I pirati somali sono tornati a far sentire la loro ‘voce’ e tutto il loro ‘peso’. Dopo il fermo, dovuto alla stagione dei monsoni, alla metà del mese di settembre hanno ripreso le attività. In poco meno di tre giorni hanno fatto scattare più volte l’allarme per attacco pirata. Hanno fatto tanto di quel rumore da far sapere a tutti che erano di nuovo in attività. Quello del fenomeno della pirateria marittima è diventato negli ultimi anni, la più grande minaccia regionale nel Corno d’Africa. Secondo stime fatte dall’ONU sono stati almeno 171 gli attacchi pirati registrati nei primi sei mesi del 2011. In molti casi l’attacco è stato respinto grazie alla presenza però, a bordo di guardie armate. Si tratta di personale specializzato e ben addestrato che viene fornito da un’impresa che svolge consulenze o servizi specialistici di natura militare. Una opzione questa, a cui stanno ricorrendo diversi Paesi. Dopo Belgio, Francia e Spagna ora tocca anche all’Italia che si aggiunge a India, Tanzania, Giappone e tanti altri Paesi. Questo ha reso sempre più difficile, per i predoni del mare dirottare le navi e questo li deve aver un po’ gettato nello sconforto tanto è vero che, di tanto in tanto, pur sapendo che a bordo di una nave ci sono i contractors armati e pronti a respingerli, essi ci provano lo stesso. Che siano ‘disperati’ lo si capisce anche dal fatto che in poco più di un mese hanno rilasciato almeno 10 navi. In questo modo anche se hanno svenduto, hanno comunque incassato almeno 50 mln di dollari. A causa del fenomeno della pirateria marittima i premi assicurativi per le navi che attraversano la rotta commerciale che collega il Mediterraneo con l’Oceano Indiano sono aumentati incredibilmente. Dai 900 dollari al giorno del 2007 oggi si pagano almeno 9mila dollari al giorno.
Quello della pirateria marittima si tratta di un business ben organizzato e molto redditizio, e non solo per i pirati. Nel 2010 ha fruttato ai predoni del mare almeno 120 mln di dollari e nei primi 9 mesi del 2011 almeno100 mln di dollari. Il fenomeno nato al largo della Somalia è andato estendendosi, nel tempo, in una vasta area che va dalle aree costiere del Corno d’Africa fino alla foce del Golfo Persico nonché fino al Madagascar e anche ben al di sotto dell’equatore. Molte iniziative, militari e non, sono state intraprese per affrontare il problema. Tanti soprattutto gli sforzi della comunità internazionale. Ingenti risorse economiche e tecniche sono state ‘gettate’ nel lungo e annoso braccio di ferro in corso con i pirati somali. Sono state inviate, in quello che è ormai noto come il ‘mare dei pirati’, decine di navi da guerra di almeno 25 Paesi. Un dispiegamento di forza senza precedenti a cui partecipano soprattutto l’Europa, gli USA e la NATO ognuno con una propria missione navale. A cui poi, si aggiungono, in forma individuale, navi di Paesi come Cina, India, Arabia Saudita, Iran, Egitto, Filippine, Corea del Sud, Thailandia e tanti altri. Sforzi di navi e uomini tutti protesi a proteggere il traffico marittimo commerciale che lungo il mare del Corno d’Africa e Oceano Indiano collega l’Asia con l’Europa. Misure queste che sono servite a ridurre, ma non ad eliminare completamente il fenomeno. Anzi i pirati somali vistisi ‘infastiditi’ dall’azione di contrasto anti-pirateria hanno spostato il loro campo di azione allargandolo ulteriormente. I predoni del mare si sono spinti dallo stretto di Bab el-Mandab più a est lungo la costa yemenita dell`Oceano Indiano arrivando allo Stretto di Hormuz e al sud del Corno d`Africa fino in Tanzania e oltre. Di fatto, sono questi dei passaggi obbligati, delle strettoie che sono diventati i luoghi più sensibili al fenomeno della pirateria marittima. Ad essere minacciata è soprattutto la dipendenza dal petrolio da parte dell’Occidente. I pirati stanno infatti, badando più alla qualità che alla quantità, e in virtù di ciò quale nave è preda più ambita di una petroliera. La situazione si è però, complicata a causa di un aumento della instabilità regionale e l`aggravamento delle minacce esistenti, che si sa sono oltre alla pirateria somala, la perenne minaccia terroristica di al Qaeda, e le