Sono dunque 105 giorni che i 16 membri del suo equipaggio sono ostaggi dei pirati. Un gruppo eterogeneo composto da 10 marittimi italiani, 5 romeni e un croato tutti accomunati però da un unico destino: catturati dai pirati somali. I 10 marittimi italiani sono:
1 ) Mario Iarloi, comandante, iscritto alla Capitaneria di porto di Ortona (Chieti);
2 ) Mario Albano, primo ufficiale di coperta, iscritto alla Capitaneria di Porto di Gaeta (Latina);
3 ) Tommaso Cavuto, secondo ufficiale di macchina, iscritto alla Capitaneria di Porto di Ortona (Chieti);
4 ) Ignazio Angione, direttore di macchina, iscritto alla Capitaneria di Porto di Molfetta (Bari);
5 ) Vincenzo Montella, marinaio, iscritto alla Capitaneria di porto di Torre del Greco (Napoli);
6 ) Giovanni Vollaro, marinaio, iscritto alla Capitaneria di porto di Torre del Greco (Napoli);
7 ) Bernardo Borrelli, marinaio, iscritto alla Capitaneria di porto di Torre del Greco (Napoli);
8 ) Pasquale Mulone, marinaio, iscritto alla Capitaneria di Porto di Mazara del Vallo (Trapani);
9 ) Filippo Speziali, marinaio, iscritto alla Capitaneria di Porto di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno);
10) Filomeno Troino, cuoco, iscritto alla Capitaneria di Porto di Molfetta (Bari).
Dieci «piccoli» italiani, gente di mare, i cui nomi sono inseriti in un dossier in cui figurano in un elenco denominato «gli ostaggi del Buccaneer».
La loro vicenda ha raccolto l’attenzione di tante persone ma con motivazioni diverse. Principalmente chi si è interessato a loro l’ha fatto perché incuriosito dal prolungarsi, finora a dismisura, della durata della vicenda che ha abbondantemente superato i tre mesi. Mentre non è possibile vedere in che modo essi stanno vivendo questi giorni di prigionia ma solo immaginarne la tristezza e la durezza, è possibile invece vedere come stanno vivendo questi giorni i loro familiari rimasti a casa ad attendere il loro ritorno. Sul loro viso non si legge che sconforto e paura ma soprattutto si legge la tristezza di chi si sente lasciato solo, abbandonato dallo stato.
In fondo i loro cari sono andati in giro nel mondo non per macchiare la bandiera del loro Paese ma per tenerne alto l’onore. Una vicenda che forse per essere stata presa troppo sotto gamba ora si è incuneata in maniera tale che appare difficile portarla a buon fine.
Quali le colpe? Di chi le colpe? Appare difficile rispondere.
Però vi è una certezza se non si pone rimedio in tempi strettissimi, agli errori e alle mancanze che finora potrebbero essere stati commessi, si rischia di far ritornare in Italia 10 bare.
In quel caso l’elenco dei morti che hanno ruotato intorno a questa vicenda si allungherebbe di troppo e l’opinione pubblica dovrebbe poi chiederne spiegazione. Un’ardua impresa per chi non ha saputo finora dare una spiegazione plausibile dei tanti ritardi, ombre e misteri che hanno avvolto la vicenda fin dal suo primo giorno. Quando ritorneranno a casa, se ritorneranno, alcuni di questi 10 italiani non ritroveranno in vita dei loro cari che non hanno retto al dolore e al dramma della vicenda e sono morti. Sarà un ulteriore vuoto incolmabile che essi dovranno affrontare oltre a quello del tempo che si sono visti sottrarre e che invece potevano dedicare ai loro familiari a casa.
I marittimi italiani per una sola cosa possono sentirsi dei privilegiati rispetto ai loro colleghi romeni. Mentre in Italia sembra che lo Stato dedichi un po’ di attenzione, in Romania invece, dei 5 marittimi romeni imbarcati a bordo del Buccaneer, sembra che a nessuno importi, infatti nessun rappresentante dello Stato ha preso contatto con le loro famiglie. La sola cosa che le autorità romene si sono preoccupate di fare è stato di invitare tutti alla calma. I familiari dei 5 marittimi romeni sanno che le autorità italiane hanno istituito un comitato di crisi, e che stanno trattando con i rapitori per negoziare il rilascio della nave e dell`equipaggio. Il Presidente della Romania, Traian Basescu, sembra che finora abbia ignorato la disperata richiesta di aiuto delle famiglie dei 5 romeni membri dell`equipaggio del rimorchiatore italiano inviatagli il 24 aprile scorso.
Le famiglie dei romeni hanno ricevuto dalle autorità di Bucarest solo delle risposte di comodo. Sono state consigliate di avere pazienza, di aspettare che la situazione si risolverà. Per il governo romeno la responsabilità per la liberazione dell’equipaggio appartiene alle autorità italiane e all’armatore italiano. La nave appartiene alla «Micoperi Marine Contractors» una società italiana con sede a Ravenna in Italia. Società specializzata nella costruzione di impianti portuali a mare, gasdotti sottomarini e installazione per il trasporto di petrolio e di gas. Le autorità rumene hanno detto loro che non può fare nulla per i suoi cittadini all’Estero. Da parte dei diplomatici romeni, presenti in Italia, e dal Ministero degli Affari Esteri, nessuno si è preoccupato di informare i familiari di come vengono svolte le trattative. Questo nonostante l’autorità italiana, sostenga di mantiene un contatto permanente con quelle romene che sono sempre aggiornate in merito alla situazione. I cinque ostaggi romeni sono: Remus Marinescu, ufficiale meccanico, Adrian Galca, timoniere, Dorel Gheorghe, aiutante ufficiale meccanico e Marius Aragea, operatore motori tutti di Constanta. Mentre il quinto si chiama Stefan Borcan , ufficiale ponte nave di Bucarest. Sono tutti di età compresa tra i 28 e i 40 anni. Hanno lasciato in volo la Romania per Singapore e li si sono imbarcati il 20 febbraio scorso sulla nave italiana. I loro contratti di lavoro sono stati conclusi attraverso il consolato italiano tra il loro datore di lavoro, Adrian Andrusca, della società `Crusche Crewing’ della città di Ovidiu, e la società armatrice italiana `Micoperi`. Ed è ora Andrusca che tiene i contatti, per conto delle famiglie dei marinai romeni, con la Farnesina e la Micoperi. L`ultimo contatto telefonico con le loro famiglie gli ostaggi romeni l’hanno avuto a fine giugno. I marinai hanno cercato di ispirare coraggio ai loro cari a casa chiedendo però loro di chiedere alle autorità romene di salvarli. Del 16esimo marinaio imbarcato sul rimorchiatore italiano, un croato, invece, si conosce solo che è uno studente di Fiume, che ha 25 anni e si è imbarcato sul Buccaneer come elettricista. Un po’ poco per una vita umana.
Ferdinando Pelliccia