Lungo il confine tra il Sudan e il Sud Sudan sono in corso violenze e atrocità indescrivibili. I due Paesi africani si contendono i giacimenti  petroliferi dello Stato di Unity, dell’Alto Nilo nel Sud Sudan, e del Sud Kordofan, nel Sudan oltre quelli del distretto di Abyei. Un territorio quest’ultimo che pur ricadendo nel Sud Kordofan, uno degli Stati appartenenti al Nord, politicamente dovrebbe appartenere al Sud
Sudan. Sono forti i timori che il governo di Khartoum voglia invadere il neo stato africano, il 54esimo, nato appena 4 mesi fa, il 9 luglio  scorso, dopo uno storico referendum sull’autodeterminazione della regione meridionale, tenutosi lo scorso mese di gennaio e che ne ha decretato la secessione dal Nord. La tensione è cresciuta giorno dopo giorno innescata lo scorso 21 maggio da Khartoum che ha inviato le sue truppe ad occupare alcune delle aree di confine contese. Una vera e propria invasione militare condannata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Questa disputa rischia di scatenare l’ennesimo conflitto inter-sudanese dopo quello in corso nella regione sudanese del Darfur dove sono
morti finora almeno 300mila persone.
Nelle aree di confine tra i due Paesi africani sono già più di un centinaio i civili che sono morti a causa dei combattimenti. Il Sudan in totale possiede riserve petrolifere accertate pari a 6,614 miliardi di barili, che equivalgono allo 0,53 per cento delle riserve mondiali. Il sud è la parte ricca di giacimenti, mentre il nord è quella che ha le raffinerie, ben tre, e un oleodotto per portarlo fino a Port Sudan, sul Mar Rosso da dove poi, può essere commercializzato. I due stati basano le loro economie sulle risorse petrolifere per cui puntano entrambi a controllarle. Come sempre a farne le spese sono le popolazioni civili verso cui si consuma un immane dramma. All’indomani dell’ultimo sanguinoso atto di  guerra contro civili inermi con il bombardamento del campo profughi di Yida nello Stato di Unity, nel Sud Sudan, un gruppo di monitoraggio satellitare statunitense, il ‘Satellite Sentinel Project’, ha lanciato l’allarmante notizia che le forze armate sudanesi, Saf, stanno rinforzandole loro basi aeree a Kurmuk, al confine con il Sud Sudan. Una notizia questa che fa temere che sia in preparazione una campagna di bombardamenti aerei sul Sud Sudan. E’ un crimine internazionale il bombardamento di civili ed è quello che è avvenuto ieri al campo per rifugiati nella città di Yida. Si tratta di un campo che ospita 20mila rifugiati per lo più civili scappati dai monti Nuba situati nello stato ‘nordista’ del Sud Kordofan. Gente scappata nel sud Sudan per sfuggire al dramma della guerra che è in corso in quella regione sudanese. Lo Stato di Unity e quello dell’Alto Nilo sono le due regioni del Sud Sudan che possiedono riserve di petrolio. I giacimenti più ricchi si trovano nello Stato di Unity. Entrambi confinano con il Sud Kordofan che invece, appartiene al Sudan e dove dallo scorso mese di giugno si combatte tra l’esercito sudanese e i miliziani sudisti. A compiere la ‘vile azione’ di Yida è stato un aereo militare Antonov di Khartoum probabilmente decollato da una vicina base aerea nel Sudan. Dodici persone sono rimaste uccise e oltre 20 ferite. Il raid aereo è stato duramente condannato dall’Alto Commissariato ONU per i diritti umani, che ha definito il bombardamento aereo di un campo che ospita civili un fatto estremamente grave e che potrebbe costituire un crimine internazionale. Anche l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, Unhcr, ha condannato il bombardamento del campo profughi, mentre gli USA hanno chiesto al Sudan di interrompere immediatamente simili azioni.

