Attualmente sono 16 le navi nelle mani dei pirati somali. Tra queste è trattenuto ancora, dall`11 aprile scorso, il rimorchiatore italiano `Buccaneer` e i suoi 16 membri dell`equipaggio di cui 10 italiani 5 romeni e un croato. Marinai tenunti in ostaggio come lo sono gli oltre 250 uomini, equipaggi delle navi catturate finora. Essi sono marinai di nazionalità filippina, indiana, pachistana, europea e dei Paesi dell`Est. Questi uomini sono trattenuti in ostaggio da settimane, privati di ogni diritto e della loro libertà, dai moderni corsari che infestano il mare del Corno d`Africa. Alla fonda al largo delle coste del Puntland, stato somalo indipendente, vi è la nave italiana caduta nelle mani dei moderni filubustieri che da circa un anno stanno facendo rivivere le geste degli antichi pirati. Il 9 e il 10 giugno prossimo l’Italia ospiterà a Roma il `Vertice sulla pirateria somala` dove saranno presenti rappresentanti del Governo e dell’opposizione del Paese africano ed in cui si discuterà sul come risolvere il problema pirateria e degli aiuti necessari per rafforzare il Governo somalo anche nella lotta contro questi moderni cosari. Purtroppo attualmente la Somalia vive uno dei periodi più bui e drammatici da quando è cominciata la guerra civile nel 1991. La capitale Mogadiscio è devastata da continui scontri, bombardamenti, rappresaglie, omicidi mirati. Da un lato ci sono le truppe governative sempre più in difficoltà e spalleggiate dai soldati etiopici e dall’altro ci sono i miliziani islamici di `al Shaabaab`, il braccio somalo del fondamentalismo islamico vicino ad al-Qaeda, ed in mezzo ci soo i civili che non hanno più nulla da mangiare e per sfuggire al dramma della guerra scappano senza avere una meta fissa. Secondo stime Onu nel Paese ci sono 2,5 milioni di persone bisognose di assistenza e 750mila sfollati. L’obiettivo di giungere ad una rapida liberazione sia del rimorchiatore `Buccaneer` sia del suo equipaggio sembra sempre di più allontanarsi. Il governo italiano ne chiede una liberazione incondizionata e senza riscatti. Un canale di trattativa è aperto e le autorità di Roma trattano da settimane, ma invano. Perchè non si riesce a convincere i pirati a liberare gli ostaggi. Essi vogliono i soldi e null`altro! Dal confronto tra l’inviato italiano Margherita Boniver e il governo regionale del Puntland, che si è svolto la scorsa settiman a Garowe, è emerso solo una profonda divisione sulla strategie da adottare. Il governo del Puntland spinge per un blitz, o quantomeno per una dimostrazione di forza militare. Una linea dura probabilmente decisa dopo le pressioni americane e anche l’irritazione montante della popolazione, stanca di subire angherie e soprusi da parte dei pirati. Il governo italiano invece, ribadisce in maniera chiarissima e continua il suo rifiuto ad azioni di forza e al pagamento di un riscatto. Nel frattempo la fregata Maestrale è in allerta da settimane pronta ad intervenire. Però intanto resta al largo o meglio alla larga a poche miglia dall`imbarcazione italiana catturata. Dopo che i francesi con un blitz avevano posto fine al sequestro di una barca da diporto e di una famiglia francesi. Dopo che con un blitz chirurgico le forze speciali della marina americana avevano liberato il comandante di una loro nave mercantile, guardato a vista da 4 pirati su una scialuppa in mezzo all’Oceano. No è chiaro perchè ora gli italiani non ci provino a riportare vivi a casa i propri connazionali con le `buone` o con le `cattive`. D`altronde finora il governo di Roma ha sempre pagato i riscatti perchè ora si rifiuta di farlo? Gli italiani giustificano la loro inattività affermando che ormai la sorpresa non c’è più. Intanto la vita dei marinai è appesa ad un sottilissimo filo che è teso e oscilla fra le tentazioni di un blitz dagli esiti incerti e la flebile speranza di una trattativa che ormai è impantanata e intorbidita da ambigui ultimatum e da diverse forme di sciacallaggio. Questo attendismo dei militari italiani e del ministro degli Esteri Franco Frattini e la fiducia, solo degli italiani, di poter risolvere in breve tempo la questione, non hanno pagato! Ancora oggi dopo oltre un mese i 10 marinai italiani sono ancora nelle mani dei pirati somali e ancor di più il tutto nell`indifferenza generale del resto del loro Paese. A parte qualche intervento in merito, pur dovendo dare credito alla necessarie discrezione in casi del genere, da parte degli organi di governo, che dicono stiano trattando, non arrivano notizie certe. Mentre invece, di altri loro connazionali catturati, in circostanze più o meno analoghe, abbiamo sentito ripetere i loro nomi in continuazione, nelle aule delle Camere, nei Consigli Comunali, nei cortei, in decine di trasmissioni radio-televisive, li abbiamo visti stampati sulle prime pagine dei giornali, ripetuti nei tanti manifesti che ne effigiavano anche i volti. Chi oggi può dire che conosce i nomi dei dieci marinai italiani ostaggi dei pirati somali? Cosa si vuole nascondere o chi si vuole coprire? Sembra che ci sia un meccanismo che distingi le persone rapite in quelle di serie A e quelle di serie B. Non si sente nemmeno parlare della famosa `unità di crisi` che puntualmente entra in gioco in casi analoghi. Cosa è che spinge a due pesi e due misure tra gli ostaggi? Cosa deve fare un ostaggi per meritarsi l`attenzione mediatica-istituzionale? A pesare ancor di più su tutto poi, la dichiarazione rilasciata pochi giorni fa dal capo della Farnesina, Frattini il quale ha affermato che le autorità del Puntland si oppongono ad ogni tipo di trattativa per la liberazione dei marittimi italiani senza però spiagarne le ragioni. Per Frattini la questione riguarda l’intera comunità internazionale, la Nato, l’Unione Europea e non si risolve a livello bilaterale, perché nelle mani dei pirati non ci sono solo gli italiani ma altri 280 marinai di diverse nazionalità. In verità le ragioni per le quali le autorità del Puntland si oppongono ad ogni tipo di trattativa vanno ricercate ne fatto che nel Puntland gira fin dall`inizio, insistente, la voce sulla presenza a bordo del `Buccanner di rifiuti tossici. E` una voce molto ben montata, se lo è, anche perchè proprio in queto periodo il continente africano è investito da scandali per la scoperta di traffici illeciti di rifiuti nocivi provenienti da tutto il mondo e anche dall`Italia. Fino ad oggi affaristi senza scrupoli hanno riversato, e forse lo fanno ancora, lungo le sue coste e poi nel suo mare rifiuti nocivi di ogni genere. Non ultimo l`ecclattante caso della Costa d`Avorio e della nave `Probo Koala` e del suo carico di rifiuti nocivi sversati, nell`agosto 2006, sulla sua costa che hanno provocato oltre 16 vittime e decine di migliaia di feriti.
Ferdinando Pelliccia