Una liberazione annunciata ieri sera dal ministro degli esteri Franco Frattini, che per farlo, cosa abbastanza insolita, ha utilizzato tutti i media disponibili. Per la Farnesina non ci sarebbe stato nessun blitz o pagamento di riscatto per ottenere il rilascio del rimorchiatore italiano e del suo equipaggio ma sarebbe solo frutto di un lungo lavoro di contatti e collaborazione con le autorità centrali somale e del Puntland, la regione semiautonoma a nord della Somalia, nelle cui acque è stata ‘trattenuta’ alla fonda, in questi mesi, la nave italiana. Frattini ci ha tenuto a sottolineare che il governo somalo ha esercitato una forte pressione sui pirati e convincerli al ritiro. “Ho avuto comunicazione della liberazione direttamente da una telefonata del primo ministro somalo”, ha spiegato il capo della diplomazia italiana. Il ministro ha anche ricordato che la nave anfibia ‘San Giorgio’ della marina militare italiana e le forze speciali italiane, marò del battaglione San Marco, stazionavano al largo delle coste del Puntland per monitorare quanto accadeva intorno alla nave italiana e per evitare qualunque pericolo per il suo equipaggio. Era la vigilia di Pasqua di quest’anno quando i pirati assaltarono e catturarono il rimorchiatore, battente bandiera italiana. L’imbarcazione era in navigazione nel Golfo di Aden verso l’Egitto proveniente da Singapore e stava trainando 2 chiatte vuote. La nave appartiene alla ‘Micoperi Marine Contractors’, una società italiana del ravennate con sede a Ortona in Italia. ‘Nessun blitz e nessun riscatto” è stata l’inusuale linea seguita fin dal primo momento dal governo italiano la cui priorità era solo quella di garantire l`incolumità dei 10 marittimi italiani come aveva ribadito da sempre anche Margherita Boniver, l’inviata speciale del ministro Frattini per le emergenze umanitarie e che ai primi del mese di maggio scorso aveva compiuto anche una missione in Somalia e nel Puntland rivelatasi poi infruttuosa e disastrosa. Un apparente immobilismo coperto da un inspiegabile forte riserbo che dopo 118 giorni ha portato al rilascio dei 10 marinai italiani e dei loro 6 compagni di sventura, 5 romeni e un croato. In merito il ministro Frattini, ricordando il lavoro eccellente dell`intelligence e delle forze speciali coinvolte, ha espresso un sentito ringraziamento ai mezzi di informazione italiani per avere rispettato la linea di riserbo richiesta dalla Farnesina che a suo dire si è ancora una volta rivelata giusta per ottenere il rilascio dei marittimi del Buccaneer. Un equipaggio che dopo circa 4 mesi di dura prigionia era ormai allo stremo ed ognuno di loro non sperava più di poter riabbracciare i proprio cari lasciati a casa e che da quell’11 aprile aveva potuto sentire solo attraverso pochi e sporadici contatti telefonici. “Stanno bene”, ha assicurato Frattini spiegando che sono liberi di ripartire verso l`Italia. Il fatto che non ci sia stato blitz pagato alcun riscatto, è stato confermato anche Silvio Bartolotti, il general manager della ‘Micoperi’, spiegando che: “gli uomini stanno tutti bene e stanno navigando verso Gibuti, scortati da navi militari”. “Una volta arrivati lì valuteranno la situazione, secondo l`umore psicologico, se proseguire in nave o se rientrare in altro modo in Italia”, ha aggiunto Bartolotti che circa 15 giorni fa si era recato in Somalia. Frattini ha inviato alle famiglie dei marittimi la partecipe vicinanza in questo momento di gioia, dopo mesi di comune attesa e preoccupazione. Dunque nessun blitz e nessun riscatto è la teoria portata avanti dal governo italiano. Sembra impossibile crederci per tanti buoni motivi. Anzitutto non era mai accaduto che i pirati finora avessero rilasciato una loro ‘ preda’ senza ricavarci nulla. In solo due casi era accaduto ma solo perché erano stati attuati dei blitz militare sia dagli americani sia dai francesi ma questa possibilità è lo stesso ministro Frattini che la smentisce. Allora viene spontaneo chiedersi cosa gli ha fatto cambiare idea? Il capo della diplomazia italiana spiega che la liberazione è frutto di una collaborazione con le autorità di Mogadiscio e quelle del Puntland. Anche qui c’è da obbiettare. Se il governo di transizione somalo a mala pena riesce a controllare solo alcuni quartieri di Mogadiscio compreso porto, aeroporto e edifici governativi, ma questo solo per la presenza delle truppe della missione di pace africana ‘Amisom’ dell’Ua, mentre ha perso il totale controllo del resto del Paese come può aver avuto peso nel convincere i pirati a rilasciare gli ostaggi e senza chiederne nulla in cambio? Forse la verità è che si vuole in qualche modo vantare meriti non suoi al governo di Mogadiscio per giustificare gli enormi aiuti economici che l’Europa, Italia in testa, sta inviando in quel Paese africano. Inoltre Frattini parla di un risultato raggiunto anche grazie ad una collaborazione con il governo del Puntland, dove lungo le sue coste hanno trovato rifugio e impunità le ‘gang del mare’ che infestano il mare del Corno d’Africa trasformandole in nuova tortuga. Anche in questo caso appare difficile crederci. I rapporti fra il governo di Garowe e quello di Roma si sono fortemente incrinati dopo la missione compiuta dalla Boniver nella regione. L’inviato di Frattini allora accusò chiaramente il governo del Puntland di connivenza con i pirati e i rapporti non furono più gli stessi tanto è vero che il Puntland è stato l’escluso di eccellenza dalla riunione dell“International Contact Group`, ICG, sulla Somalia tenutosi a giugno a Roma. Il ministro Frattini ha parlato anche dell’eccellente lavoro dell`intelligence e delle forze speciali. Non risulta che entrambi abbiano avuto alcun ruolo rilevante nella vicenda. I primi, mancando l’Italia da un ventennio dal Paese africano, hanno avuto enormi difficoltà a trovare contatti validi e dal Kenya hanno potuto solo fare da testimoni a quanto accadeva intorno al rimorchiatore italiano. I secondi sono restati lì inattivi, al largo del Puntland, in attesa di un ordine di attacco che tutti sapevano che non sarebbe mai arrivato. Il fenomeno della pirateria nell’Oceano Indiano e nel Golfo di Aden ha proporzioni assai vaste e dall`inizio dell`anno sta mettendo sotto scacco una ventina di navi da guerra di varie nazionalità, suddivise in diverse missioni, inviate nel ‘mare dei pirati’ per contrastare l’attività criminale dei pirati somali. La verità è un’altra. Per la liberazione del rimorchiatore italiano Buccaneer e del suo equipaggio è stato pagato un riscatto di circa 4 milioni di dollari. Dei quali 2,5 milioni sono andati ai pirati e il resto suddiviso in varie forme a diverse altre entità che hanno ‘collaborato’ al raggiungimento del risultato ottenuto la notte scorsa.
Ferdinando Pelliccia