Mentre in Egitto prosegue la protesta popolare, giunta al quinto giorno, i militari cercano di guadagnare tempo. Più si prolunga il periodo di transizione più si consolida il loro potere nel Paese.

Quella che si respira nel Paese dei  Faraoni è un clima pesante. Un clima che non fa presagire nulla di buono. Sembra quasi che si sia sulla soglia di una seconda rivoluzione.

I militari, a cui il popolo egiziano ha affidato la transizione dopo la cacciata di Mubarak, appaiono sempre di più decisi a mantenere il potere e per farlo sembrano decisi a tutto anche al brutale pestaggio dei manifestanti. Purtroppo però, ci sono state anche delle vittime. L’ultimo bilancio ufficiale è di 30 morti compreso i 2 di ieri. A questi però, bisogna aggiungere i 3 che sono stati uccisi stamani al Cairo durante i nuovi scontri scoppiati tra manifestanti e le forze di sicurezza. L’alto numero di vittime sarebbe dovuto all’uso, da parte delle forze dell’ordine, che hanno avuto la mano pesante per sedare le manifestazioni, di pallottole vere.

La comunità internazionale ha condannato questa dura repressione. L’ONU ha chiesto un’inchiesta imparziale e indipendente sulle vittime. L’alto commissario ONU per i diritti umani, Navi Pillay ha chiesto alle autorità egiziane di mettere fine all’uso palesemente eccessivo della forza contro i
manifestanti al Cairo e nel resto del Paese. Anche l’ex Direttore generaledell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Aiea, Mohammed El Baradei, candidato alla presidenza ed eminente personalità egiziana ha fatto sentire la sua voce definendo un massacro quello compiuto dalle forze di sicurezza a piazza Tahrir. Il premio Nobel li ha anche accusato di avere utilizzato anziché e non i lacrimogeni antisommossa altri con gas nervino.

“L’esercito non desidera il potere e pone gli interessi del popolo al di sopra di ogni altra considerazione: è anzi pronto a trasferire immediatamente le proprie responsabilità attraverso un referendum, se il popolo lo vuole”. Queste le parole usate ieri dal capo del Consiglio supremo delle forze armate, Csfa, il  maresciallo generale Hussein Tantawi.  Ieri in un discorso trasmesso dalla televisione di Stato i militari di fatto hanno annunciato formalmente le dimissioni del governo del premier Essam Sharaf e confermato la data delle elezioni legislative previste per il 28 novembre prossimo. Inoltre, hanno annunciato che le presidenziali dovrebbero invece, tenersi entro la fine del mese di giugno del 2012. Nel frattempo, alcuni candidati hanno però, sospeso la campagna elettorale in segno di solidarietà con i manifestanti.
Alcuni addirittura, come l’indipendente al-Saeed Kamel, hanno deciso di unirsi a chi manifesta in piazza Tahrir. Tra quelli che invece, continuano la propaganda, in vista del voto di lunedì prossimo, vi sono i Fratelli Musulmani.

Queste parole con cui, in modo vago, i militari hanno fatto delle promesse al popolo egiziano sembrano però, non aver convito nessuno.
Lo dimostra il fatto stesso che continua il presidio in piazza Tahrir nella capitale egiziana, del Cairo, simbolo della rivolta popolare scoppiata nel
gennaio scorso e che ha portato alla cacciata di Hosni Mubarak. Anche oggi sono in migliaia le persone radunatesi nella piazza e in altre città dell’Egitto e sempre per chiedere il passaggio di poteri dal Csfa ad un’autorità civile.

Con le dimissioni del premier Sharaf e del suo gabinetto di ministri il Paese è ora definitivamente in mano ai militari.

Per ora non ci sono ‘pretendenti’ alla guida del governo, ma si fanno comunque dei nomi. Quello più gettonato è il nome di ElBaradei. “Accetterò
la guida del nuovo governo egiziano a condizione che sia veramente indipendente dalle ingerenze dei militari”, ha fatto sapere il leader del movimento per la riforma. Un altro possibile nome per la guida del governo che circola sarebbe quello di Abdel Muniam Abu al-Futuh,
ex membro dei Fratelli Musulmani. Oggi  pomeriggio verrà annunciato il nome del nuovo premier.

Ferdinando Pelliccia

 

Video Youreporter: di BimbeSquatters

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