Nell’Egitto del dopo Mubarak non tira un buon vento. Quello che soffia è un vento di protesta e tensioni.

Dalla fine dello scorso mese di novembre infatti, è tornata alta la voce del dissenso nel Paese Medio Orientale. La protesta è rivolta contro i militari che detengono il potere in Egitto dopo la caduta di Hosni Mubarak avvenuta lo scorso 11 febbraio.
Il popolo egiziano manifesta per chiedere ai militari di anticipare la fine della transizione e il passaggio dei poteri a un organismo civile. La piazza chiede anzitutto che le elezioni presidenziali, previste entro la fine del mese di giugno del 2012, si tengano già il 25 gennaio prossimo, primo anniversario della rivoluzione. Una rivoluzione che ha portato alla cacciata di Hosni Mubarack e la fine del suo regime.

“Lasciare il potere significherebbe tradire il popolo egiziano”, ha affermato qualche settimana fa il generale Moukhtar el-Moullah, componente del Consiglio supremo delle forze armate, Csfa.

In queste parole forse è contenuto tutto il senso di quello che sta accadendo da mesi in Egitto. I militari non intendono lasciare il potere come il popolo invece, chiede.

La sensazione è che i militari cerchino di guadagnare tempo nella consapevolezza che più si prolunga il periodo di transizione più si consolida il loro potere nel Paese.

Il fatto poi, che finora le manifestazioni sono sempre sfociate in violenti scontri tra manifestanti e forze di sicurezza lascia l’immaginazione spaziare enormemente.

Anzitutto viene spontaneo chiedersi a chi giova il fatto che in Egitto regni il caos?

E’ risaputo che una situazione caotica richiede misure di emergenza ed eccezionali giustificate appunto dall’eccezionalità della situazione. Finora è proprio per questa ragione che viene giustificata la presenza dei militari in strada in appoggio alla polizia.

Infatti, lo scorso mese di novembre il maggiore generale Mukhtar al-Mulla, un altro dei membri della Giunta, affermava: “L’interesse del Paese viene prima di ogni cosa e il Consiglio supremo delle forze armate è pronto a far tornare i soldati nelle caserme”. Quindi è la Giunta che li tiene in strada.

Però a volte la cura non salva l’ammalato.  Stranamente ogni volta ad innescare gli scontri sono stati gli stessi agenti e militari che sono intervenuti per sgombrare i sit-in di protesta. Mentre, sul banco degli imputati è sempre salito l’eccessivo uso della forza da parte delle forze di sicurezza contro i manifestanti.
Un eccesso che ha portato finora alla morte di decine di manifestanti e al ferimento di alcune migliaia. La maggior parte delle vittime sono decedute per ferite di arma da fuoco.

Sullo sfondo di questo malcontento poi, la prima tornata delle elezioni legislative in corso nel Paese. Un importante appuntamento elettorale che ‘per colpa’ dei disordini sta passando in secondo piano anche a livello internazionale. Intanto, il test elettorale sta facendo registrare la vittoria del partito dei Fratelli Musulmani e degli integralisti del partito salafita al Nour.

Con queste elezioni verrà eletto il nuovo parlamento egiziano che dovrà poi, redigere la nuova Costituzione.

Nel frattempo, sembra che il malcontento popolare non si plachi. Come il fuoco cova sotto la cenere, così le tensioni riesplodono quando si crede che si siano ormai placate. Un riesplodere che è quasi a scadenze periodiche, come se le si volesse alimentare di continuo. Inoltre, riesplodono puntuali e quasi sempre di venerdì.

Così è stato anche alla fine della scorsa settimana quando sono scoppiati i nuovi disordini che si protraggono da ormai 5 giorni. Scontri che sono continuati anche durante la notte scorsa e anche questa mattina.

A fronteggiarsi manifestanti e forze di sicurezza nei pressi di piazza Tahrir e viale di Qasr el Aini. Luoghi non molto lontano dai palazzi del potere nella capitale il Cairo.

I militari hanno cercato di disperdere inutilmente le persone radunatesi in sit-in di protesta. All’alba di oggi infatti, un centinaio di uomini, tra poliziotti e soldati, in assetto antisommossa hanno fatto irruzione nella piazza ed hanno cominciato a colpire pesantemente con bastoni tutti quelli che vi si trovavano in quel momento.

I militari poi, hanno anche distrutto tutto quello che era sulla loro strada dando vita all’ennesima escalation di violenze.

