Dalla Russia è salpata in questi giorni alla volta della Somalia una forza navale militare. Lo scopo della missione è quello di pattugliare i mari infestati da pirati al largo delle coste del Paese africano e scortare le navi commerciali in transito nel Golfo di Aden e al largo del Corno d`Africa. La task force russa è guidata dal cacciatorpediniere classe Udaloy, ‘Northern Fleet Severomorsk’ che ha lasciato la sua base nel nord della Russia l`8 maggio scorso. Ad accompagnare, nel suo viaggio verso il Golfo di Aden, la piccola flotta navale russa anche la nave cisterna ‘Yelnya’ della Flotta del Baltico e un rimorchiatore dalla flotta del Mar Nero. L’arrivo nel mare dei pirati è previsto per la prima metà del mese di giugno. La marina militare russa è presente al largo della Somalia a partire dall`ottobre 2008, con navi da guerra che operano su una base di rotazione. Il primo ‘contatto’ con i pirati si ebbe nel novembre dello stesso anno quando la Fregata ‘Neustrashimy’ insieme alla Fregata inglese ‘Cumberland’, sventò l’attacco ad un mercantile danese. L`ultima missione russa anti-pirateria nel Golfo di Aden è stato effettuato da una task force guidata dal cacciatorpediniere ‘Ammiraglio Vinogradov’. Una missione che è durata quattro mesi e che si è conclusa il 17 aprile scorso. Una task force che ha scortato ben 14 convogli di navi mercantili. Nel mare dei pirati, oltre alle navi da guerra russe, operano anche quelle di decine di altri Paesi o nell’ambito di missioni internazionali o in forma indipendente come appunto la Russia. Purtroppo l’azione di contrasto ai pirati somali da parte di queste flotte navali internazionali è servito solo a far allargare il raggio di azione. I predoni del mare infatti, ‘disturbati’ dalla lor presenza sono andati a cercarsi aree più tranquille dove svolgere la loro attività criminale. Quella piratesca è infatti, considerata a tutti gli effetti tale. Il 27 aprile scorso infatti,
il Consiglio di Sicurezza dell`ONU ha chiesto a tutti gli Stati del mondo di criminalizzare la pirateria’ adottando apposite leggi negli ordinamenti nazionali per poter perseguire legalmente i pirati catturati a largo delle coste somale. E’ proprio la mancanza di una giurisdizione internazionale a vanificare in parte l’azione di contrasto alla pirateria marittima da parte della comunità internazionale. La repressione degli atti di pirateria marittima infatti, è un crimine di carattere internazionale e per combatterlo sono previste una serie di convenzioni internazionali. E` proprio l`art. 110 della convenzione del 1982 a dare base giuridica alla polizia dell`alto mare, Maritime Law Enforcement, che dà alle navi da guerra in acque internazionali poteri di imperio che comprendono il diritto di ispezionare i mercantili, fermarli e reprimere gli atti di pirateria: compreso l`arresto ed il processo dei pirati. Di recente poi, alla più specifica `Convenzione del Diritto del Mare del 1982` si sono affiancate tre risoluzioni dell`ONU, 1814, 1816 e 1846, che consentono alle navi da guerra, di qualsiasi nazionalità, di intervenire anche se la nave attaccata non ha la stessa bandiera e di arrestare e giudicare i pirati. Ad esse sono poi seguite altre che autorizzano anche al ricorso alla forza, la 1838 e la 1897. E’ opinione di molti però, che siano le regole d’ingaggio, a cui sono vincolate le navi delle flotte antipirateria, a limitare molto questa azione di contrasto e che pertanto, questo contrasto non avrà mai modo di poter spazzare via la pirateria. I militari infatti, non possono arrestare i pirati somali se manca la flagranza di reato e quando invece, i pirati vengono colti con le mani nel sacco non è certa la pena. Il problema pratico è quello di riuscire ad intervenire immediatamente, nei minuti successivi ad un tentativo di assalto, prima che i pirati riescano a prendere il controllo della nave mettendo da quel momento in pericolo, in caso d’intervento, l’incolumità del battello e la vita stessa dei membri dell’equipaggio. Se catturati i pirati somali in genere vengono consegnati alle autorità del Kenya. Il Paese africano ha concluso un accordo giudiziario con l`Unione europea per trattare questo genere di vicende quando sono coinvolti i somali e indire i processi a carico dei pirati catturati. L`apposito tribunale di Mombasa viene finanziato anche dall`ONU, Australia e Canada. Risulta che le navi delle flotte internazionali dal mese di agosto 2008 e fino a maggio 2010 hanno arrestato almeno 1.090 presunti pirati, mentre 480 sono stati detenuti o trasferiti per il procedimento penale. Risulta anche che sono stati uccisi almeno 64 pirati somali e almeno 24 sono rimasti feriti. Secondo Ecoterra sono almeno 42 le navi e almeno 700 i marittimi di diverse nazionalità, membri degli equipaggi di queste navi catturate, che sono trattenuti in ostaggio dai pirati somali in Somalia in attesa che venga pagato un riscatto per il loro rilascio. Di queste navi due battono il tricolore e tra i marittimi ostaggi ben 11 sono italiani.