I pirati infestano i mari di mezzo mondo ed in particolare il Golfo di Aden e per questo motivo il fenomeno della pirateria è sempre di più al centro dell`attenzione mondiale. Dal 2005 l`incidenza del fenomeno è vertiginosamente aumentata. Nel 2007 ci sono stati 263 casi di pirateria, nel 2008 sono stati 293, con una diminuzione nel sud est asiatico e un aumento nel Corno d`Africa. Oggi, al Cairo e a Londra, sono state convocate due conferenze internazionali per discutere sul tema in attesa del vertice con i rappresentanti del Governo e dell`opposizione in Somalia, per affrontare la questione , previsto a Roma il 9 e 10 giugno prossimo. In Egitto e in Inghilterra il problema verrà trattato dal punto di vista della sicurezza, delle assicurazioni navali, delle possibili azioni governative. I numeri del fenomeno della pirateria si fanno sempre più impressionanti ed negli ultimi mesi esso ha anche subito un salto di qualità. Nei soli primi tre mesi del 2009 nel mondo si sono verificati ben 102 attacchi dei pirati con un aumento del 50 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008 e del 20 per cento rispetto all`ultimo trimestre dello stesso anno. Di questi attacchi, ben 61 sono avvenuti tra il Golfo di Aden e al largo delle coste orientali della Somalia, contro i 6 dello stesso periodo dell`anno precedente. Dati che fanno emergere che se il 2008 è stato un anno terribile per la pirateria e il 2009 non sarà migliore. Tutto questo nonostate siano presenti nella zona navi da guerra delle varie missioni anti pirateria, Nato e Ue, e che il loro numero sia triplicato, raggiungendo la ventina. Anzi questa concentrazione di unità navali militari nel Golfo di Aden, ha spinto i pirati a spostarsi più a sud e più al largo verso l`interno dell`Oceano Indiano, fino a giungere all`arcipelago delle Seychelles. Inoltre l`area da pattugliare è grande quattro volte la Francia e pertanto è praticamente impossibile coprirla tutta. La missione della Nato nel Golfo di Aden terminerà a giugno, ma l`Alleanza sta discutendo la possibilità di un nuovo impegno più a lungo termine. Attualmente vi partecipano la Spagna, il Portogallo, l`Olanda, il Canada e gli Stati Uniti. Oltre al rinnovo fra le questioni che dovranno essere affrontate nell`eventuale estensione della missione c`è anche la questione giuridica della detenzione dei pirati, che al momento è affidata alle singole normative nazionali. Non ci saranno problemi nemmeno per il rinnovo dell`impegno dei Paesi della Ue, che hanno già una loro missione nel Golfo denominata, `Atalanta`. Avviata l`8 dicembre scorso, nata su iniziativa francese e spagnola a sostegno delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1814, 1816 e 1846. Attualmente sono 13 le navi impegnate, 2 francesi, 4 tedesche, una greca, una italiana, 2 spagnole e 3 svedesi. Da metà maggio poi, si sono aggiunti 3 `Maritime Patrol Aircraft ricognizione`, MPRA. Tra i temi che saranno discussi oggi al Cairo, anche l`ipotesi proposta da alcuni Paesi della creazione di una corte internazionale di giustizia per processare i sospetti pirati. Al momento, non esiste una procedura comune per trattare i sospetti pirati arrestati e ogni paese si regola con criteri diversi. La preoccupazione maggiore della comunità internazionale è quella di poter trovare un quadro di regole che consentano in acque anche territoriali di poter arrestare i pirati e processarli rimanendo nell`ambito del diritto internazionale. La repressione degli atti di pirateria infatti è un crimine di carattere internazionale e per combatterlo sono previste una serie di convenzioni internazionali. E` proprio l`art. 110 della convenzione del 1982 a dare base giuridica alla polizia dell`alto mare, Maritime Law Enforcement, che dà alle navi da guerra in acque internazionali poteri di imperio che comprendono il diritto di ispezionare i mercantili, fermarli e reprimere gli atti di pirateria: compreso l`arresto ed il processo dei pirati. Di recente poi alla più specifica `Convenzione del Diritto del Mare del 1982` si sono affiancate le tre risoluzioni dell`Onu, 1814, 1816 e 1846, che consentono alle navi da guerra, di qualsiasi nazionalità, di intervenire anche se la nave attaccata non ha la stessa bandiera e di arrestare e giudicare i pirati. L`Unione europea è l`unica organizzazione di avere concluso un accordo con il Kenya che consente di perseguire penalmente i pirati arrestati dalle navi di `Atalanta`. L`accordo, secondo è un fattore chiave per scoraggiare gli atti di pirateria e l`Ue sta studiando la possibilità di stipularne con altri Paesi della regione. Dei 52 pirati arrestati dalle navi della missione Ue, 38 sono stati sbarcati in Kenya per essere processati. Se verrà confermato anche quello della Maestrale sarà il sesto trasferimento dopo l`accordo UE-Kenya. Secondo l`International