E’ stata rilasciata la petroliera ‘Cape Bird’ sequestrata sabato scorso dai pirati nigeriani nel Golfo della Nigeria, al largo della costa dell`Africa occidentale. La petroliera battente bandiera delle Isole Marshall è di proprietà della Columbia Deutschland. Ancora una volta in pochi giorni tutto si è risolto. Dimostrando che c’è pirateria e pirateria. Una pirateria i cui atti si risolvono in pochi giorni e un’altra che invece, quasi non hanno fine. Una pirateria che ha uno sfondo politico e sociale e una che ha uno sfondo criminale. L’assalto, la cattura e la detenzione della petroliera ‘Cape Bird’ e del suo equipaggio, come pure il rilascio, si sono svolti con le stesse dinamiche degli assalti precedenti avvenuti in quella parte del mondo al largo della costa dell`Africa occidentale. I pirati della Nigeria non sono altro che dei ‘ladri’. Gente che assaltano le navi, come facevano i fuorilegge nel Far West, solo per rapinarle. La conferma che si tratti di rapine lo dimostra soprattutto il fatto che i pirati nigeriani non aprono mai trattative con la società armatrice delle navi catturate. Per tutto il tempo del sequestro queste rimangono all’oscuro delle loro intenzioni e solo dopo il rilascio della nave e dei marittimi possono finalmente avere loro notizie. La petroliera ‘Cape Bird’ come tutte le altre, che l’hanno preceduta, trasportava benzina e il suo sequestro si è risolto in pochi giorni. Giusto il tempo per i pirati nigeriani di trasbordare il prezioso carico e svaligiare la nave e chi vi si trovava a bordo. La benzina viene poi, venduta al mercato nero. La pirateria marittima al largo della costa dell`Africa occidentale è un fenomeno che sta crescendo. Per ora non costituisce un grande pericolo alla circolazione dei mercantili, ma di certo inizia a preoccupare sempre di più gli armatori e i governi di tutti gli Stati della regione. Si stanno infatti, studiano diverse misure per arginarlo, ma i governi locali hanno anche provveduto alla costituzione di una forza militare congiunta specializzata nel contrasto alla pirateria marittima. Questo è il segnale che la situazione è al limite. Dall’inizio dell’anno sono stati almeno 30 gli attacchi pirati compiuti e una decina sono andati a buon fine. Attacchi che hanno interessato prevalentemente delle petroliere, tra cui alcune italiane. L’ultima, la petroliera italiana ‘Anema e Core’ sequestrata dai pirati la notte fra il 23 e il 24 luglio scorso nel golfo della Nigeria e rilasciata pochi giorni dopo. Quello in corso al largo delle coste nigeriane non è però, da confondere con il fenomeno che interessa l’altra parte del continente africano. Dove in questo momento in mano ai pirati somali vi sono una trentina di navi e almeno 500 marittimi di diversa nazionalità membri degli equipaggi delle navi catturate. Tra queste due navi italiane, la petroliera Savina Caylyn e la MV Rosalia D`Amato. La prima è stata sequestrata da quasi 8 mesi fa e il suo equipaggio è ormai ridotto allo stremo, mentre la seconda è stata assaltata il 21 aprile scorso. In questi giorni è invece, finita male, ma per i pirati somali, l’arrembaggio di un’altra nave italiana la MV Montecristo, del gruppo D`Alesio di Livorno. La nave catturata da 11 pirati somali è stata liberata con un blitz militare da forze speciali della marina militare inglesi. I pirati sono finiti ai ferri e i marittimi salvati. Nelle ultime settimane si è registrato un aumento degli attacchi dei pirati somali a qualsiasi imbarcazione navigasse al largo della Somalia. Lo scorso 4 ottobre la Nato aveva lanciato un ‘Warning’ nel quale sottolinea l’aumentato rischio per le navi. Un allarme che nasceva dal fatto che i monsoni, specie quello sud-occidentale, si stavano progressivamente indebolendo. Ogni anno è il mese di ottobre infatti, quello in cui si registra un aumento degli attacchi pirati dopo un lungo ‘fermo stagionale’. In questo periodo i pirati sono in grado finalmente, di mettere in mare numerose imbarcazioni e spingersi anche molto distanti dalla costa. Finora le navi che avevano a bordo team di sicurezza sono sempre riuscite a sfuggire alla presa dei predoni del mare.
Ferdinando Pelliccia