In seguito all’articolo apparso ieri su LiberoReporter, `Rosalia D’Amato 4 mesi di prigionia. Pirata a bordo: «Non potete parlare con equipaggio»”, in cui riflettevamo su cosa effettivamente potesse fare il nostro Ministero degli Esteri, alla luce delle dichiarazioni di Frattini, in cui il capo della Farnesina dichiarava che non ci sarà alcuna trattativa con i pirati e che non è legale pagare un riscatto, preso atto inoltre che le missioni dei suoi emissari in Africa hanno raccolto un nulla di fatto, anche Nicola Verrecchia, figlio del Direttore di Macchina della Savina Caylyn, ha voluto dire la sua in merito e ribadire i concetti espressi nell’articolo, caricandoli della comprensibile amarezza che sta attraversando sia lui e la sua famiglia, al pari degli altri parenti dei marittimi sequestrati sull’imbarcazione. Eccovi qui di seguito la lettera che Nicola Verrecchia ci ha inviato.

[b]Gentile Direttore Baldi,
sono Nicola Verrecchia, figlio del Direttore di macchina Antonio Verrecchia, sequestrato da quasi sette mesi sulla Savina Caylyn.
Le scrivo in relazione all`articolo di ieri:`Rosalia D’Amato 4 mesi di prigionia. Pirata a bordo: `Non potete parlare con equipaggio`, per rimarcare e rafforzare alcuni concetti da voi esposti nell`articolo.
Sono trascorsi oramai quasi sette mesi, esattamente 196 giorni, e ad oggi nessuna certezza sulla durata di questo incubo, ma soprattutto cosa si intenda fare per “segnare il bersaglio” della liberazione degli ostaggi. Dall’8 febbraio scorso, ho sentito ripetere continuamente che la situazione è molto difficile, complicata, che tante persone stanno lavorando 24 h su 24 per risolverla. Invece, dal mio punto di vista è semplice: per riportare a casa i 22 uomini dell`equipaggio della Savina, basterebbe pagare la cifra che chiedono i pirati.
Ho letto molto di pirateria in questi mesi ed ho capito che quando c`è la effettiva volontà di dissequestrare una nave, senza gravi conseguenze per la vite umane coinvolte, un rapimento non si protrae per più di un paio di mesi, tempo necessario, in una negoziazione coerente, di accordarsi sul “prezzo” e stabilirne le modalità di consegna.
Per la liberazione della Savina Caylyn , da 196 giorni, non uno, ma ben due team distinti, stanno lavorando: lo Stato e l’armatore.
La domanda che ogni minuto dei 196 giorni di sequestro sta ossessionando la mia famiglia è questa: quali sono le modalità concrete per giungere ad una definitiva, quanto positiva, risoluzione del sequestro della Savina?
Scartando l’ipotesi del blitz militare, poiché al punto in cui si è della vicenda, avrebbe una percentuale di successo pari a zero, e che in Italia pagare riscatti non è legale, mi chiedo qual è allora il lavoro che, concretamente, tiene occupato, 24 h su 24, il gruppo di persone dell’unità di crisi della Farnesina?
Il Ministro Frattini nelle sue dichiarazioni afferma che quotidianamente i familiari sono informati dalla Farnesina sugli sviluppi riguardo il caso. Quali informazioni può aver sortito il suddetto lavoro, se sono trascorsi quasi 7 mesi e ci viene riferito ancora di spiragli, piccole aperture dei pirati… Spiragli!!!
L’ultima conversazione con l’Unità di Crisi risale al 10 agosto, mi informavano che una nave militare stava per essere dislocata per un monitoraggio più accurato alla Savina Caylyn. Al dodicesimo giorno da quella telefonata al ”monitoraggio accurato” della Savina Caylyn non fa riscontro alcuna notizia certa, nuova, più accurata insomma . Solo tramite il Vostro sito apprendo che la nave militare ha terminato la sua missione, lasciando le acque dei pirati.
Perché i ministri, sia Frattini che La Russa, nelle loro dichiarazioni, si preoccupano di mostrarsi politicamente corretti, ma dimenticano di menzionare l’invio di una nave per una perlustrazione durata solo poche ore?
Riguardo la società armatrice, il “Cavaliere” Luigi D’Amato non ha mai voluto personalmente incontrare noi familiari.
L’interlocutore preposto a ciò, il comandate sig. Pio Schiano, ha gestito i vari incontri con i familiari vestendo la maschera di chi si trova in un “gioco delle parti”: fa egregiamente la sua, trincerandosi spesso, all’incalzare delle domande , dietro un silenzio beffardo. Silenzio che annoda in un unico laccio, Stato e armatore; un laccio che per i familiari degli uomini della Savina Caylyn si palesa con la prosecuzione di una durissima prigionia nel corno d’Africa.
Il sig. Pio Schiano, in quasi sette mesi, non ci ha supportato con nessuna informazione oggettiva, nessuna documentazione che provasse le reali e sincere intenzioni dell’armatore di portare a conclusione la vicenda. Solo fumose e talvolta contraddittorie spiegazioni, che per ora hanno portato a un nulla di fatto. Esempio di ciò, il pagamento, come afferma il com. Pio Schiano, verrà elargito dall’assicurazione. Ma dice anche che la nave non è assicurata per atti di pirateria: come può un’assicurazione pagare anche se il relativo contratto non contiene clausole in merito?
Credo che se il Governo italiano lascia che sia un imprenditore privato a decidere della vita di 5 connazionali (l’armatore non essendo assicurato per gli atti di pirateria, difficilmente interverrà di tasca propria) e visto che il governo ha approvato una manovra economica di “tagli”, mi sento di proporre io un RISPARMIO DI SOLDI PUBBLICI: rinunciamo pure all’Unità di Crisi; il suo fallimento in questa vicenda è evidente.
Spero che le mie parole vengano smentite al più presto da una repentina liberazione che porti a casa sani e salvi tutto l’equipaggio della Savina Caylyn.

Distinti Saluti
Niicola Verrecchia[/b]