Dalla padella dell’usura alla brace della burocrazia è una delle più celebri affermazioni, nelle battaglie quotidiane in difesa delle vittime, del prof. Francesco Petrino, presidente dello SNARP che ci spiega qui di seguito il fenomeno dell’usura e i rimedi “antiusura”.
Per la gente comune l’usura ha un significato del tutto incomprensibile, che rimane tale sino a quando accade di trovarsi nella condizione di ricorrere a un certo e oscuro amico. Completamente diverse sono invece le circostanze che inducono imprenditori e professionisti a ricorrere al credito alternativo a quello convenzionale. Mentre per il nucleo famigliare il ricorso all’usura avviene solo in circostanze straordinarie, per risolvere problemi che la normale redditività non consente di appianare, per gli imprenditori e i professionisti il meccanismo del ricorso all’usura scatta, quando per una qualsivoglia ragione si ritrovano incagliati verso la banca che gli ha dato credito, quando si accumulano rate insolute di mutuo o vengono revocati i crediti affidati. In pratica si diviene potenziali vittime di usura a partire dal momento in cui il proprio nominativo viene censito dalla Banca Dati CRIF o dalla Centrale Rischi di Bankitalia o ancora nella Centrale di Allarme Interbancario, anche quando si è incorsi nel semplice caso che un proprio assegno è risultato impagato a prima presentazione, o sia stato richiamato dal suo presentatore per accordi col debitore. La situazione di affidabilità peggiora poi se l’imprenditore o il professionista sono incorsi in protesti di assegni o cambiali. In pratica, per il sistema bancario e finanziario del nostro paese, ai cittadini, alle imprese e ai professionisti i cui nomi finiscono nelle predette Banche Dati,indipendentemente dal loro patrimonio e dalle loro capacità reddituali, non viene data alcuna possibilità di appello, poiché sino a quando i loro nomi risultano nella lista nera sono e saranno letteralmente inibiti ad ogni operatività col sistema bancario. Fatto più grave, che, mentre per gli evasori fiscali, per coloro che incorrono in abusi edilizi e per una infinità di reati o condannati a detentive fino a tre anni, sono previste sanatorie, condoni e indulti che fanno sparire ogni traccia degli eventi e consentono a questi soggetti piena operatività, per i malcapitati dei protesti la situazione diviene drammatica, poiché non viene loro consentito alcuna possibilità di operare con e tramite banche, neppure volendo operare con mezzi e soldi propri. anche quando sono in grado di dimostrare di avere assolto al pagamento dei titoli finiti in protesto. Problema per il quale,l’ABI e le banche tutte, si ostinano a negare soluzioni obbiettive. Va considerato che le banche sono gli unici soggetti abilitati dalla legge alla raccolta dei risparmi e al reimpiego col credito. La situazione non è cambiata neppure quando nell’estate del 2006 è intervenuto il famigerato decreto Bersani n.248/2006 che col suo art.35, comma 12, obbligava gli italiani,a effettuare tutti i pagamenti tramite banca, carte di credito o bancomat, per consentire la tracciabilità e limitava sotto la soglia dei 500 euro ogni pagamento con l’utilizzo di contante. Subito dopo la pubblicazione dell’anomalo decreto di stampo sovietico nella G.U., in qualità di presidente del Centro Studi SNARP, mi premurai di inviare un interpello ai ministri Visco e Bersani, oltre che all’ABI, per segnalare che in Italia, oltre sei milioni di cittadini e imprese sono costretti ad operare in modo sommerso, solo perché, in modo del tutto incostituzionale, sono esclusi dalla possibilità di operare attraverso le banche. Per il conseguimento delle finalità che si proponeva la legge e nell’interesse del sistema tributario sarebbe stato opportuno, imporre l’obbligo alle banche di aprire speciali conti correnti per i protestati o censiti nelle banche dati, al fine di consentire l’operatività fondamentale di ricevere ed emettere bonifici, effettuare il versamento degli assegni e prelevare per cassa le somme una volta maturate anche a mezzo bancomat. Operazioni che senza alcun rischio avrebbe consentito una fonte di redditività per le banche, e avrebbe consentito al fisco di recuperare quell’emersione di grande appannaggio degli usurai, i quali trattengono il 5% dell’importo, equivalente al tasso di interesse annuo del 1825%, solo per liquidizzare un assegno a vista, che ai soggetti privi di conto corrente non