Da quando il  Sud Sudan è divenuto indipendente dal Sudan non si contano più le violazioni da parte delle forze armate sudanesi, Saf e di miliziani filo governativi nei confronti del neo nato stato africano. Ormai le autorità di Khartoum e quelle di Juba sono ai ferri corti. Il bombardamento del campo profughi è infatti, avvenuto a poche ore di distanza dal discorso tenuto dal presidente sudsudanese, Salva Kiir. Un discorso con cui il capo di stato del sud Sudan nel condannare un altro bombardamento, avvenuto lo scorso martedì nella stessa regione e che aveva provocato la morte di 7 civili, ha accusato il governo di Khartoum di voler cercare la guerra per impadronirsi dei giacimenti petroliferi del Paese africano. Dopo che ieri l’esercito sudanese aveva annunciato di avere respinto un’offensiva dei ribelli sudisti dell’Esercito di liberazione del Sud Sudan, Ssla, nella città di Talodi, del Sud Kordofan. Stamani l’esercito del Sud Sudan, il Movimento di Liberazione del Popolo del Sudan, Spla, che oggi governa nel Paese africano, ha reso noto che le truppe sudanesi hanno sferrato un attacco oltrefrontiera contro una base militare nella zona petrolifera dell’alto Nilo. Nel blitz sono morte 18 persone e altre 73 sono rimaste ferite. Questi episodi non sono che gli ultimi di una serie da quando la tensione è salita al le stelle nelle zone di frontiera tra il Sudan ed il Sud Sudan per la precisione nel Sud Kordofan. Si tratta di uno stato del Sudan confinante con il Sud Sudan dove una parte della popolazione, quella appunto dei monti Nuba, si è schierata a fianco delle forze del Sud durante la ventennale guerra civile che si è combattuta in Sudan fino al 2005. Una sanguinosa guerra civile tra il nord e il sud del Sudan che  risale ancor prima dell’indipendenza del Paese nel 1956 e che ha causato oltre 1 mln di morti. Il Sud Kordofan è anche l’unico Stato che è rimasto al Sudan, dopo la secessione del Sud, dove viene prodotto il petrolio. Ormai sono all’ordine del giorno gli scontri tra i ribelli sudisti dell’ Ssla, e l’esercito del Sudan nel Sud Kordofan. Per Juba dietro a tutto vi è la mano del presidente sudanese, Omar el Bashir che dopo aver finto di accettare l’indipendenza del Sud Sudan ora vuole impadronirsi delle sue ricchezze petrolifere. Di fatto è in corso un attacco al Sud Sudan da parte del Sudan. Non passa giorno che non si registrino incidenti di confine. Ad essere messa a ferro e fuoco è principalmente la regione del Sud Kordofan e tutto questo provoca una fuga in massa delle popolazioni locali. Ora con l`aumentare della tensione si prevedono ulteriori fughe. A fuggire principalmente donne, vecchi e bambini. Ormai non vi sono che villaggi completamente vuoti a sud della città di Kurmuk. Sono ben 55mila i civili originari delle aree di Damazine e Kurmuk che si stiano dirigendo verso sud, nello stato sudanese di Blue Nile e nello stato di Upper Nile del Sud Sudan. Altri civili  stanno cercando scampo anche nella vicina Etiopia dove vi sono già oltre 30mila sudanesi. Il primo novembre scorso l’ONG ‘Enough Project’ ancora una volta ha lanciato un appello affinchè venga consentito l’accesso ai volontari nel sud del Paese e venga aperta un’inchiesta internazionale sulle atrocità in atto. “ Le forze e le milizie del governo sudanese stanno perpetrando ”omicidi e stupri” tra la popolazione in fuga dallo Stato del Nilo Blu che continua a fuggire dalle violenze e dai combattimenti”, si legge in un comunicato della ONG. I militari di Khartoum godono del sostegno di un gruppo etnico locale, i Fellata.

Ferdinando Pelliccia