L’eccesso e la durezza degli interventi delle forze di sicurezza nei confronti dei dimostranti ha portato in questi 5 giorni alla morte di almeno 13 persone, le ultime 2 stanotte, e al ferimento di almeno altre 600.

La maggior parte delle vittime, come sempre, sono decedute per ferite di arma da fuoco.

Tra le vittime stavolta anche dei minori.

Il fatto che il ‘faccia a faccia’ in corso sfoci sempre in duri scontri sembra mostrare che non vi sia alcuna via di uscita.

Infatti, anche oggi si sono ripetute le accuse da ambo le parti di voler alimentare la tensione. Però, soprattutto alle forze di sicurezza è contestato l’uso contro i manifestanti di bastoni, gas lacrimogeni e proiettili veri oltre ad esercitare una brutale e ingiustificata violenza.

Il Consiglio supremo delle Forze Armate continua però, a respingere ogni accusa.

Se è in buona fede a questo punto la situazione comincia a complicarsi in quanto significa che  la Giunta non ha il controllo delle forze di sicurezza che fanno ciò che vogliono.

Dallo scorso venerdì si registrano infatti, solo cruenti scontri tra polizia e militari da un lato e manifestanti dall’altro, con brutali pestaggi di quest’ultimi da parte dei primi.

Violenze inaudite che hanno finito per ricevere la condanna unanime da parte della comunità internazionale.

Oggi si è levata alta e ferma la condanna anche del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon che ha accusato le forze di sicurezza egiziane di un uso eccessivo della forza. Il ministro degli esteri inglese, William Hague ha invece, definito le violenze in contraddizione con il processo democratico per il quale l’Egitto si è impegnato. Mentre, è tornata a far sentire la sua voce di condanna il segretario di Stato americano, Hillary
Clinton questa volta per condannare il trattamento riservato dai militare alle donne che manifestano. La Clinton ha definito scioccante quello che i militari hanno fatto ad una giovane manifestante che dopo averla picchiata e trascinata per terra l’hanno anche quasi denudata.

In merito in una nota a firma della Giunta militare al potere in Egitto si legge: “Il Consiglio supremo delle Forze Armate esprime il suo forte rammarico alle grandi donne d’Egitto sulle violazioni che si sono verificate durante i recenti incidenti nelle proteste all’esterno del parlamento e del governo”.

Purtroppo quello di questa donna non è un caso isolato. Finora sono stati denunciati numerosi casi di manifestanti donne che hanno subito abusi, che sono state umiliate e sottoposte a trattamenti mortificanti. Si sono registrati anche casi di aggressioni a sfondo sessuale che hanno interessato delle giornaliste.

Se la Giunta è in buona fede come a quanto pare vuole far credere allora vuol dire che è in corso una sorta di ‘campagna di tensione’ orchestrata chissà da chi e che il ‘maltrattare’ le donne egiziane che manifestano assomiglia tanto ad una sistematica strategia che mira a dissuaderle dal farlo.

Ancora una volta Mohamed el Baradei è tornato a tuonare contro l’operato delle forze di sicurezza egiziane.

L’ex direttore generale dell’Agenzia atomica internazionale, Aiea, ha chiesto al Consiglio supremo delle forze armate di dare l’ordine ai militari di fermare immediatamente l’uso della forza contro i manifestanti. Il Premio Nobel e candidato alle presidenziali in Egitto del prossimo anno nell’invitare le forze armate a limitarsi alla protezione degli edifici pubblici ha chiesto che tutti, esercito e polizia, rispetteranno la legge e che i responsabili della sicurezza coinvolti negli scontri siano giudicati.

Una negazione contro chi afferma che non si sta procedendo giuridicamente contro gli autori di queste violenze, è giunta dal capo della giustizia militare, Adel al Morsi.

Il procuratore militare oggi ha annunciato che la giustizia militare egiziana sta indagando su due casi che coinvolgono
militari. Quello nelle violenze alla televisione pubblica avvenute il 9 ottobre scorso e quello sui test di verginità ai quali sono state costrette a
sottoporsi delle manifestanti durante e poco dopo la rivoluzione dello scorso mese di gennaio.

Il ministro dell’Interno egiziano, Mohamed Ibrahim ha invece, sollecitato le forze di sicurezza ad agire con la massima moderazione nei confronti dei manifestanti.

Ferdinando Pelliccia