La notizia che i due pescherecci siciliani, ‘Asia’ e ‘Astra’ sono in rotta verso casa non può che rallegrare gli animi.

Le due barche da pesca hanno finalmente lasciato il porto di Misurata in Libia dove erano state ‘dirottate’ e costrette ad ormeggiare sabato scorso da motovedette libiche. I pescherecci erano stati fermati mentre stavano pescando nel Golfo della Sirte a circa 40 miglia dalla costa libica. In  teoria erano in acque internazionali, ma in pratica, in virtù del fatto che i libici hanno esteso unilateralmente il limite delle loro acque territoriali fino a 72 miglia dalla costa, erano in acque territoriali. La pretesa libica, che non è conforme al diritto internazionale, deriva da presunzioni risalenti a decenni indietro e adottate dal deposto regime di Gheddafi. A quanto pare però, il nuovo governo transitorio libico, subentrato nel Paese nordafricano a quello del rais,  ha adottato lo ‘stile ‘ del suo predecessore. Per cui appare chiaro che continueranno ancora i rischi per i  pescatori siciliani dovuti ai contrasti tra Italia e Libia sulla sovranità delle acque del Mediterraneo nel canale di Sicilia. Per l’Italia si tratta di  acque internazionali per la Libia il Golfo è una baia storica del Paese nordafricano.

La conferma del rilascio è giunta anche dal ministero degli Esteri italiano che nell’esprimere viva soddisfazione per il rilascio dei due pescherecci in una nota ha fatto sapere:  “ La vicenda  è stata seguita sin dalle sue fasi iniziali dall’ Ambasciata e dal Consolato Generale a Tripoli che, su istruzioni del Ministro degli Esteri Terzi, ed in costante raccordo con l’ Unità di Crisi, hanno tenuto in questi giorni tutti i necessari contatti, a vari livelli, con le istituzioni libiche, allo scopo di favorire una rapida soluzione del caso. Le Autorità diplomatiche italiane in Libia hanno al contempo assicurato, in questi giorni, continua assistenza ai due equipaggi coinvolti, la cui vicenda ha visto in queste ore il suo positivo epilogo, a testimonianza degli eccellenti rapporti instaurati dall’ Italia con la nuova dirigenza libica”.

Proprio stamani il capo della diplomazia italiana, Giulio Terzi nell’annunciare, davanti alle commissioni Esteri del Parlamento, una sua prossima visita a Tripoli aveva spiegato: “Per l’Italia resta cruciale riattivare il trattato di amicizia del 2008, una cornice unica che la Libia ha solo con noi”. Si tratta di un accordo di amicizia, partenariato e cooperazione firmato a Bengasi il 30 agosto del 2008 e ratificato dal Parlamento italiano con la legge n.7 del 6 febbraio 2009.

Il testo è consultabile al seguente link:

http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/schedela/apritelecomando_wai.asp?codice=16pdl0017390

Di fatto il documento rappresentava il definitivo accoglimento, da parte dell’Italia, delle rivendicazioni libiche per un risarcimento in denaro per i danni provocati dalla colonizzazione. Un accordo quasi storico visto che nessuno stato, almeno europeo, ha mai pagato per i danni derivati dal processo coloniale. Un trattato che a quanto pare, oggi sembra tornato fondamentale per riaffermare l’‘amicizia’ tra Italia e Libia dopo che lo scorso mese di febbraio, a causa della guerra civile scoppiata in Libia era stato sospeso. Su tutto prevale il concetto che un trattato vincola uno stato e non le persone per cui esso è ancora valido anche se i suoi protagonisti sono ‘usciti’ di scena.

f.p.