Oggi un anno dalla fine del sequestro da parte dei pirati somali del rimorchiatore italiano Buccaneer. Il 9 agosto del 2009 arrivava il tanto sperato annuncio: “Tutti i 16 membri dell`equipaggio del Buccaneer, il rimorchiatore italiano sequestrato l`11 aprile scorso dai pirati somali nelle acque del Golfo di Aden, sono stati rilasciati”. A farlo la Farnesina aggiungendo che non era stato pagato alcun riscatto…
Il Buccaneer, un rimorchiatore battente bandiera italiana, venne sequestrato un sabato mattina nel Golfo di Aden: era la vigilia di Pasqua del 2009. La nave imbarcava 16 marittimi come membri del suo equipaggio, oltre a dieci italiani, anche un marinaio croato e i cinque rumeni. Come sempre accade in caso di attacco dei pirati è la prima unità navale da guerra più vicina ad accorrere in soccorso della nave arrembata. Allora fu la Fregata Maestrale della Marina Militare italiana a dirigersi immediatamente verso il luogo del sequestro, ma ormai era troppo tardi. L’unità navale militare era in zona perché operativa nell’ambito di una missione internazionale anti pirateria marittima, la missione europea ‘Atalanta’. Una missione iniziata nel Corno d’Africa nel mese di dicembre del 2008. Il rimorchiatore italiano era stato abbordato dai pirati somali nella zona di competenza, a circa 70 miglia a Sud est di Aden mentre trainava due bettoline diretta da Singapore verso Suez. Nel momento dell’assalto il comandante del Buccaneer non ebbe il tempo di lanciare l`sos: per lanciare l`allarme con una e-mail alla società armatrice del rimorchiatore passarono molte ore. Società che è la ‘Micoperi Marine Constructors’ di Ravenna, il cui titolare è Silvio Bartolotti che aveva acquisito l’azienda dopo che negli anni ’80 ci fu prima lo smembramento della Micoperi e il suo commissariamento e infine la sua messa in liquidazione. Anche il Bartolotti ha sempre affermato che nessun riscatto è stato mai pagato per il rilascio del Buccaneer e dei suoi membri dell’equipaggio…
Degli uomini che facevano parte dell`equipaggio del rimorchiatore `Buccaneer`, dopo aver saputo chi fossero, piano piano si sono conosciute anche un pò le loro storie. Storie di gente semplice a cui il mare ha dato lavoro e a cui hanno dedicato parte della loro vita. Un lavoro che li ha portati lontani da casa per mesi. Per il loro rilascio i pirati somali, come sempre accade in caso di un sequestro di una nave, chiesero da prima 30 milioni di dollari, ma poi, dopo estenuanti trattative, erano decisi ad accontentarsi anche solo di 3 milioni di dollari. Mai però, avrebbero rilasciato nave e uomini senza una contropartita. E’ solo pagando un riscatto che finora si sono sempre conclusi i sequestri di navi da parte dei pirati somali nell’Oceano Indiano. Unica eccezione quando sono intervenute forze speciali, inviate dai Paesi interessati, che hanno compiuto blitz e liberato ostaggi. Di fronte a questa emergenza si sono verificate tante strane situazioni sia durante il sequestro sia dopo. Sui mari del mondo navigano circa 50mila mercantili e di questi 22mila transitano, ogni anno, al largo del Corno d`Africa. Duemila sono cargo a cui sono legati interessi italiani e 600 battono il tricolore. Il rischio che un sequestro prima o poi avrebbe interessato anche ad una nave italiana era alto. Durante tutti e quattro mesi che è durato il sequestro del Buccaneer e dei suoi uomini a vigilare su tutto la nave militare italiana anfibia `San Giorgio`. Sarà proprio questa nave che raccoglierà la prima comunicazione degli ostaggi che annunciava che erano stati liberati e poi, li recupererà. Mentre si concludeva felicemente l`avventura del rimorchiatore italiano Buccaneer. Il 10 agosto Andrew Mwangura rivelava alla Reuters che i sequestratori del Buccaneer avrebbero incassato un riscatto di cinque milioni di dollari. Più di quanto chiedevano. La fonte è attendibile. Mwangura dirige da anni la ‘East African Seafarers Assistance Programme’, Easap, un gruppo non profit che offre assistenza umanitaria a tutti i naviganti. Mwangura infatti, ha fatto da tramite tra pirati e proprietari di navi in numerosi sequestri ed è una delle fonti primarie di informazioni sulla moderna pirateria al largo delle coste africane, anche perché gode della fiducia di tutte le parti coinvolte nei sequestri di navi. Inoltre, quasi a voler avvallare le parole di Mwangura, ci sono le parole pronunciate da uno dei pirati che al telefono alla Reuters annunciò: “Abbiamo ricevuti i soldi e abbiamo liberato il rimorchiatore”. Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini ha sempre affermato che il Buccaneer è stato rilasciato dopo ‘un lavoro eccezionale’ da parte delle autorità somale e dei servizi segreti italiani. Anche la Micoperi proprietaria del Buccaneer, ha sempre dichiarato che l`imbarcazione non è stata liberata in seguito al pagamento di un riscatto. Comunque sia andata, anche se fossero solo 4 i milioni pagati dall’Italia per far rilasciare dai pirati somali la nave Buccaneer e il suo equipaggio, come stabilito anche dalle indagini della Procura di Roma, condotte dal procuratore aggiunto Pietro Saviotti e dai Ros dei Carabinieri, dopo la cattura del rimorchiatore italiano qualcosa cambio nel ‘mare dei pirati’. Nelle acque al largo della Somalia il pericolo continua e continuerà ad esserci.
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Proprio in questi giorni è disponibile il libro «Quel maledetto viaggio nel mare dei pirati – Tutto quello che non è stato detto sul sequestro del rimorchiatore italiano “Buccaneer”» di cui una parte del ricavato andrà a favore dei marinai del Buccaneer rimasti disoccupati e con famiglie a carico.
Di fatto è il racconto dell`esperienza vissuta in prima persona, dal 11 aprile 2009 fino al 9 agosto successivo, quando la nave ostaggio dei pirati, dopo quasi 4 mesi, venne rilasciata dietro il pagamento di un forte riscatto. Il libro raccoglie ricordi, emozioni, sensazioni, vissute da uno dei marittimi del Buccaneer, in quei 4 mesi di prigionia. Una ricostruzione della vicenda che avviene anche attraverso gli articoli (quasi un centinaio) pubblicati dagli autori del libro, Gaetano Baldi, Ferdinando Pelliccia e Daniela Russo, sul web e sulla rivista LiberoReporter, oltre alla viva testimonianza dei parenti degli ostaggi di origine campana; parenti che da quel 11 aprile 2009, hanno ricevuto sostegno e linfa per 4 mesi, tanto quanto è durato il sequestro, in un vortice di conversazioni telefoniche e incontri, che spesso sono serviti per domare la rabbia, la frustrazione e la disperazione di quei 119 giorni da incubo. Particolari inediti fanno da corollario al racconto, il tutto anticipato da una eloquente introduzione per far comprendere, anche a chi si accosta per la prima volta, il complesso e delicato argomento trattato. Un`introduzione in cui alcuni concetti vengono riaffermati più volte, non come una semplice ripetizione ma come una sottolineatura e implicita denuncia, senza strumentalizzazioni politiche ma attenendosi strettamente ai fatti, contrariamente a quanto di solito accade.

Ferdinando Pelliccia