La discussione più ricorrente, negli ultimi tempi, è se sia o meno legittimo pagare i riscatti ai pirati somali. Si tratta delle somme in denaro richieste, dai predoni del mare, per rilasciare i mercantili che, insieme ai loro equipaggi, sono stati catturati nel mare del Corno d’Africa e Oceano Indiano. Da sempre a schierarsi contro il pagamento è soprattutto l’ONU. Per l’organizzazione del Palazzo di Vetro pagare i riscatti ai pirati somali violerebbe le leggi internazionali contro la pirateria marittima. Purtroppo su tutto prevalente il concetto che è meglio il tacito consenso al pagamento del riscatto piuttosto che rischiare nave, marittimi e carico. Di fatto, il possibile sequestro di una nave è visto da molti armatori al pari di un qualsiasi altro rischio d`impresa. In verità, a spingere verso il pagamento è anche il fatto che le polizze assicurative, nella gran parte dei casi, coprono dalla pirateria, ma escludono la perdita totale della nave. Per cui, nessuno rischia e si preferisce cedere al ricatto. Comunque sia l’ONU, per mettere un po’ d’ordine, lo scorso anno ha adottato una risoluzione che obbliga tutti gli Stati, senza esclusioni, a non alimentare, con il pagamento dei riscatti, la pirateria marittima che lo stesso ONU ha definito una grave forma di crimine internazionale e criminali quelli che lo compiono. Altri però, principalmente le compagnie assicurative, continuano a rivendicare invece, il diritto a pagare un riscatto.
Quello della pirateria marittima è un fenomeno che è una vera e propria piaga che colpisce soprattutto il bacino somalo e l’Oceano Indiano. Il fenomeno, nel tempo, è andato poi, estendendosi. Oggi esso interessa un’area che va dalle coste del Corno d’Africa fino alla foce del Golfo Persico e fino al Madagascar e anche ben al di sotto dell’equatore. In queste acque un pugno di predoni tengono in scacco la comunità internazionale e ‘ricattano’ gli armatori delle navi commerciali di tutto il mondo che riescono a catturare. Nelle loro mani attualmente ci sono almeno 34 navi e almeno 500 marittimi di diversa nazionalità che sono in attesa che qualcuno paghi, per il loro rilascio, un riscatto. Stranamente però, finora tra le navi catturate dai pirati somali non vi è nessuna nave battente bandiera somala o di proprietà somala o con il carico di proprietà di uomini d’affari somali. A causa del fenomeno da anni, e in particolare negli ultimi tre, gli armatori si sono visti costretti a dover ‘sborsare’ enormi somme di denaro che hanno contribuito a far lievitare soprattutto i costi di spedizione. Ad incidere fortemente su questi costi, a contrario di quanto si potrebbe essere portati a credere, non sono però, i riscatti pagati ai predoni del mare, che si aggirano sui 200 mln di dollari all’anno, ma i costi per poter assicurare le navi che devono solcare il ‘mare dei pirati’. In media una polizza assicurativa in grado di coprire tutti i rischi, incluso il sequestro da parte dei pirati somali, può costare dai 2mila ai 50mila dollari al giorno con un incremento sostanziale nel periodo di transito nei tratti più a rischio come il Golfo di Aden. Attualmente il costo di una polizza assicurativa viene contrattata dagli assicuratori con le compagnie di navigazione disciplinando i diversi casi a seconda della tipologia del carico, del tipo di nave e della zona in cui la nave deve transitare. In questo modo si è passati dai 900 dollari al giorno, che si pagavano nel 2007, ai circa 9mila dollari che si pagano in media ai giorni nostri. Considerando che per il Golfo di Aden vi transitano mediamente almeno 20mila navi l’anno con un rapido calcolo si può stabilire che le compagnie assicuratrici incassano, in premi assicurativi, almeno 180 mld di dollari l’anno. Il ricalcolo dei premi è avvenuto in seguito alla riclassificazione dell’intera area del Corno D’Africa. Area che i Lloyd’s di Londra, principale assicuratore mondiale, nel 2008, ha classificato come rischio, al pari di zone di guerra come Iraq e Afghanistan.
Sempre in risposta alla necessità di voler difendere il diritto a pagare i riscatti ai pirati nel febbraio del 2010 una corte del Regno Unito stabilì che il pagamento di un riscatto non è illegale perché la pirateria marittima non è un furto. La corte basò la sua determina sul fatto che l`intento finale dei pirati è quello di restituire la nave ai legittimi proprietari anche se dopo il pagamento di un riscatto. La corte Britannica di fatto riconobbe alle compagnie di assicurazioni, in gran parte inglesi, e agli armatori il diritto legittimo a pagare i riscatti. Questo soprattutto in virtù del fatto che il pagamento di un riscatto è la risposta alle minacce alla vita o alla libertà dei marittimi.
[url]http://www.i-law.com/ilaw/doc/view.htm?id=241867[/url]. Una determinazione questa, che di fatto andava a minare pericolosamente gli sforzi, tuttora in corso, della comunità internazionale che vogliono vedere la fine della pirateria marittima e per farlo stanno cercando anzitutto di impedire ogni sua forma di finanziamento.
Ferdinando Pelliccia