MOGADISCIO – La Somalia è ormai un Paese al collasso assediato come è dalle milizie islamiche integraliste, al Shabaab e Hizbul Islam. Oltre alla debolezza militare il governo federale di transizione somalo, Tfg, evidenzia anche una marcata crisi politica interna sfociata nelle recenti dimissioni del premier somalo Omar Abdirashid Sharmarke. Un fatto questo che ha ulteriormente indebolito l’esecutivo somalo proprio nel momento in cui era invece, richiesta la massima coesione in quanto è in corso dallo scorso 23 agosto una violenta offensiva delle milizie islamiche a Mogadiscio. Una grande offensiva che è successiva a quella già lanciata nel mese di maggio del 2009 per, come affermano da tempo, eliminare i cristiani invasori e il loro governo apostata. Anche oggi si combatte in città. In verità sono ormai tre giorni che si combatte ininterrottamente a Mogadiscio. Nella capitale somala è in corso una battaglia tra miliziani di al Shabaab, il gruppo integralista islamico filo al Qaeda, da un lato e i soldati governativi e le truppe della missione di pace dell`Unione Africana, Ua, ‘African Union Mission for Somalia’, Amisom, dall’altro. I combattimenti si sono intensificati nel corso della notte e sono particolarmente intensi nel quartiere periferico di Taribunka e nel distretto di Hodan. Si tratta di fatto della conseguenza di un contrattacco delle truppe del contingente africano e di quelle leali al governo di transizione somalo. I militari stanno attaccando la sede dell`ex centrale del latte di Mogadiscio in cui i miliziani hanno stabilito una loro base. In questi ultimi giorni i peacekeeper dell’Amisom sono riusciti a guadagnare terreno strappando ai ribelli interi quartieri di Mogadiscio. Ieri invece, erano stati i ribelli islamici a sferrare un attacco contro il palazzo presidenziale somalo e il porto, che insieme all’aeroporto e pochi quartieri della capitale sono controllati dal governo e di fatto sono l’unico bastione rimasto nel Paese sotto il controllo del tfg. Il resto della Somalia, da nord a sud, da est a ovest, è tutto in mano agli integralisti islamici. Questo rende, quella che si combatte a Mogadiscio, l’ultima battaglia per la Somalia tra al Shabaab e tfg. Chi soccomberà sarà completamente spazzato via dal Paese in quanto innescherà un irreversibile processo o di islamizzazione del Paese africano o di rivalsa del Tfg. Quest’ultima ipotesi appare sempre meno probabile in quanto il Tfg, seppure sostenuto dalla comunità internazionale, è debolissimo. Il governo di transizione di fatto resta ancora all’impiedi solo grazie al fatto che a Mogadiscio vi è il contingente militare dell’Amisom. Un contingente di circa 7mila uomini composto in gran aorte da soldati ugandesi, almeno 5mila, e burundesi che frapponendosi tra i ribelli e il governo costituisce di fatto l’unico ostacolo alla loro vittoria finale. Da giorni ormai i distretti di Hodan e Holwadag, nella parte sud di Mogadiscio, e Bondere e Shibis nella parte nord di Mogadiscio, sono l’epicentro degli scontri. Perderne il controllo per il Tfg sarebbe una rovina in quanto sono strategici per i collegamenti e la logistica. Attraverso essi infatti, passa una strada di grande comunicazione utilizzata per gli spostamenti e i rifornimenti. I soldati dell`esercito somalo e quelli dell`Ua la stanno difendendo con le unghie e denti. Da questo si intuisce facilmente che gli scontri in corso sono violentissimi e purtroppo ne fanno le spese anche i civili. Nei soli ultimi tre giorni sono stati uccisi almeno 8 civili e alcune decine sono rimasti feriti. E’ un vero e proprio bagno di sangue che coinvolge i civili somali. Nessuno è risparmiato tantomeno le donne e i bambini. Spetta però, all’inizio di ottobre il primato per i morti tra i civili quando sono rimasti uccisi in un sol giorno decine di persone. Il maggior tributo di sangue è stato dato al mercato di Bakara, considerato una roccaforte dei ribelli somali. Per dare un’immagine della situazione si pensi che una conseguenza di questa lunga scia di sangue è il collasso degli ospedali della capitale. Il numero dei feriti che vi giungono è così alto che ormai non c’è più posto nelle strutture. Un recente rapporto relativo al solo ospedale di Daynile, redatto da ‘Medici senza frontiera’, Msf, ha messo in risalto la gravità della situazione. Secondo il documento dal 23 agosto ad oggi nel nosocomio sono stati ricoverati oltre 500 feriti, 370 dei quali per ferite causate da