Da ieri sono convenuti a Kuala Lumpur, in Malaysia, per la `Conferenza internazionale sulla pirateria` esperti, diplomatici e responsabili della sicurezza, rappresentanti di 66 Paesi e dell`Unione europea. Obiettivo dichiarato del vertice che termina oggi è la creazione di una forza marittima unica internazionale coadiuvata, nell`azione multilaterale, da Onu, Nato e Ue per porre fine al fenomeno della pirateria al largo delle coste della Somalia. Ha trovato tutti concordi anche l`idea che privilegiare un approccio aggressivo sortirebbe un effetto controproducente in quanto rischierebbe di lanciare le compagnie marittime in una corsa ad armarsi e i pirati di conseguenza ad adottare idonee contromisure. Opinione comune è stata anche il condannare l`ipotesi di ricorrere a guardie armate private a bordo delle navi. Nel corso dei due giorni di lavori è emerso in maniera inequivocabile che la pirateria ha avuto origine dall`assenza dello stato di diritto in Somalia così come dalla pesca illegale praticata da Paesi stranieri nelle acque somale. Il fenomeno infatti, inizialmente si è manifestata con i pescatori che catturavano i pescherecci stranieri e li lasciavano andare solo dopo aver sequestrato il loro pescato. Poi hanno cominciato a imporre loro dei riscatti per il rilascio e alla fine sono diventati i pirati che oggi infestano l`Oceano Indiano e in particolare il Golfo di Aden. Un mare dove sono circa 20mila le navi che vi transitano ogni anno e dove dall`inizio dell`anno ad oggi, su 102 assalti `denunciati`, 31 hanno avuto successo, 39 sono stati solo dei tentativi non perseguiti fino in fondo e 32 sono falliti. I pirati hanno anche preso in ostaggio oltre 400 marinai rilasciandone, dietro pagamento di un riscatto, la metà delle navi e circa un terzo degli ostaggi trattenendone ancora 16 navi e 250 uomini. Tra queste il rimorchiatore italiano `Buccaneer` sequestrato l`11 aprile scorso al largo del Puntland da pirati somali, con 16 marinai a bordo tra cui 10 italiani. Nella bozza finale della conferenza è stata inserita anche la richiesta dell`adozione di norme legali che consentano di perseguire in maniera più efficace i pirati. L`opinione comune è stata quella che occorre lavorare alla definizione di strutture giuridiche per processare e punire i pirati catturati e per studiare gli aspetti poco chiari delle attuali leggi. La Commissione Ue ha finanziato un programma in tal senso in Kenya con cui è stato stabilita una buona collaborazione per processare i pirati. Finora sono circa 150 i pirati catturati dei quali 52 dalla forza navale internazionale. Molti dei pirati sono stati processati e condannati, 38 sono detenuti in kenya e altri in vari Paesi. Inoltre nel dare la caccia ai pirati nel mare del Corno d`Africa, nel testo, si ricorda che in questa `guerra` contro la pirateria deve essere comunque rispettata la sovranità degli stati. Come ha ribadito ieri, nel giorno in cui sono stati aperti i lavori, il ministro della Sicurezza del Puntland, Abdullah Said Samatar, che ha escluso interventi militari stranieri sul territorio somalo in quanto le forze straniere non sarebbero in grado di distinguere tra pirati e pescatori locali e la cosa potrebbe creare problemi. Le autorità somale sollecitano invece aiuti internazionali per creare una propria guardia costiera, capace di tutelare il traffico marittimo nel Golfo di Aden e respingere gli attacchi dei pirati. Nel documento è stato sottolineato anche quanto la pirateria sta diventando sempre più sofisticata e violenta, mettendo di fatto in pericolo il trasporto marittimo internazionale che garantisce oltre i due terzi del commercio mondiale. Dal dibattito è emerso come, chi gestisce questo fenomeno, sta reinvestendo i soldi ricavati dal pagamento dei riscatti in tecnologie e armamenti, trasformando di fatto il fenomeno in una minaccia globale. I costi per difendersi dalla pirateria stanno diventando insostenibili. Su di essi gravano oltre quelli per le assicurazioni, le richieste di riscatto e, la necessità di ricorrere a società di security. Tutto questo sta poi, comportando un conseguente spostamento dei traffici su altre rotte commerciali a discapito di molti porti che alla fine ne restano tagliati fuori. Un problema questo che si pone principalmente per l`Italia e per l`Europa che anche se non sono coinvolti materialmente dal fenomeno rischiano però di pagare per gli effetti economici che esso comporta. Nel mare al largo della Somalia è operativa dallo scorso giugno una forza navale internazionale della Nato a cui si è poi aggiunta, nel dicembre 2008, la missione `Atalanta` dell`Unione europea, Ue. Inoltre nel `mare dei pirati` operano in maniera indipendente diverse navi militari inviate in quelle acque dai loro Paesi per proteggere le proprie navi mercantili. Ieri, al termine di una riunione dei 27 Paesi Ue, a Bruxelles, è stata confermata la volontà di prorogare la missione Atalanta come probabilmente accadrà anche per la missione Nato. Inoltre è stata avanzata l`intenzione di estendere geograficamente la missione fino alle Seychelles anche se al momento non è stata assunta alcuna decisione formale. In poco meno di un anno il numero di navi da guerra delle varie missioni presenti nella zona è praticamente triplicato. Un fatto questo che ha indotto i pirati, per sfuggire a questa concentrazione militare in chiave anti pirata nel Golfo di Aden, ad allargare il loro campo d`azione e a concentrare i loro attacchi più a sud e man mano sempre di più nell`interno, nell`Oceano Indiano fino ad arrivare alle coste dell`arcipelago delle Seychelles. Anche l`Australia sta considerando di mandare una sua nave militare nel golfo di Aden per contribuire nella lotta alla pirateria che dovrebbe unirsi alle unità navali europee. Inoltre le autorità del Paese hanno stanziato l`equivalente di oltre un milione di euro per aiuti umanitari alla Somalia, e un altro milione al programma di aiuti umanitari dell`Onu nel travagliato Paese africano. La disponibilità annunciata dall`Australia a combattere la pirateria è stata nei giorni scorsi al centro della visita del commissario Ue per gli affari marittimi e la pesca, Joe Borg, che ha incontrato il ministro degli interni Bob Debus. Attualmente la flotta europea è composta, tra fregate e navi di sostegno logistico, da 12 unità: 3 tedesche, 3 svedesi, 2 spagnole, 2 francesi, una italiana e una greca. Inoltre dispone di 3 aerei da ricognizione e di alcuni elicotteri da combattimento.
Ferdinando Pelliccia