E’ finito l’incubo per il suo equipaggio e il ministero degli Esteri tedesco nell’informare che la nave è in viaggio verso Mombasa, in una nota, riporta anche il grande sollievo espresso dal ministro degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier. Lo stesso sentimento che non possono provare i suoi omologhi l’italiano Franco Frattini e il romeno Cristian Diaconescu. I due capi delle diplomazie, italiane e rumena, stanno vivendo in maniera differente, dal loro omologo tedesco, un’analoga vicenda che vede coinvolto un rimorchiatore italiano il ‘Buccaneer’ e il suo equipaggio composto da 10 italiani, 5 romeni e un croato caduti nelle mani dei pirati somali da oltre tre mesi. Mentre in Italia sembra che il governo dedichi un pò di attenzione, con grande e pomposo riserbo, ai suoi cittadini ostaggi dei pirati, in Romania invece, dei 5 marittimi romeni, imbarcati a bordo del ‘Buccaneer’, sembra che nessun rappresentante dello Stato si sia preoccupato almeno di prendere contatto con le loro famiglie. Il Ministero degli Affari Esteri romeno non si è preoccupato di informare i familiari di come vengono svolte le trattative. Questo nonostante le autorità italiane sostengano di mantenere un contatto permanente con quelle romene che sono aggiornate in tempo reale in merito alla situazione. I familiari dei 5 marittimi romeni sanno che le autorità italiane hanno istituito un comitato di crisi, e che stanno trattando con i rapitori per negoziare il rilascio della nave e dell`equipaggio ma solo tramite le notizie apprese dai media e di recente hanno inviato tramite la nostra testata, Liberoreporter, un appello alla Farnesina che è rimasto però inascoltato. Come sono rimasti inascoltati finora i loro appelli, l’ultimo alcuni giorni fa, lanciati al Presidente della Romania, Traian Basescu. Finora le famiglie dei 5 romeni hanno ricevuto dalle autorità di Bucarest solo delle risposte di comodo. Sono state soprattutto consigliate di avere pazienza, ad aspettare che la situazione si risolva. Per il governo rumeno, che ha detto che non può fare nulla per i suoi cittadini all’Estero, la responsabilità per la liberazione dell’equipaggio appartiene alle autorità italiane e all’armatore italiano. La nave appartiene alla `Micoperi Marine Contractors` una società italiana con sede a Ravenna in Italia. Nella loro disperata richiesta di aiuto le famiglie dei 5 romeni membri dell`equipaggio del rimorchiatore italiano ‘Buccaneer’ si sono appellati per ben due volte a Liberoreporter, l’ultima oggi. Stamani infatti è giunta in redazione l’e-mail di Elia Carmen Borcan la moglie dell’ufficiale di ponte del Buccaneer, Stefan Borcan. La donna, a nome anche delle altre mogli dei marinai rumeni sequestrati sul Buccaneer, afferma che: “Oggi abbiamo provato nuovamente a contattare le autorità rumene ma non abbiamo trovato nessuno, molti sono in congedo (ferie, ndr)”. “Io ancora spero di ricevere una risposta da parte delle autorità italiane, anzi speravo, dopo il nostro primo appello, che qualcuno dall’Italia avesse il cuore di contattarci e riferirci come è veramente la situazione”, ha continuato la signora Borcan. Oltre al marito di Elia Carmen Borcan sono ostaggi dei pirati altri 4 romeni che Liberoreporter ha identificato come: Remus Marinescu, ufficiale meccanico, Adrian Galca, timoniere, Dorel Gheorghe, aiutante ufficiale meccanico e Marius Aragea, operatore motori. L`ultimo contatto telefonico che questi uomini hanno avuto con le loro mogli, Elia Carmen Borcan, Nicoleta Aragea, Mirela Marinescu, Steluta Gheorghe, Janina Galca, è stato lo scorso 1 luglio. I marinai hanno cercato di dare coraggio ai loro cari a casa ma hanno anche chiesto di essere salvati. Del 16esimo marinaio imbarcato sul rimorchiatore italiano, un croato, invece, Liberoreporter ha scoperto solo che è uno studente di Fiume, che ha 25 anni e si è imbarcato sul Buccaneer come elettricista. Forse solo quando questa triste vicenda sarà finita si conoscerà la verità su tutto e forse finalmente anche il cittadino croato avrà un nome. Però quello che è certo ora è che la diplomazia italiana e romena non ci stanno facendo per nulla una bella figura e anzi quella italiana, con i primi maldestri tentativi di mascherare l’inadeguatezza, almeno iniziale, di gestire la vicenda, ha permesso che 10 suoi connazionali potessero vivere nel peggiori dei modi un’esperienza che li segnerà per tutta la vita. Quasi 120 giorni dentro la stiva di un rimorchiatore con almeno 50 gradi di temperatura esterna, poca acqua e poco cibo: una gita davvero indimenticabile. In questo caso non ci sono giornalisti da salvare con grande clamore (nobles oblie), ma soltanto marittimi, gente normale e comune che con grande dignità sta lontana da casa per mesi per sfamare le rispettive famiglie.

Ferdinando Pelliccia