continue sfide poste dall`Iran come quella recente della minaccia di chiudere lo stretto di Hormuz. Come se non bastasse poi, si registra un crescere dell’instabilità nello Yemen che desta non poche preoccupazioni. Il timore è che anche esso si possa trasformare in una ‘base’ per i pirati somali. Ad accrescere ulteriormente i timori di una ulteriore escalation della situazione è il fatto che il Mar Rosso sta diventando sempre di più luogo di scontro tra le due potenze dell’area quella iraniana e quella israeliana. Negli ultimi tempi l`Iran ha speso tempo e denaro nello sviluppare le sue relazioni con diversi Paesi dell`Africa orientale, tra cui il Kenya, Eritrea, Somalia, Gibuti, Tanzania, e le Isole Comore. Israele è convinta che queste iniziative abbiano lo scopo di fornire all’Egitto una maggiore capacità di bloccare le navi israeliane per tutta la lunghezza del Mar Rosso. Lo stesso comportamento dell`Egitto desta preoccupazioni. Si tratta del Paese che detiene il controllo di uno dei passaggi obbligati marittimi, il Canale di Suez. Attraverso il Canale sono transitate di recente, per il Mar Mediterraneo, per la prima volta nella sua storia navi da guerra iraniane. Il Paese dei Faraoni in questo periodo sta vivendo la sua più grande sfida politica e questo influisce anche sul transito delle navi attraverso quello che rimane la via più veloce per collegare l’Oriente con l’Occidente.
Purtroppo una delle pecche principali della lotta alla pirateria marittima è quella che si è cercato di curare il sintomo e non le cause del fenomeno. Forse non ci si è resi conti che si è di fronte alla manifestazione di un situazione che è conseguenza diretta delle condizioni politiche ed economiche della Somalia. Condizioni che sono di assenza totale di una governance e di una diffusa povertà e carestia tra la popolazione specie quella delle aree costiere. Una situazione che si è rivelata terreno fertile per la pirateria marittima. Non solo oltre a tutto questo nel Paese africano vi è una forte instabilità dovuta ad una lotta intestina che dura dal 1991, anno della caduta del dittatore Siad Barre. Una condizione che ha favorito nel 2007, dopo la caduta dell’Unione delle Corti Islamiche, UCI, l’emergere dei miliziani islamici filo al Qaeda degli al Shabaab che ora controllo quasi tutta la Somalia tranne due o tre enclavi governative e la capitale Mogadiscio. Da tempo si chiede un’azione più energica da parte della flotta militare internazionale nella lotta ai pirati somali che nel contempo si sono fatti sempre più audaci e ben armati. Proprio in questi giorni, da Wroclaw, in Polonia, i ministri della Difesa dei 27 Paesi dell’Unione hanno chiesto un aumento della spesa per la missione navale anti pirateria marittima dell`Ue, ‘ATALANTA’. Si tratta di una missione partita nel dicembre del 2008 e che già costa 720 mln di dollari all’anno. Compito primario della missione Atalanta è quello di proteggere le navi del Programma alimentare mondiale, PAM, che porta aiuti umanitari ai Paesi del Corno d’Africa. Con molta probabilità non si avrà alcun aumento a causa delle restrizioni di bilancio dovute alla crisi economica in atto. Però, alcuni ministri hanno anche espresso forti preoccupazioni su una possibile carenza di navi da guerra a partire dalla fine dell`anno quando la missione entrerà nel suo quarto anno di esercizio. La missione navale europea è composta da sei navi da guerra. In sei poi, devono poter coprire l`area a loro assegnata che è estremamente vasta.
I pirati somali trattengono nelle loro mani almeno 34 navi e almeno 500 marittimi di diversa nazionalità in ostaggio in attesa che venga pagato un riscatto per il loro rilascio. Tra questi due navi e 11 marittimi italiani.
E’chiaro che quello che accade nel mare del Corno d’Africa e nell’Oceano Indiano abbia solleticato interessi economici e appetiti di grande rilievo. Di questo passo appare difficile credere che il fenomeno della pirateria marittima sarà debellato, almeno nei prossimi dieci anni. Questo, non perché manca la capacità, ma perché manca la volontà. Un mare di dollari scorre nel ‘mare dei pirati’ e tutti vi vogliono attingere.
Ferdinando Pelliccia