è consentito incassare. Un problema che vede coinvolti oltre sei milioni di protestati, oltre 15 milioni censiti nella CRIF e nella Centrale Rischi, più di 20 milioni di cittadini dunque ai quali è preclusa l’operatività. Poiché i ministri non si sono degnati di alcuna risposta e né presero alcuna iniziativa solutoria del problema lamentato, appare evidente che il loro unico obbiettivo era quello di mettere sotto assedio e spremere ulteriormente la classe produttiva più rappresentativa del paese, la quale rieleggendo Berlusconi a premier è stata premiata con la cancellazione dell’iniquo provvedimento. L’ABI ha risposto dopo qualche mese, con una lettera del direttore generale,dove assicurava lo studio del caso, ma sino ad oggi nulla è cambiato. Anzi no! Poiché dopo la mia sollecitazione, il Consorzio Patti Chiari di emanazione ABI, costituito da circa 150 Banche, ha istituito si “il conto corrente di base”, che nella sua struttura è l’equivalente di quello da me richiesto in favore dei malcapitati, ma si dà il caso, che tutte le volte che ho trasmesso richieste in favore di soggetti per i quali tale tipo di conto sarebbe stato istituito, le banche non hanno mai ritenuto opportuno aprirlo, neppure quando ho fatto prioritariamente dichiarare agli interessati che non avrebbero richiesto il libretto degli assegni, e che avrebbero operato solo con mezzi propri. Ma veniamo al nocciolo del problema, con queste premesse e limitazioni, risulta inevitabile che in situazioni di bisogno, chi non può disporre di soluzioni convenzionali sia costretto a ricorrere a soluzioni estreme. E dopo essere finito nelle mani degli usurai,comincia per i malcapitati un periodo di più o meno lunga agonia,in dipendenza della durata del rapporto e soprattutto della dipendenza economica del soggetto malcapitato. In qualità di presidente e fondatore dello SNARP, dopo avere promosso la legge 480 riabilitativa dei protesti di cambiali approvata dal parlamento il 15/11/1995, ho altresì collaborato con il parlamento per il perfezionamento del progetto antiusura, la cui legge 108 è stata approvata l’8 marzo 1996, con la quale, anche in virtù delle relazioni del Centro Studi SNARP, è stato istituito il fondo di solidarietà per concedere mutui decennali a tasso zero alle vittime e il fondo di prevenzione, per evitare il credito illegale che all’epoca si calcola attanagliava oltre 4 milioni di soggetti e fruttava agli usurai un fatturato pari a quello della Fiat. L’approvazione della legge antiusura è intervenuta mentre su Rai Tre era in corso un dibattito sul problema nella trasmissione”Tempo Reale” condotta da Michele Santoro, nella quale io e l’economista Alan Fredman per circa due ore abbiamo spiegato agli italiani i benefici che sarebbero derivati da questa rivoluzionaria legge, che finalmente istituiva per la prima volta “i tassi soglia“, limiti oltre i quali sarebbe scattata l’usura ed istituiva il Commissario di Governo per la lotta all’usura e al racket. Ma, le modalità di attuazione della legge da parte della magistratura e la burocrazia amministrativa con cui sono state trattate le domande, così come l’indebito utilizzo dei fondi di prevenzione, hanno affievolito completamente il mio entusiasmo, anche dopo l’istituzione della legge n. 44/99 che ha introdotto la possibilità di ottenere la sospensione dei termini esecutivi per 300 giorni e di tre anni per quelli fiscali, sino all’esito dei giudizi penali incardinati a seguito di denunzie delle vittime.Poiché il Ministero dell’Interno anno dopo anno ha fatto costosissime campagne informative sulla legge anti-usura e anti-racket per esortare i malcapitati dell’usura e del racket a sporgere denunzia per essere protetti dalle istituzioni, ho avuto modo di istruire e seguire circa oltre un migliaio di denunzie, col risultato che, pur in presenza della documentata consistenza di ipotesi di reato, almeno la metà delle stesse, rimaste per anni insabbiate, sono state archiviate per prescrizione dei reati; per circa il 40% delle denunzie è stata richiesta l’archiviazione, le cui opposizioni hanno condotto al rinvio a giudizio solo in una decina di casi; e per circa il 10% si sono ottenuti i rinvii a giudizio degli aguzzini con qualche condanna. Di contro,il 92% delle vittime che hanno denunziato i propri aguzzini non hanno mai ottenuto l’accesso ai mutui di solidarietà, anche quando gli usurai sono stati condannati, né è andata meglio