Margherita Boniver ritorna nel Corno d`Africa e ci riprova. Da domani 4 luglio e fino al 6 luglio prossimo l’inviato speciale per le emergenze umanitarie del Ministro degli Esteri, Franco Frattini effettuerà una missione diplomatica. Lo scopo è quello di voler rafforzare il coordinamento internazionale nella lotta alla pirateria. Inoltre, ancora una volta agevolare in qualche modo il rilascio degli equipaggi e delle due navi italiane attualmente ostaggi dei pirati in Somalia. Si tratta della petroliera Savina Caylyn, catturata l`8 febbraio scorso con 22 membri di equipaggio, di cui 5 italiani e 17 indiani, e la motonave Rosalia D`Amato, catturata il 21 aprile scorso insieme all’equipaggio di 21 marittimi, 6 italiani e 15 filippini. Una missione durante la quale la Boniver farà tappa a Dar es Salaam in Tanzania e a Gibuti dove incontrerà le più alte cariche istituzionali e governative. Saranno di certo incontri bilaterali costruttivi con cui saranno rafforzati i rapporti dell’Italia con la Tanzania e Gibuti. Un rafforzamento specie nel contrasto alla pirateria marittima al largo della Somalia dove sono trattenute le due navi italiane e tenuti prigionieri anche gli 11 marittimi italiani. Però, sarebbe opportuno che l’inviato di Frattini si recasse direttamente dove sono trattenuti le navi e i marittimi italiani. Però, forse la Boniver nel Puntland non è ben accetta. Non si tratta infatti, della prima volta della Boniver come inviato nella regione per trattare, dal punto di vista diplomatico, la questione pirateria. L’inviata della Farnesina vi è già stata in occasione di un precedente sequestro, quello del rimorchiatore italiano Buccaneer avvenuto nel mese di aprile del 2009. Allora si recò in Somalia nel mese di maggio di quell’anno senza però riportare buoni risultati. Fu in quella occasione che si recò anche nel Puntland, lungo le cui coste si è ormai costituita una moderna Tortuga legata a nomi di porti come quelli di Ely, Harardhere, Las Qurey e Bossaso e al largo del quale sono alla fonda le due navi italiane. La Boniver ebbe un alterco con il presidente della regione, Abdullahi Faroleh, che fino ad allora si era impegnato in prima persona in un tentativo di mediazione tra governo italiano e sequestratori. La Boniver inspiegabilmente accusò Faroleh di connivenza con i pirati e lo minacciò. L’Italia dava un ‘calcio’ ad un amico perdendolo e lasciando spazio invece, a terze persone di poter trattare per il rilascio della nave e degli ostaggi italiani. Alla fine i pirati somali si sarebbero accontentati di molto di meno dei 4 mln di dollari che ricevettero come riscatto. Inoltre, l’Italia avrebbe potuto risparmiare gli altri mln che sarebbero andati sparpagliati tra sedicenti mediatori e improbabili funzionari del governo somalo. Comunque sia la venuta della Boniver nel Corno D’Africa è vista positivamente. Almeno accende una nuova speranza nella lunga e travagliata vicenda che vede, loro malgrado, protagonisti 11 cittadini italiani.
Ferdinando Pelliccia