Egitto: il popolo non molla!

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Proteste in Egitto – fonte foto © Al Jazeera

In Egitto continua a persistere una situazione di caos. Un disordine che regna prettamente per le strade della capitale del Cairo e in particolare in piazza Tahrir l’epicentro della protesta e simbolo della rivolta anti-Mubarak scoppiata lo scorso gennaio. A fronteggiare questi disordini sono stati inviati buona parte delle forze di polizia e dell’esercito del Paese Medio Orientale. Si tratta di scontri che, dopo essere scoppiati al Cairo, lo scorso venerdì, si sono poi, allargati in tutto l’Egitto. Per il settimo giorno consecutivo il popolo continua anche oggi a manifestare contro i militari e a chiedere le dimissioni del Consiglio supremo delle forze armate, Csfa. Soprattutto chiede che il previsto passaggio del potere dai militari ai civili eletti avvenga nel più breve tempo possibile. Secondo il calendario, predisposto dai militari, il passaggio dovrebbe avvenire entro la fine del 2012. Il processo elettorale egiziano prevede infatti, che nell’arco di 4 mesi si svolgano tornate elettorali per eleggere il Parlamento e poi nel giugno 2012 le elezioni presidenziali.

Intanto, il governo del Paese è retto solo dai generali dopo che lo scorso lunedì l’autorità civile rappresentata dall’esecutivo del premier Sharaf  ha rassegnato le proprie dimissioni di fronte alle proteste e scontri scoppiati al Cairo. “Lasciare il potere significherebbe tradire il popolo egiziano”, ha affermato il generale Moukhtar el-Moullah, componente Csfa, durante una conferenza stampa al Cairo. Il segnale questo, che i militari non intendono lasciare il potere come il popolo invece, chiede.

E mentre la comunità internazionale, ONU in testa, esprime forte preoccupazione e chiede un’inchiesta indipendente sull’eccessivo uso della forza da parte delle forze di sicurezza egiziane, i manifestanti continuano a presidiare Piazza Tahrir. Qui, migliaia di persone hanno trascorso ancora una notte sotto le stelle a difendere la democrazia conquistata con il sangue e la rabbia. Una notte durante la quale i manifestanti e le forze dell’ordine hanno raggiunto una tregua per mettere fine alle violenze. Brutali violenze che hanno provocato 38 morti e almeno 2mila feriti. Purtroppo almeno la metà dei feriti sono stati curati in ospedali improvvisati sul posto. Testimonianza questa, che si è impedito in qualche modo l’assistenza sanitaria dei feriti. Proprio oggi si è saputo che i militari hanno annunciato che forniranno assistenza alle famiglie delle vittime e aiuto ai feriti. A questo proposito hanno promesso di installare un ospedale altamente equipaggiato proprio in piazza Tahrir. Per i militari allo scopo di fornire cure mediche necessarie a tutti coloro che si trovano nella piazza. Per i manifestanti questa iniziativa significa di fatto aprire la piazza ai militari che finora ne sono restati ai margini.

Nel frattempo, i militari continuano a tessere le trame della loro ‘rete’

Mentre, da un lato il Csfa rivolge un appello per metter fine alle violenze contro i manifestanti riuniti a piazza Tahrir, al Cairo, e in altre città del Paese e ha chiesto scusa pubblicamente per i morti durante gli scontri e l’immediato rilascio dei manifestanti arrestati sabato e nei giorni successivi. “L’interesse del Paese viene prima di ogni cosa e il Consiglio supremo delle forze armate è pronto a tornare i soldati nelle caserme, è quanto ha affermato il maggiore generale Mukhtar al-Mulla, uno dei membri del Consiglio. Dall’altro si registrano ancora azioni repressive contro
i manifestanti.

A gettare benzina sul fuoco è stato poi, l’annuncio fatto in mattinata della conferma che nonostante tutto lunedì prossimo in Egitto si vota per eleggere l’Assemblea del Popolo, la Camera bassa del Parlamento. Da ieri già si sta votando nelle ambasciate all’Estero. Operazioni di voto che
proseguiranno fino a sabato prossimo. L’annuncio è giunto dopo che in mattinata si erano invece, diffuse voci di un possibile rinvio del voto come chiesto da più parti. I militari in proposito hanno fatto sapere che: “Tenere le elezioni come previsto è il modo migliore per aiutare il Paese in questi tempi difficili”.

Molti dei candidati delle 5 coalizioni politiche che si contendono i seggi al Parlamento egiziano, anche essi propensi a posticipare il primo turno delle elezioni in programma per lunedì prossimo, hanno sospeso la campagna elettorale in segno di solidarietà con i manifestanti. Tra quelli che
invece, difendono la necessità di andare subito al voto ritenendolo come il primo passo verso la nascita di una vera democrazia in Egitto vi sono i Fratelli Musulmani egiziani. Questi, in risposta alle critiche ricevute in questi giorni, hanno fatto sapere che un’eventuale loro partecipazione alle proteste rischierebbe di creare una escalation di violenza e vandalismo nel Paese.

Ovviamente, con il vento che tira, è immaginabile cosa possa accadere lunedì. Di certo è a rischio la sicurezza, come il ministro dell’Interno uscente Mansour El Essawy ha sottolineato, ma anche la regolarità del voto, in quanti si recheranno ai seggi? In riferimento ai timori espressi dal ministro degli Interni, il maggiore generale al-Mulla ha affermato che: “aiuteremo il ministero dell’Interno per assicurare la sicurezza delle elezioni”. Parole che vogliono significare solo una cosa. Nei seggi e nelle strade delle città egiziane il 28 novembre ci saranno i soldati.  Anche le parole del presidente della Commissione elettorale egiziana, Abdel Muazz Ibrahim non lasciano spazio a dubbi.  “Siamo pronti a tenere le
elezioni, in qualsiasi situazione ci dovessimo trovare”, ha spiegato Muazz. Nel frattempo, quella di domani, ultimo venerdì di preghiera prima delle ormai certe elezioni legislative, si preannuncia come una giornata ad alto rischio. Di questo ne sono consapevoli un po’ tutti nel Paese Medio Orientale. Anche per questo motivo, stamani i militari hanno espresso l’auspicio di poter dar vita a un nuovo governo prima del voto del 28 novembre prossimo. In questo modo si spera di poter dare una certa stabilità interna all’Egitto. Questa ipotesi però, appare molto improbabile anche alla luce di dissidi che cominciano ad evidenziarsi in seno agli stessi militari. Stamani infatti, un maggiore dell’esercito egiziano, Ahmed Shouman, nonostante sia vietato farlo, è sceso tra i manifestanti ed ha affermato che il capo delle forze armate egiziane, il maresciallo generale, Mohamed Tantawi si deve dimettere dal Csfa. Sembra che questo non sia un caso isolato e che giorno dopo giorno sono sempre più numerosi i militari che esprimono sostegno ai manifestanti.

Ferdinando Pelliccia