Si è conclusa in pochissimi giorni il sequestro della petroliera ‘MATTHEOS I’. La nave battente bandiera cipriota e di proprietà di una compagnia spagnola, la ‘Consultores de Navegacion’ con sede a Madrid, trasportava gasolio. Il rilascio è avvenuto ieri. Insieme alla nave rilasciati anche i 22 marittimi membri dell’equipaggio. Si tratta di cinque spagnoli della Galizia, due ucraini e un peruviano con cittadinanza anche spagnola e 14 filippini. I marittimi stanno tutti bene anche se durante l’assalto dei pirati uno di essi era stato leggermente ferito. La nave è ora in acque sicure al largo della costa della Nigeria. La conferma del rilascio è giunta dalla società armatrice e anche dal ministero degli Esteri spagnolo. La petroliera era stata catturata da 6 pirati a bordo di un barchino il 14 settembre scorso nel Golfo della Guinea al largo della costa del Benin in Africa occidentale. La cattura era avvenuta mentre erano in corso le operazioni di trasferimento del carico di gasolio ad un`altra petroliera di nazionalità norvegese. Il fatto che la vicenda si sarebbe risolta in pochi giorni era una certezza. Durano sempre pochissimo i dirottamenti di navi nel mare dell’Africa occidentale a differenza di quelli che si registrano dall’altra parte del continente africano nel mare al largo della Somalia. In questa parte del mondo, afflitta dal fenomeno della pirateria marittima, i pirati somali catturano navi ed equipaggio per ottenerne in cambio del rilascio riscatti milionari e sono disposti ad attendere mesi pur di raggiungere il loro scopo. Ai pirati dell’africa occidentale interessa ben poco ottenere un riscatto per loro è importante il carico delle navi catturate. In genere infatti, le imbarcazioni che cadono nelle loro mani sono petroliere che vengono poi, rilasciate dopo qualche giorno, giusto il tempo di trasbordarne il suo prezioso carico. Gasolio che viene poi, venduto al mercato nero. Fino a poco tempo fa il mare del West Africa sembrava immune al fenomeno della pirateria marittima. Nel 2010 non si erano registrati episodi legati ad esso, mentre nel 2011 sono state già sequestrata ben 19 navi. Negli ultimi mesi si sono registrati assalti quasi ogni settimana. Tentativi di assalto che sono portati da predoni del mare per lo più nigeriani. In Nigeria il furto di carburante è uno degli ‘sport’ nazionali più praticati. Il governo di Abja ha però, di recente attuato una dura repressione del fenomeno. Fatto questo che ha spinto i ‘ladri’ di carburante a spostarsi in mare. Questo potrebbe essere una spiegazione della escalation del fenomeno negli ultimi mesi. Nel solo giorno in cui è stata catturata la petroliera ‘MATTHEOS I’, il 14 settembre scorso, si sono verificati altri due assalti non andati però, a buon fine. Tra le navi catturate anche delle petroliere italiane. Proprio l’ultimo sequestro verificatosi prima della petroliera cipriota aveva riguardato una nave italiana, la petroliera ‘Anema e Core’ catturata lo scorso mese di luglio e il cui sequestro è durato anch’esso poco. Sebbene il numero di casi di pirateria marittima siano in aumento anche in questa parte del mare del continente africano il fenomeno non ha assunto le caratteristiche catastrofiche di quello del bacino somalo e Oceano Indiano. Dove il fenomeno ha trovato campo libero per l’assenza in Somalia di un governo legittimo riconosciuto da tutta la popolazione. In quella parte del continente africano sono tuttora trattenute in ostaggio nelle mani dei pirati somali almeno 30 navi e almeno 500 marittimi di diversa nazionalità in attesa che qualcuno paghi per il loro rilascio un riscatto. Tra queste navi ci sono due italiane, la `Savina Caylyn` e la Rosalia D`Amato` e tra i marittimi ben 11 italiani. Comnque sia questo però, non ha impedito lo scorso mese ai Lloyd di Londra, principale gruppo assicurativo mondiale, di catalogare le acque al largo del Benin e Nigeria come ad alto rischio pirateria marittima e quindi con conseguente aumento dei premi assicurativi pagati dagli armatori. Nel 2008 lo stesso Lloyd aveva catalogato le acque del bacino somalo ad altissimo rischio paragonandolo a quello di zone di guerra come Iraq e Afghanistan. Un ‘riconoscimento’ che ha portato in pochi anni all’esborso da parte degli armatori di ingenti somme per coprire con tutela assicurativa le loro navi che devono attraversare quello che è ormai universalmente conosciuto come il ‘mare dei pirati’.
Ferdinando Pelliccia