Oggi intorno alle 17, 20, abbiamo ricevuto l’ennesima telefonata da bordo della Savina Caylyn. A chiamarci è il comandante della petroliera italiana, Giuseppe Lubrano Lavadera che con Antonio Verrecchia, direttore di macchine e Eugenio Bon, primo ufficiale di coperta, ci comunicano le ultime novità e ci pregano di lanciare un nuovo appello. Si tratta di  un ultimatum: la differenza tra la cifra richiesta dai pirati e quella offerta dall’armatore, va colmata entro fine novembre, altrimenti i pirati alzeranno le richieste e il sequestro potrebbe prolungarsi anche oltre l’anno.

Noi vorremo tornare a casa almeno per le feste di Natale – ci dice in maniera accorata il comandante. Sono quasi dieci mesi che siamo qui sotto il tiro delle armi, con le condizioni igieniche che peggiorano di giorno in giorno, l’umidità ormai è intorno al 100%, qui siamo vicini all’equatore, il caldo umido è massacrante, siamo sfiniti.” Questo è il lato umano della conversazione avuta con il comandante della Savina Caylyn, la petroliera italiana sequestrata l’8 febbraio 2011, ad oggi ancora nelle mani dei pirati somali. Il Comandante ci ha raccontato che il 12 novembre, i pirati, hanno permesso a lui e al Terzo ufficiale di coperta, Crescenzo Guardascione, di ritornare a bordo della Savina, mentre il primo ufficiale di macchine indiano Puranik Rahul Arun, il secondo ufficiale di macchine sempre indiano, Nair Hari Chandrasekharan e il nostro giovanissimo Allievo di coperta, Gian Maria Cesaro, sono stati trattenuti a terra. I tre,  ci assicura il Comandante “Sono ancora sulla terraferma e sono sempre sotto il controllo degli stessi pirati che sono a bordo.” Il pericolo che si palesava nei giorni dell’annuncio fatto in diretta a “Chi l’ha visto?”, che i nostri marittimi sbarcati potessero essere ceduti ad altre gang di pirati, per il momento è scongiurato. Con questa nuova chiamata ricevuta da bordo della petroliera, oltre a contenere l’ennesimo appello di aiuto a livello umano, si aggiunge qualcosa di nuovo, segno che questa chiamata palesa un ultimatum per l’Armatore di Napoli, la Fratelli D’Amato, nella figura del Cavaliere Luigi D’Amato e del suo braccio destro Pio Schiano: “Vi chiamiamo perché l’offerta ricevuta da parte dell’armatore – ci comunica il Comandante – non è sufficiente per quanto richiesto più volte dai pirati e che per colmare questa distanza, ci vogliono x milioni di euro in più. Il mediatore dei pirati – continua Giuseppe Lubrano Lavadera – non avendo ricevuto la chiamata che aspettavano dal mediatore della compagnia armatoriale, comunica che loro aspetteranno massimo fino a fine novembre, mantenendo ferma la loro richiesta fatta già da tempo, senza aumenti. Superato questo tempo, non libereranno prima del compimento di un anno nessun marinaio e il prezzo del riscatto salirà notevolmente, questo anche in virtù del fatto che i pirati sono andati incontro a molte spese – precisa il comandante – per tenere l’imbarcazione in condizioni di funzionare nel minimo dei servizi essenziali e per rifocillare tutte le persone che si trovano coinvolte nella vicenda.” Il rischio dunque è che se la compagnia armatoriale non si farà sentire e cercherà di limare questa cifra che secondo i pirati mancherebbe per soddisfare le loro richieste già sufficientemente ribassate, i nostri marittimi e i colleghi indiani, non potranno ritornare a casa per le prossime festività e che la loro prigionia, come ritorsione da parte dei pirati, dovrà continuare quasi certamente fino al compimento dell’anno di sequestro (ricordiamo che la Savina Caylyn è stata sequestrata l’8 febbraio del 2011). “Non capiamo qui da bordo – si interroga il comandante – con tutta l’umiltà che possiamo avere, perché non si può trovare la soluzione per tutti noi, che vorremmo, dopo quasi dieci mesi, almeno tornare a casa per passare il Natale con i nostri cari. Altre navi occidentali sono state liberate in breve tempo, pagando e risolvendo pacificamente, rispetto alla nostra, e qui invece i mesi passano e noi siamo fermi qui.

