Oltre un anno fa, l’8 settembre 2010, veniva catturata la ‘MV Olib G’. La nave venne catturata nel Golfo di Aden mentre era in viaggio verso l’India. A bordo della nave 18 marittimi, membri del suo equipaggio. Si tratta di 15 georgiani e 3 turchi. La nave era al suo ultimo viaggio perché doveva essere demolita. In questi giorni, i pirati somali, che trattengono in ostaggio la nave battente bandiera Maltese insieme al suo equipaggio al largo di Harardeere, sulla costa somala, hanno rinnovato la loro richiesta per il loro rilascio. Essi chiedono un riscatto di 9 mln di dollari. Inizialmente i predoni del mare ne avevano richiesto 15 di mln di dollari, mentre la società proprietaria si era detta disposta a poter ‘sborsare’, per riottenere indietro nave e marittimi, solo 1,5 mln di dollari. Si tratta di denaro raccolto in gran parte grazie a donazioni di privati in quanto la nave era sprovvista di assicurazione. Una somma questa, molto esigua rispetto al ‘listino’ odierno dei banditi del mare. Mentre era nelle mani dei banditi somali la nave si è ritrovata senza un proprietario. A causa di diverse vicissitudini la società di gestione dell’imbarcazione, la ‘Atene Frio Ventures SA’, si è ritrovata con una disastrata situazione finanziaria. Dramma nel dramma poi, la società, lo scorso mese di febbraio, è stata messa in liquidazione per cui ora non è più in grado di far fronte al pagamento di alcun riscatto per ottenere il rilascio della nave e del suo equipaggio. Lo scorso mese di luglio i familiari dei marittimi, di fronte alla consapevolezza di non aver alcun modo di poter pagare un riscatto, hanno lanciato un appello. Essi, sperando in un atto di compassione da parte dei pirati somali, hanno esortato i loro carcerieri a rilasciare gli ostaggi per motivi umanitari. Purtroppo, non gioca a favore dei marittimi della ‘MV Olib G’, il fatto che questo è un periodo di magra per i predoni del mare. La cui causa è da ricercare prima, nel fermo stagionale, terminato a metà settembre, e poi, per l’aumento del ricorso a team di sicurezza a bordo delle navi, da parte degli armatori. Questi due fattori hanno fortemente ridotte le possibilità di successo nell’assalto alle navi nel mare del Corno D’Africa e Oceano Indiano. Tanto è vero che anche questa settimana non sono stati denunciati sequestri. Per questi motivi i pirati somali tendono ora a gestire in maniera più ferma le trattative per ottenere il massimo realizzo dal rilascio delle navi che hanno già in mano. In questi giorni, per spingere al pagamento del riscatto, la gang del mare che ha in custodia la ‘MV Olib G’e il suo equipaggio, ha diffuso delle foto in cui sono mostrati i marittimi ostaggi e le condizioni in cui si trovano. Condizioni davvero drammatiche da quel che si riesce a vedere nelle foto.
Che sia un periodo di magra per i pirati somali è documentato anche dall’ultimo rapporto sulla pirateria globale, datato 18 ottobre, diffuso dall’International Chamber of Commerce, ICC, e dall’International Maritime Bureau, IMB. Nel documento è rivelato che il 56 % degli attacchi pirati nel mondo sono stati condotti al largo della Somalia, ma che gran parte di essi sono stati respinti. Nel rapporto si legge che sebbene questi attacchi nel primi 9 mesi del 2011 siano stati superiori allo stesso periodo del 2010, 199 contro 126, sono andati a buon fine solo 24 rispetto ai 35 dell’anno precedente. Nel rapporto vengono indicati anche i costi in vite umane. Nei primi mesi del 2011 i pirati somali hanno catturato 625 marittimi, mentre 8 sono stati uccisi e 41 feriti nel corso dell’assalto o della prigionia. Questi dati sono stati forniti all’IMB dal Centro Piracy Reporting, PRC, che monitora il fenomeno della pirateria marittima dal 1991 e a cui pervengono tutte le segnalazioni di attacchi pirati nel mondo. Difficile dire con certezza quanti siano in questo momento i marittimi ostaggi dei predoni del mare. La stima che più mette d’accordo tanti è di 24 navi e quasi 500 marittimi di diversa nazionalità. Di certo si sa che, solo il 6 per cento di essi provengono da Paesi OCSE, gli altri da Paesi come India, Ghana, Sudan, Sri Lanka, Pakistan, Filippine e Yemen. La particolarità che oltre il 94 per cento dei marittimi sequestrati siano extra comunitario risiede nel fatto che gli armatori tendono ad assumere marittimi di altre nazionalità perché sono soprattutto quelli disposti a lavorare per salari molto più bassi di quelli che ricevono i marittimi comunitari. Questi uomini sono, per i moderni filibustieri, oltre che una fonte di guadagno, anche una garanzia di incolumità. I marittimi-ostaggi vengono infatti, utilizzati anche come scudi umani contro ogni eventualità come un blitz militare per cercare di liberarli. Per cui è nell’interesse dei loro carcerieri mantenerli in salute e in vita. Però, a volte questo non basta a rendere la prigionia meno dura, e in alcuni casi si può registrare anche la morte dell’ostaggio. Comunque sia per chi cade nelle mani dei pirati somali la prigionia è un vero INFERNO. Oggi, 21 ottobre, sono 6 mesi che la ‘MV ROSALIA D’AMATO’ è trattenuta in Somalia in ostaggio, insieme al suo equipaggio, dai pirati somali in attesa che qualcuno paghi un riscatto per il loro rilascio. Tra i marittimi prigionieri in Somalia, ci sono infatti, anche 11 marittimi italiani. Si tratta di parte dei membri degli equipaggi di due navi italiane, la ‘Savina Caylyn’, che è in mano ai pirati dall’8 febbraio scorso, e la ‘Rosalia D’Amato’. Insieme, ad agli italiani sono ostaggi dei predoni del mare anche altri marittimi membri anch’essi degli equipaggi delle due navi. Si tratta di 17 indiani e 15 filippini. Da quando questi lavoratori del mare sono caduti nelle mani dei pirati somali i loro parenti, in Italia, in India e nelle Filippine, non hanno avuto più notizie certe sui loro cari in mano ai pirati somali. In poche parole nessuno di loro ha idea delle condizioni dei loro cari, dove siano e se sono ancora vivi. Ovviamente di questo vuoto ne dovrebbero dare conto a loro i propri governi, a Manila, a New Delhi e a Roma.
Si fanno intanto, sempre più numerose le testimonianze di angherie e torture a cui tutti gli ostaggi sono sottoposti da parte dei loro sequestratori. Mentre a casa, negli animi dei loro familiari, ogni giorno, diventa sempre più forte la rabbia e cresce la sensazione di impotenza per non poter far nulla per aiutarli.
Ferdinando Pelliccia