per coloro che hanno invocato i fondi per la prevenzione, con cui viene garantito l’80% delle somme erogate, poiché gestiti dalle banche, nella maggior parte dei casi vengono concessi solo in favore di soggetti indebitati con le medesime, le quali così recuperano i loro crediti, ma spingono i malcapitati nelle braccia degli usurai. Va fatto notare che, la maggior parte delle denunzie sono state presentate per il reato di usura bancaria, fronte su cui la magistratura ha quasi sempre mantenuto un atteggiamento di notevole distacco, evidentemente perché considera usura, solo quella praticata da chi non espleta attività bancaria, e perfettamente legale invece l’usura praticata dalle banche dopo l’uscita della contestata legge n. 24/2001 di interpretazione autentica della precedente legge n. 108/96, che autorizza il sistema creditizio ancora oggi a percepire interessi alle condizioni stipulate sui contratti antecedenti al 1996, frequentemente a tasso superiore al 40% annuo. Ma tornando alle vittime, divengono ancora più vittime dopo la presentazione delle denunzie, rimangono isolate più di prima, e tenute a debita distanza dalle banche e dagli usurai, mentre le richieste di accesso al fondo di solidarietà si sono rivelate un autentico fallimento, poiché la maggior parte dei soggetti ammessi, hanno richiesto 100 ed hanno ottenuto delibere per 20, ma anche per ottenere i 20 sono passati mesi, se non addirittura anni. Potrei citarne tanti, ma mi limito al caso più scottante del giorno, quello del sig. Giuliano di Orvieto, vittima di usura, ma con procedimento penale archiviato dopo sette anni per prescrizione, nel frattempo ha vissuto la svendita all’asta della sua casa, ha visto la delibera di un mutuo per un centinaio di migliaia di euro del fondo antiusura con l’erogazione però del solo 50%, e la svendita all’asta dello stabile in cui esercitava la sua attività. Le reiterate sollecitazioni alla prefettura di Terni e all’Ufficio del Commissario di Governo sin dall’estate scorsa che avrebbero potuto salvare l’immobile in cui lavora, sono rimaste prive di esito, così che il malcapitato ha perso tutto definitivamente. Identica sorte è toccata a Franco imprenditore di Udine, vittima di usura ed estorsione a cui, dopo il diniego delle sospensioni delle esecuzioni per la burocratica gestione della prefettura e dei giudici di Udine è stata venduta la casa e lo stabilimento. Allo stesso modo è capitato al professionista di Frosinone dott. Augusto, vittima di usura ed estorsione per circa 500.000 euro, al quale sono stati rifiutati tutti i benefici di legge perché il P.M. aveva espresso parere negativo, col risultato della recentissima svendita della sua casa di abitazione, anche dopo che l’usuraio è stato condannato a tre anni di detenzione. Situazioni comuni a quelle di Giuliano, Franco e Augusto sono numerosissime soprattutto per la lungaggine burocratica, prima delle prefetture delegate alla gestione amministrativa delle domande e poi del Comitato Consap, istituito presso il Ministero dell’Interno. Peggio ancora l’iter per ottenere la sospensione dei termini esecutivi, che in passato hanno consentito il salvataggio di molte gravi situazioni. Difatti dopo la pronuncia della Corte Costituzionale n.457 del 14/12/2005, che ha attribuito al giudice delle esecuzioni il potere di concedere le sospensioni, si è rivelato del tutto inutile l’iter che prevedeva la domanda al prefetto per l’emissione del decreto che autorizza la sospensione, subordinata però all’acquisizione del parere positivo del presidente del tribunale e di quello del pubblico ministero designato all’istruttoria delle denunzie, col risultato, che, anche in presenza di tutti i tre i pareri positivi, i giudici delle esecuzioni si ostinano a rigettare le richieste di sospensione delle esecuzioni e delle scadenze fiscali, dando così impulso ad illegittime espropriazioni di interi patrimoni, calpestando ogni diritto che compete alle vittime, che si ritrovano beffate e ingannate. Tutto questo, mentre per la crisi che ha investito l’economia mondiale, nell’ultimo anno è aumentato del 27% l’indebitamento delle famiglie, è cresciuto del 32% il numero dei soggetti costretti a ricorrere agli usurai, ed è paurosamente aumentato il numero dei suicidi per debiti dai 197 del 2004, a 218 nel 2005, a 254 nel 2006 e a 286 nel 2007,rispetto ai 1419 casi registrati nel decennio precedente.

Prof. Francesco Petrino