Nel corso della telefonata si sono alternati all’altro capo del telefono il Comandante, Lubrano Lavadera, il direttore di macchine Antonio Verrecchia e il primo ufficiale di coperta Eugenio Bon, ma le richieste e il grido di aiuto è sempre all’unisono. “Le condizioni di salute e quelle igieniche peggiorano ogni istante di più che rimaniamo su questa imbarcazione – ci comunica Antonio Verrecchia, direttore di macchine della Savina Caylyn. Si era aperto uno spiraglio dopo l’annuncio fatto in diretta, ma ora si è fermato di nuovo tutto. La richiesta dei pirati è sempre quella, non è mutata e il mediatore italiano avrebbe dovuto chiamare per chiudere questa differenza di cui parlava il Comandante, ma la chiamata non è arrivata. Ribadisco che il mediatore dei pirati ci ha comunicato che la trattativa deve concludersi entro fine novembre, colmando quella differenza tra richiesta e offerta, altrimenti non ci libereranno prima di un anno, quindi non prima di Febbraio 2012 e la richieste per il rilascio saliranno alle stelle.  E’ stato inviato un fax alla compagnia e al mediatore della compagnia, nella quale facciamo la stessa richiesta che stiamo facendo a voi di Liberoreporter ora, per telefono, ma il mediatore italiano non ha più richiamato come promesso. Siamo ancora più preoccupati – dichiara Verrecchia – capite bene che se non si trova l’accordo per quanto richiesto in questi mesi, come si potrà pensare di trovare una possibile soluzione se i pirati, passato questo mese, chiederanno di più?
Saremo destinati a rimanere qui?
Vi prego continuate ad aiutarci per cercare di riportarci a casa, come state già facendo da tantissimi mesi.
E noi siamo qui per dar voce a quanto richiesto, convinti che è importante che i nostri marittimi a bordo sentano la vicinanza del popolo italiano intero e che grazie a questo si sentano meno soli. Certo poca cosa in confronto alla prospettiva di ritrovare i propri cari e riabbracciarli nelle rispettive case, ma sicuramente meglio che l’indifferenza e il silenzio.
Per un po’ di giorni, dopo l’appello fatto con voi in diretta a «Chi l’ha visto?» – adesso a parlarci è il primo ufficiale di coperta, Eugenio Bon – le navi e gli elicotteri non si sono avvicinati e qui si è «respirato» un po’. Ora ci sono invece stati nuovi avvicinamenti e la situazione è tornata ad essere «calda», pattugliano qui vicino e questo è pericoloso. Che nessuno si avvicini, altrimenti ci possono essere dei grossi problemi, perché questa situazione si ritorce contro di noi, sui nostri corpi. Vi ringraziamo per quanto state facendo nel mantenere viva l’attenzione sulla nostra storia – conclude Bon – e vi chiediamo di continuare ad aiutarci.
Ci siamo volutamente spinti a chiedere, visto che da giorni alcune indiscrezioni stavano girando in merito a questo sequestro, se per caso nella trattativa ci fosse un ostacolo che riguardasse i marittimi indiani. Si vociferava infatti che la trattativa non comprendesse la liberazione degli ostaggi indiani. Il comandate ci ha rassicurato che questa possibilità non può esistere e per sicurezza, durante la conversazione ha chiesto al mediatore dei pirati, che ha confermato “No nessun ostacolo: raggiunto l’accordo tutti tornano in libertà”. Speriamo dunque che le cose vadano così.

 

Un messaggio di tipo politico

Questa telefonata è diversa dalle altre, non solo per i motivi già descritti nell’articolo ma anche per un messaggio politico che i pirati hanno voluto veicolare. Sempre per  bocca del comandante, durante la conversazione, i pirati hanno voluto far sapere che il riscatto che stanno chiedendo “E’ ben poca cosa, rispetto ai danni provocati dai paesi occidentali, in particolare l’America e l’Europa al mare della Somalia e le risorse che si sono accaparrati a danno dei somali. I danni provocati sono tantissimi e gravissimi. Infatti parte del quantum richiesto, poi viene distribuito anche alla popolazione della zona, per ripagare i torti subiti”. I pirati dunque considerano la loro azione come un “risarcimento” per quanto i paesi occidentali hanno perpetrato in danno all’economia del paese somalo e del mare della Somalia, per molti unica fonte di guadagno.

A questo punto ci sembra superfluo aggiungere altro, hanno parlato i sequestrati a bordo e hanno comunicato la loro condizione e la situazione in cui si trovano. Un appello però lo rivolgiamo al nuovo inquilino del dicastero degli Affari Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata: visto che questo nuovo governo è un esecutivo di emergenza, forse è il caso di prendere con maggior vigore questa vicenda incresciosa che si protrae da troppi mesi. Una vera emergenza e forse, il più tecnico dei tecnici, potrà riservare la giusta attenzione al caso, per una rapidissima risoluzione della questione. Ci auguriamo di si e speriamo che prima dell’arrivo di Babbo Natale, il dono della liberazione sia consegnato sotto l’albero nelle case di Lubrano Lavadera, Verrecchia, Bon, Guardascione e Cesaro e che Modak Mudassir, Puranik Rahul, Nair Hari, Balakrishnan, Kalu Ram, Kamalia Jentilal, Tamboo Ahmed, Nantumuchchu Gurunadha, Solanki Jitendrakumar, Nevrekar Asgar, Fernandes Prinson, Fazil Sheik, Rabbani Ghulam, Palav Ganesh, Mulla Abrar Abdul, Cardozo Pascoal e Jetwa Denji, possano passare e festeggiare la fine dell’anno, con le rispettive famiglie.