Maritime Bureau, IMB, gli attacchi al largo delle coste somale sono aumentati di dieci volte nel corso del primo trimestre del 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008. Fino ad oggi sono state catturate 29 navi e 478 marinai. L`anno precedente erano state sequestrate 49 imbarcazioni e 889 membri degli equipaggi di cui 21 uccisi. I pirati trattengono ancora, come ostaggi, 290 marinai di diverse nazionalità equipaggi delle 17 navi rimaste ancora nelle loro mani, compreso il rimorchiatore italiano `Buccaneer`, sequestrata l`11 aprile al largo delle coste del Puntland con il suo equipaggio di 16 marinai tra cui 10 italiani. Nel mondo circolano 50mila mercantili e di questi 22mila transitano, ogni anno, al largo del Corno d`Africa. Inoltre 2mila sono cargo a cui sono legati interessi italiani e 600 battono il tricolore. Ed ecco spiegato perchè sarà l`Italia che ospiterà il 9 e il 10 giugno il vertice con i rappresentanti del Governo e dell`opposizione in Somalia per affrontare la questione pirateria. Il vertice partirà dagli impegni assuntati dalla Conferenza di Bruxelles dello scorso aprile. Sarà un`incontro che servirà a dare una risposta alle radici del fenomeno e vi parteciperanno tutte le organizzazioni che possono contribuire ad indicare la strada da percorrere per consolidare la Somalia e per agire con forza e sradicare la pirateria. L`Italia è anche particolarmente coivolta in quanto nelle mani dei pirati somali si trovano ancora ostaggi i 10 marinai italiani del rimorchiatore `Buccaneer`. Ad oggi le trattative per il loro rilascio sembrano essersi arenate a causa di un braccio di ferro nato tra governo italiano e pirati. In un primo tempo le autorità di Roma avevano incaricato di negoziare quelle del Puntland, la regione semi autonoma del nord della Somalia, e lo stesso presidente Abdullahi Faroleh se ne era fatto carico. All`inizio di maggio poi, Margherita Boniver, l`inviata speciale del ministro degli Esterti Franco Frattini, si era recata nel Paese africano e nella capitale Garowe aveva incontrato personalità politiche e non della regioone somala. Purtroppo il suo viaggio è stato controproducente. Alla fine ne è nata una sfida che ha portato la Boniver a chiedere l`immediata liberazione dell`equipaggio, accusando senza mezze parole Faroleh di connivenza con i pirati, e affermando che qualsiasi atto contro i marittimi italiani sarebbe stato considerato un atto ostile verso l`Italia. Da Roma è poi partito un somalo sposato con un`italiana. La sua missione è però fallita per l`intransigenza dei pirati che, pur essendo scesi dalla loro richiesta iniziale di 30milioni di dollari a 2milioni, non vogliono più saperne di trattare ma vogliono solo i soldi. La situazione ora è di stallo. Il Buccaneer, alla fonda al largo del porto di Las Qurey, covo pirata sulla costa del Puntland, è sorvegliato a distanza dalla nave militare anfibia `San Giorgio`, che controlla eletronicamente ciò che avviene sul rimorchiatore. A bordo vi sono sicuramente militari del Battaglione San Marco pronti ad intervenire nel caso giunga l`ordine da Roma. In pericolo oltre ai 10 marittimi italiani ci sono anche 5 rumeni e un croato. Il governo del Puntland ha dato il suo via libera all`Italia per un blitz che per ora il ministro Frattini sembra non intenda autorizzare come anche non ha intenzione di pagare alcun riscatto. Nel corso dell`annuale assemblea generale della `Confederation of European shipmasters association`, Cesma, svoltasi a Genova e a cui aderiscono i comandanti delle navi Ue, Il presidente del Collegio nazionale capitani di lungo corso, Giorgio Blandina, ha ricordato la vicenda del rimorchiatore italiano. Blandina ha affermato che: “Ci vogliamo ricordare che i componenti dell`equipaggio del Buccaneer sono ancora nelle mani dei pirati somali?”. “Possibile che nessuno faccia nulla? che nessuno ne parli?”. Un chiaro riferimento agli organi di stampa che secondo il capitano in merito hanno mostrato negligenza e poca professionalità e secondo il suo parere, non hanno posto in rilievo la questione a sufficienza. A Genova è emerso anche un altro elemento: gli equipaggi non vogliono difendersi ma essere difesi. Dall`incontro è infatti emerso che sebbene da più parti si insistita sull`utilizzo da parte degli equipaggi di mezzi di difesa di cui potrebbero essere dotati i mercantili come i cannoni ad acqua, i generatori di suono per intontire i pirati. Per potervi fare ricorso serve l`addestramento degli equipaggi ma è stato ribadito che essi sono lavoratori e non militari. Finora solo il Belgio si è mosso su un`altra strada offrendo agli armatori piccole squadre di difesa a pagamento: 8 militari per circa 120mila euro a settimana anche se invece, i cinesi stanno addestrando gli equipaggi dei loro mercantili a fronteggiare un attacco pirata.

Ferdinando pelliccia