I membri dell’equipaggio del battello sono almeno 40 marinai di diversa nazionalità. In prevalenza spagnoli e poi asiatici e africani. Agli inizi del mese di settembre, in due episodi distinti, l’ ‘Alekarana’ insieme alla `Campo Libre Alai` era già sfuggita ad un tentativo di arrembaggio dei pirati sfruttando la sua velocità. Questa volta il comandante della tonniera è stato meno fortunato. La nave fa parte della flotta di pescherecci che, per la pesca del tonno, operano nelle acque dell`Oceano Indiano e si appoggiano ai porti dell`arcipelago delle Seychelles. Al momento dell’attacco era in navigazione in alto mare a metà strada tra la Somalia e le Seychelles. La posizione è stata data dallo stesso comandante del battello dopo aver lanciato un laconico SOS per radio: “Attacco dei pirati”. Dopo di chè del peschereccio non si è saputo più nulla. Probabilmente è stato condotto dai pirati in uno dei loro covi lungo le coste del Puntland. In quella nuova Tortuga dove per quasi 4 mesi è stato tenuto in ostaggio, alla fonda, il rimorchiatore italiano ‘Buccanner’, con 16 uomini di equipaggio di cui 10 italiani, 5 romeni e un croato. Per il suo rilascio, avvenuto lo scorso 9 agosto scorso, le autorità italiane hanno pagato, con tutta probabilità, un riscatto di 8 milioni di dollari. Anche se tutti i protagonisti della vicenda si ostinano a negarlo. Anzi la diplomazia italiana, il suo capo Franco Frattini in testa, si è vantata di aver ottenuto il rilascio della nave e del suo equipaggio grazie ad una serrata azione diplomatica che ha portato a stancare i pirati. Sarebbe il primo caso in assoluto al mondo! Addirittura Margherita Boniver l’inviata speciale del ministro degli Esteri Frattini è stata dipinta come un’eroina per essere andata a maggio di persona nel Puntland per cercare di ottenere il rilascio del ‘Buccaneer’. In realtà ha solo agitato gli animi e si è scontrata con il presidente del Puntland accusandolo di complicità con i pirati. Si attende ora la reazione del governo spagnolo a cui da tempo gli armatori dei Paesi baschi chiedevano di assicurare protezione alla flotta di pescherecci spagnoli che pescano il tonno nell’Oceano Indiano. Il 15 settembre scorso il segretario di Stato alla Difesa Costantino Mendez aveva annunciato che i pescherecci spagnoli che operano nel Golfo di Aden potevano dotarsi di guardie private armate per respingere gli attacchi dei pirati. Mendez aveva però escluso la presenza a bordo di queste navi di soldati dell`esercito o della marina spagnola, perché l`ordinamento giuridico della Spagna lo vieta. Nel gennaio scorso i pescherecci erano stati autorizzati già all`uso di armi corte in caso di attacco pirata ma la misura all’atto pratico si era rivelata insufficiente. Pertanto alle guardie private era stato consentito di dotarsi di fucili di precisione a distanza e altri tipi di armi militari, cosa in genere proibita in Spagna. L’episodio di oggi si ricollega al fatto che, dopo un periodo di pausa a causa della stagione dei monsoni, gli attacchi dei pirati sono ripresi al largo della Somalia. Dal 19 settembre scorso nel Golfo di Aden si sono verificati almeno 4 attacchi di cui 3 sono stati sventati. Nel corso di uno di questi attacchi, il 26 settembre scorso, un pattugliatore della marina militare turca, che opera in ambito della missione antipirateria della Nato, denominata ‘Ocean Shield’, ha arrestato 7 uomini che avevano tentato di impadronirsi della ‘Hardy V’ una nave battente bandiera panamense. Secondo la V Flotta americana dislocata nel Bahrein, quest`anno nella zona ci sono stati ben 146 atti di pirateria, 28 dei quali sono stati portati a termine. Uno di quali ha interessato direttamente l’Italia ed è avvenuto l’11 aprile scorso con la cattura del ‘Buccaneer’ e di 10 cittadini italiani. Dal dicembre 2008 oltre alla missione NATO è in corso nel ‘mare dei pirati’ anche una missione antipirateria dell`Ue denominata ‘Atalanta’. Le due missioni hanno lo scopo di contribuire alla deterrenza e alla repressione degli atti dei pirateria al largo delle coste somale. Dal giugno del 2008 ad oggi le forze navali militari internazionali, a cui contribuiscono con mezzi e uomini oltre 30 Paesi, hanno fermato 555 pirati: 343 sono stati rilasciati e 212 processati per pirateria mentre altri 11 sono stati uccisi. Successivamente le due missioni son state dall`area del Golfo di Aden fino all`arcipelago delle Seychelles nell`Oceano Indiano perché anche i pirati hanno allargato il loro raggio d’azione. Secondo il centro di monitaraggio internazionale sulla Pirateria, l`attività dei predoni del mare è in netto espansione e aumento anche nel Mar della Cina, nello stretto di Malacca e nello stretto di Singapore. Nei primi mesi del 2009 con 10 arrembaggi andati a buon fine è stato superato il record di 9 realizzati nel 2005. un fenomeno questo che comunque rimane molto inferiore a quella dei predoni attivi al largo delle coste somale e in Africa. Le due attività criminali sono distinte anche per il fatto che i pirati asiatici raramente trattengono navi e equipaggio arrembati come ostaggi. Cosa che invece fanno quelli somali che poi li rilasciano solo se viene pagato un riscatto e anche dopo mesi e mesi di estenuanti trattative senza dare mai segni di cedimento.
Ferdinando Pelliccia