Nel mare della Somalia si sta consumando un dramma nel dramma. Tra India e pirati somali è in corso un duro braccio di ferro armato che sta portando a gravi conseguenze specie per i marittimi indiani. I pirati somali nell’intento di voler far ‘pagare’ all’India il suo forte impegno nella lotta alla pirateria marittima si stanno rivalendo sui marittimi di nazionalità indiana che cadono nelle loro mani.
Questo ha portato, alla fine, l’India a cedere in parte alle pressioni esercitate dai predoni del mare. Dopo aver arrestato centinaia di pirati somali, condotti in ‘catene’ in India. Dopo essersi imposto, per settimane, dall’aprile scorso, come capofila dei Paesi che sono fortemente impegnati militarmente nel contrasto alla pirateria marittima somala nel mare del Corno D’Africa e Oceano Indiano. New Delhi ha impartito ai  comandanti delle sue navi da guerra l’ordine che, nel caso in cui dovessero catturare dei predoni del mare, si devono limitare solo a disarmali e metterli poi, in condizione di poter tornare sulla terraferma in Somalia. I pirati somali però, non sembrano ancora soddisfatti tanta è forte la loro volontà di volersi vendicare. Questo li ha spinti a riservare ai membri degli equipaggi delle navi catturate, che sono di nazionalità indiana, un trattamento diverso dagli altri ostaggi di altra nazionalità. Tutto questo ha scaturito forti preoccupazioni in India soprattutto per il fatto che questi uomini di mare sono dei lavoratori e non dei soldati e che non vanno a combattere una guerra e pertanto, non sono preparati a sopportare le angherie e le privazioni che invece, poi subiscono cadendo nelle mani dei pirati somali. Un’esperienza che segna la vita di molti di loro e dei loro familiari.
Purtroppo il rischio che marittimi indiani cadano nelle mani dei pirati somali è altissimo in quanto oltre il 10 percento del totale dei marittimi che lavorano per le compagnie di navigazione di tutto il mondo sono di nazionalità indiana.
Si registra addirittura anche che quando viene pagato un riscatto, per il rilascio di una nave e del suo equipaggio, i pirati somali stanno trattenendo i marittimi di nazionalità indiana. E’ questa una grave forma di ritorsione verso l’India oltre che un passaggio inquietante della pirateria marittima. I marittimi indiani trattenuti dai pirati somali sono attualmente almeno 59. Una parte di essi si trovano prigionieri a bordo di navi dirottate, mentre altri si trovano a terra. MV ICEBERG 1a bordo 24 marittimi, 6 sono indiani. MV ALBEDO a bordo 23 marittimi, 2 sono indiani. MV SAVINA CAYLYN  a bordo 22 marittimi, 17 sono indiani. MT FAIRCHEM BOGEY a bordo  21 marittimi, 21 sono indiani.
MT ASFALTO VENTURE  a bordo 15 marittimi, 7 indiani – la nave è stata rilasciata il 15 aprile scorso dopo il pagamento di un riscatto di 3,5 mln di dollari insieme al suo equipaggio tranne i 7 marittimi indiani che ora si trovano prigionieri a terra in un remoto villaggio nella regione di Mudug  a circa 20 chilometri da Harardheere. MV SUEZ  a bordo 22 marittimi, 6 indiani – inspiegabilmente i pirati somali nei mesi scorsi hanno rilasciato un marittimo cingalese e 11 egiziani, trattenendo invece, i 4 pachistani e i 6 indiani.

E’ questo un tentativo, da parte dei predoni del mare, di fare pressione sul governo indiano affinchè  rilasci i pirati somali detenuti nelle prigioni in India. Stranamente anche il governo somalo di Mogadiscio più o meno chiede la stessa cosa al governo indiano. Lo scorso 19 giugno l’ambasciatore somalo in India, Ebyan Ladane h. Salah ha chiesto formalmente al governo indiano la restituzione di oltre 100 pirati somali catturati e detenuti nella prigione di Mumbai. Si tratta di predoni del mare catturati negli ultimi due anni dalle navi da guerra indiane che operano nell’ambito del contrasto alla pirateria marittima al largo della Somalia. La gran parte di essi però, sono originari del Puntland, la regione semiautonoma indipendente  e solo una parte provengono dalla Somalia centrale. Comunque sia l’impegno indiano nella lotta alla pirateria marittima continua. Negli ultimi mesi le navi militari indiane hanno sventato almeno 40 tentativi di dirottamenti nel Golfo di Aden e scortato almeno 1700 navi. In particolare un’unità navale militare indiana, la ‘INS Sukanya’ da quando è entrata in azione, lo scorso mese di settembre, ha collezionato ben 5 successi. L’ultima azione risale allo scorso 12 novembre. La nave da guerra stava scortando un convoglio di 5 navi mercantili attraverso il corridoio di transito internazionale quando ha avvistato alcuni barchini pirati che si avvicinavano ed è  immediatamente intervenuta intercettando tre dei barchini pirati e catturando almeno 26 predoni del mare sequestrando loro armi e munizioni. Risulta che i militari delle forze navali internazionali abbiano catturato, dal mese di agosto 2008 e fino a maggio 2010,  almeno 1.090 presunti pirati. Dove questi pirati arrestati siano stati portati non è dato saperlo. Ed è questo il punto più delicato di tutta l’architettura antipirateria marittima, perché il quadro giuridico è complicatissimo. Le leggi internazionali contro la pirateria risalgono alla fine del XIX secolo e l’unico trattato corrente, la Convenzione ONU sulla Legge del mare, che pure definisce la pirateria come crimine internazionale, non è stata recepita dalle legislazioni nazionali di molti Paesi. Perciò non è chiaro se i pirati fermati debbano essere processati dal Paese a cui appartiene la nave che li ha catturati o se invece sia meglio processarli in Somalia o addirittura in un Paese terzo. L’Olanda è tra i pochi Paesi che hanno adottato la convenzione ONU. Presunti pirati sono in carcere anche negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna,  nello Yemen, in Italia e in Germania. Però,  il grosso dei pirati arrestati dalle forze navali internazionali  si trovano in Kenya. Si tratta di circa 130 persone per lo più somale. In effetti risulta che siano 700 i pirati somaliche sono stati condannati o in attesa di giudizio per l’accusa di pirateria marittima in 14 diversi Paesi. Da questo si deduce che mentre da un lato si cerca di rendere sicuro il mare del Corno d’Africa e l’Oceano Indiano, che sono acque cruciali per i traffici commerciali, dall’altro il quadro giuridico è inadeguato e consente  tante scappatoie legali. Ed intanto, sono almeno 300 i marittimi ancora ostaggi dei pirati somali. Da più parti si chiede un’azione più forte contro i predoni del mare anche in virtù del fatto che il numero dei marittimi uccisi a causa della pirateria somala è, negli ultimi quattro anni, aumentato esponenzialmente. Sono 62 i marittimi che hanno perso la vita a causa di torture, esecuzioni,  suicidi e soprattutto malnutrizione e malattie.  Mentre risulta che siano stati uccisi almeno 64 pirati e altri 24 siano invece,  rimasti feriti. Per la prima volta, lo scorso mese di aprile, truppe speciali della coalizione internazionale anti pirateria marittima hanno assaltato di notte uno dei tanti covi pirati ubicati lungo la costa somala. La notizia non era trapelata per motivi di sicurezza.  Nel corso del  blitz sono stati catturati almeno 34 predoni del mare e liberati altrettanti marittimi ostaggi.  Si è quindi sfatato un altro tabù che vedeva come intoccabili i covi pirati a terra.

Ferdinando  Pelliccia