esplosioni e 130 da arma da fuoco. Sono state oltre 200 le operazioni chirurgiche effettuate. Altra conseguenza dello scontro in atto è l’inesorabile abbandono della Somalia da parte della sua popolazione. Stanno aumentando sempre di più il numero dei rifugiati e degli sfollati. Secondo un recente rapporto reso noto dall`Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, IOM, i Paesi confinanti con la Somalia sono praticamente ‘invasi’ da migliaia di somali in fuga dal dramma della guerra. Nel 2008 erano più di 1600 le persone che ogni mese attraversavano il confine con il Kenya e l’Etiopia. Un flusso consistente che è poi, aumentato in maniera esponenziale nel 2009 e nel 2010 mostra un picco da capogiro. Per porre fine a tutto questo purtroppo non si esiste altra soluzione che la caduta del governo somalo il cui debole esecutivo non sembra nemmeno più in grado di mantenere serrate le file al suo interno. A settembre il primo ministro Omar Abdirashid Sharmarke si è dimesso. A provocarle profondi dissidi con il presidente somalo Sheikh Sharif Ahmed. Un fatto questo che non giova di certo alla credibilità del governo agli occhi della popolazione somala sempre più sfiduciata e ormai rassegnata. Una situazione, quella somala, che preoccupa seriamente gli Stati Uniti e la comunità internazionale che sono i principali sponsor del Tfg. Preoccupa in particolare l`Italia, il cui impegno è alto in Somalia sia economicamente, decine di milioni di euro devoluti al Tfg negli ultimi anni, sia sul piano diplomatico, promuovendo una cooperazione politica, in particolare nella lotta al terrorismo e alla pirateria marittima. L`Italia è inoltre impegnata nell`addestramento delle forze dell`ordine somale, nel quadro del rafforzamento istituzionale. Il 27 settembre scorso a Madrid si è tenuta una riunione del Gruppo di Contatto internazionale per la Somalia. Gruppo costituito su iniziativa dell’Italia lo scorso anno. Ai lavori ha partecipato anche il capo di stato somalo Sheik Sharif Ahmed. Nella capitale spagnola si è parlato soprattutto del rafforzamento della Amisom che è l’unica garanzia certa per la sopravvivenza del Tfg. La sua presenza a Mogadiscio è di circa 7mila baschi verdi dell’Ua. A Madrid è stato stabilito di portarli a 8mila uomini, con l`invio di un nuovo battaglione dal Burundi. L`obiettivo è però di raggiungere 20mila soldati, come inizialmente stabilito nel 2007. Un aumento che mira a rendere il contingente in grado di ripristinare il controllo del governo anche fuori dalla capitale. A Madrid dal gruppo di contatto venne anche un forte appello all`unità dei somali contro le milizie integraliste dopo le recenti divisioni emerse in seno allo stesso governo di transizione e ad allargare la politica di riconciliazione nazionale, verso i capi clan, i capi religiosi, le elite locali moderate. Pochi giorni prima il 23 settembre si era invece, tenuto a New York un mini-summit sulla Somalia presieduto dal segretario generale dell`ONU, Ban Ki-moon a margine della 65esima sessione dell`Assemblea Generale. Durante il vertice venne adottato un documento comune sui principali punti della strategia internazionale sulla Somalia: tra questi, la collaborazione con il governo provvisorio per rompere la spirale di instabilità che avvolge il Paese, il richiamo a una maggiore coesione all`interno delle autorità somale affinché lavorino insieme per la pace e la stabilità, il riconoscimento del contributo positivo delle organizzazioni regionali africane, soprattutto di Unione africana e Intergovernmental Authority on Development, Igad; venne poi, espresso apprezzamento per Uganda e Burundi, che hanno fornito truppe e attrezzature alla missione africana in Somalia. In quella sede si fece riferimento anche alla difficile situazione umanitaria e venne ribadita la minaccia portata dalla pirateria marittima al largo della Somalia. La comunità internazionale riconobbe l`impegno del governo somalo nell’affrontare il problema, nel contesto del gruppo di contatto sulla pirateria. Un significativo segnale dell’aggravarsi della situazione in Somalia è dato dal fatto che il confinante Kenya ha rafforzato i controlli al confine con la Somalia. La ‘stretta’ degli al Shabaab al Tfg si vede anche dal fatto che i ribelli somali hanno avvisato le popolazioni delle regione nel sud del Paese di non usare la moneta emessa dal governo centrale promettendo azioni contro chi non rispetterà tali ordini.
Ferdinando Pelliccia