Su proposta dei Ministri Frattini, La Russa e Alfano, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto-legge che, come è stato sottolineato, in linea con le decisioni adottate in sede comunitaria, assicura la piena operatività delle unità navali italiane impegnate nel contrasto e nella repressione degli atti di pirateria al largo delle coste somale. Nel decreto legge approvato è prevista però anche la rinuncia della giurisdizione da parte dell`Italia nei confronti dei pirati somali catturati da navi militari italiane nel golfo di Aden. Attualmente gli italiani detengono 9 pirati somali catturati dalla Fregata `Maestrale` e che ora in virtù di questo decreto dovranno essere trasferiti e processati in Kenya. Il decreto approvato oggi dal Consiglio dei Ministri giunge immediatamente dopo la riunione del Gruppo Internazionale di Contatto sulla Somalia, ICG, svoltosi nei giorni scorsi a Roma. Queste inaspettate quanto mai tempestive modifiche delle norme contenute nel provvedimento con cui sono state rifinanziate, lo scorso dicembre, le missioni italiane all`estero con molta probabilità fanno parte di accordi presi in sedi diverse. Diversamente non è comprensibile il perchè si sia voluto andare a mettere le mani nella parte del provvedimento dedicata alla missione anti pirateria denominata `Atalanta`. Una parte dove veniva specificato chiaramente che a processare i pirati catturati dalle navi militari italiane nel Golfo di Aden sarebbe stata l`Italia. E ancora di più che ci fosse una giurisdizione esclusiva da parte della procura di Roma e che gli arresti sarebbero stati convalidati attraverso un collegamento in videoconferenza. Cosi infatti è stato per i 9 somali recentemente catturati e rinviati a giudizio e che poi dovevano essere trasferiti a Roma. Il governo invece oggi ha fatto decisamente marcia indietro anzi per restare in argomento, un repentino quanto inspiegabile cambio di rotta. Le ragioni addotte sono state quelle di voler fare valere l`intesa stipulata recentemente tra i Paesi membri dell`Unione Europea e il Kenya, ma che non erano certamente vincolanti. L`intesa infatti, prevede che i pirati catturati durante le operazioni di pattugliamento nel Golfo di Aden `possano` essere consegnati al Kenya, Paese limitrofo alla Somalia e in cui non vige la pena di morte, che provvederà poi a processarli. D`ora in poi non ci sarà più alcun processo in Italia per i pirati somali arrestati nel corso di operazioni antipirateria nel golfo di Aden da parte della marina militare italiana. Questa eventualità non aveva raccolto il `consenso` della Lega Nord, soprattutto perchè contraria all`arrivo di detenuti somali in Italia. Indubbiamente i meccanismi che si possono attivare per processare e condannare i pirati somali sono tanti. Però certamente questi hanno anche un costo. Processarli in Italia o processarli in Kenya non è la stessa cosa, almeno in termnini economici. Infatti è vero che l`intesa tra governo keniano e numerosi Paesi europei e non, permette che i pirati possano essere affidati alle autorità giudiziarie del Kenya, che poi li dovrebbero giudicare. Però l`operazione non è gratis. Finora in Kenya sono stati tradotti oltre 100 pirati catturati. Essi sono stati tutti incarcerati nel carcere di Mombasa, che però inspiegabilmente già si mostra incapace di reggere all`alta affluenza di prigionieri. Non è stato per caso verificato, prima di firmare gli accordi, se questo carcere era abbastanza capiente? E` a tutti noto che la forza dei pirati si aggira intorno ai 2mila uomini e anche se non fossero tutti catturati anche la metà è un gran numero di persone. Ora le autorità di Nairobi con molta probabilità dovranno spostare molti dei `pirati-detenuti` nelle più capienti carceri di Nairobi. Questo ovviamente comporterà un aggravvio delle spese definiamole `processurali`. E dato che tutta l`operazione è pagata dai Paesi sottoscrittori dell`accordo ecco che il governo keniano sta cominciando a chiedere con insistenza ulteriori finanziamenti per affrontare questo nuova spesa che addirittura afferma essere molto costosa. Nel frattempo nel Paese africano si stanno creando anche diverse correnti d`opinione in merito alla vicenda. Di recente le autorità musulmane di Mombasa hanno fatto sentire la loro voce di protesta, nei confronti del governo di Nairobi. I religiosi hanno affermanto che: “Il Kenya non deve accollarsi il problema dei pirati somali che è un problema di pertinenza de i Paesi le cui navi effettuano le catture”. Un segnale di dissenso e inquietante che dovrebbe far preoccupare ed invece sembra che tutti se ne disinteressino. Non bisogna dimenticarsi che i pirati sono anche loro musulmani ossia fratelli. Nel frattempo un altro allarmante segnale arriva dalla Somalia. Paese confinante dove gli integralisti islamici di `al Shabaab` considerato il braccio armato somalo di al Qaeda, controllano le zone a sud del Paese, al confine con il Kenya. A causa dell`instabilità prodotta da tutto questo, il governo di Nairobi mantiene una forte presenza militare lungo la frontiera sia per contrastare anzittutto il traffico di uomini e armi sia per contrastare possibili attacchi condotti verso il Paese africano dalla parte Somalia del confine. Questo atteggiamento delle autorità keniane ha però indispettito i leader islamici somali. Nei giorni scorsi Sheikh Abdiqani Mohamed, un alto esponente di `al Shabaab`, ha minacciato l`invasione del Kenya da parte delle sue milizie, se il governo di Nairobi non si impegnerà ridurre la presenza militare lungo il confine fra i due Paesi, questo ovviamente per poter dar loro modo di trafficare lungo il confine, e poi l`ha rimproverato anche per l`appoggio che sta dando ai Paesi occidentali nella lotta alla pirateria.
Ferdinando Pelliccia