gli ha risposto `va male` si è interrotta la comunicazione. Possibile che nessuno faccia nulla? Che nessuno ne parli?” ha concluso Blandina.
Sono arrabbiati i comandanti delle navi e hanno spiegato il perchè affermando che: “noi spostiamo merce e creiamo lavoro e i nostri marittimi non si imbarcano per fare la guerra ma per lavorare”.
A Genova hanno discusso e molto, ed hanno individuato due strade da percorrere per una soluzione.
Quella politica: aiutare la Somalia a trovare equilibrio e ricchezza interna. Ma mentre si tenta la strada politica, la più lunga e difficile, qualcuno deve pensare alla nostra sicurezza. Ed allora ecco la seconda strada individuata. I capitani di nave chiedono rotte sicure e scorte militari anche perchè non vogliono essere armati idea che invece, si era fatta strada negli ultimi tempi.
“Siamo anche arrabbiati – hanno dichiarato all`unisono – perchè non ci sentiamo al sicuro e anche perchè la sicurezza `fai-da-te` in questo caso non serve a nulla”. Nel corso dei lavori si è parlato infatti anche dei blandi tentativi di difendersi dai pirati. Arrivando persino a mettere il filo spinato lungo le murate della nave oltre a tenete gli idranti e l`acqua in coperta. Però i capitani sono preoccupati della sicurezza dei loro equipaggi. Essi hanno lanciato una forte denuncia. “Un marittimo che deve imbarcarsi per necessità, per mantenere la propria famiglia, sa che sta andando in guerra. Prova ne è il fatto che ormai gli equipaggi vengono addestrati ad utilizzare il filo spinato sulle navi e ci sono aziende italiane specializzate nella produzione di filo spinato per le navi mercantili”. In virtù di ciò i comandanti di navi insistono nella loro richiesta ad avere una scorta e hanno affermato: “Si, è vero, ha un costo. Ma quanto costa la vita umana?”. “Sono stati spesi molti soldi per procurarsi dei buoni barili di petrolio, hanno aggiunto, vediamo di spendere un pò anche per la sicurezza”. Dal dibattito è emerso che essi sono preocupati. “Il pericolo oggi è altissimo ha affermato Giorgio Blandina. “Finora nei mari come quello dell`Africa orientale, Nigeria, Cina, Brasile, nelle Molucche i pirati ci sono sempre stati, ha continuato il capitano, ma allora ci abbordavano armati al massimo con un machete e portavano via soltanto un binocolo e pochi spiccioli”. “Oggi invece non è così, ha spiegato il presidente del Collegio nazionale dei capitani di lungo corso, i nuovi pirati hanno armi sofisticatissime, usano bazooka e kalashnikov, e con tutta probabilità i loro barchini hanno una nave-appoggio”. La polemica dei Comandanti delle navi è andata anche alla scarsezza del numero di navi militari europee e in particolare italiane a pattugliare le rotte definite pericolose: “per l`Italia c`è solo la Fregata Maestrale ma a volte è anche troppo lontana per richiederne l`intervento”, hanno sottolineato i comandanti. “ Oggi c`è una nave militare ogni 500 o 600 miglia e questo non serve a niente”, hanno aggiunto. Nel corso dell`incontro è stato ricordato che sono circa 300 i marittimi di varie nazionalità ancora in mano ai pirati. Tra questi, anche 16 membri dell`equipaggio del rimorchiatore italiano Buccaneer, della società armatrice `Micoperi` del ravennate. E` stato ricordato che 10 di essi sono italiani. I rumours cominciano a diventare insistenti e chissà che non stia per giungere il tempo di un radicale cambiamento nel modo di affrontare il fenomeno della pirateria.
Ferdinando Pelliccia