Karzai © Getty Divergenze sempre crescenti in Afghanistan, tra autorità locali e le forze militari internazionali, fanno in modo che non corra buon sangue tra le due parti.

Che i rapporti tra il presidente Hamid Karzai è i suoi alleati occidentali non siano buoni è chiaro a tutti e lo si capisce anche da alcune dichiarazioni che il leader afghano rilascia, come quella fatta oggi in occasione delle celebrazioni per il ‘Giorno internazionale contro la corruzione’ in cui ha affermato che: “Gli stranieri alimentano la corruzione in Afghanistan”. Il riferimento è al dilagare del fenomeno nel Paese che dal 2014 vedrà completato il trasferimento di responsabilità, in materia di sicurezza, al proprio esercito.
Anche se in merito l’ambasciatore americano in Afghanistan, Ryan C. Crocker ha dichiarato di recente che: “le truppe americane, e non solo addestratori, potrebbero rimanere in Afghanistan oltre il 2014 se saranno le autorità di Kabul a chiederlo.”
Nell’ambito del ritiro iniziato lo scorso mese di luglio entro la fine dell’anno saranno circa 10mila i militari americani che avranno lasciato l’Afghanistan e altri 23mila lo lasceranno entro il settembre del 2012. Tutto ciò nell’ambito degli impegni presi con la NATO la cui missione in Afghanistan dovrebbe terminare alla fine del 2014. Intanto, si profila un disimpegno anticipato del contingente britannico dal Paese dei papaveri. Entro il 2013 potrebbero partire almeno 4mila soldati di sua Maestà. La presenza britannica nel Paese dovrebbe quindi ridursi di molto rispetto agli attuali 9mila uomini. Il resto dei soldati lascerebbero poi, entro la fine del 2014. La coalizione militare dispiegata dal 2001 in Afghanistan ha lasciato finora sul terreno 2.825 soldati dei quali gran parte sono statunitensi, 1.852, e altri 391 sono inglesi. Un alto tributo di sangue che ha scosso fortemente le rispettive opinioni pubbliche che a gran voce ne chiedono il rientro. I militari della coalizione internazionale sono morti quasi sempre in maniera violenta. Pochi quelli uccisi in combattimenti. A mietere il maggior numero di vittime, oltre mille, gli attentati e le trappole esplosive, gli Improvised Explosive Device, IED. Ed è stata proprio l’esplosione di uno di questi ordigni a danneggiare stamani un mezzo Blindato ‘Lince’ italiano. L’episodio si è verificato nel distretto di Bakwa, settore di responsabilità italiana attualmente sotto comando della Brigata Sassari. Il Lince era impegnato in un’attività operativa. Ad essere stata colpita infatti, una pattuglia della task force Sud-Est del reggimento San Marco della Marina Militare. Per fortuna si sono solo registrati danni materiali, mentre i militari del reggimento San Marco che si trovavano a bordo sono rimasti incolumi. L’episodio si è verificato a circa 5 chilometri a Sud dell’avamposto ‘Lavaredo’. I rapporti di amicizia non sono nemmeno favoriti dalla situazione interna afghana.

In questi giorni la capitale afghana Kabul è stata scossa da una serie di attentati terroristici che hanno colpito la minoranza sciita. La prima volta nella storia del Paese asiatico. In merito oltre 2mila afghani hanno manifestato a Kabul, dopo le preghiere del venerdì, per condannare questi attacchi e ancora una volta lanciare accuse di complicità contro il Pakistan. Lo scorso martedì, in due distinti attacchi, gli sciiti, che in questo periodo celebrano la festività dell’Ashura, sono stati colpiti pesantemente. Hanno contato 56 morti e oltre 160 feriti. Gli afghani sono convinti che il confinante Pakistan abbia avuto un ruolo negli attentati. L’attacco agli sciiti è stato infatti, rivendicato da un gruppo jihadista pakistano anti sciita dei ‘Lashkar-i-Jhangvi’ responsabile dell’uccisione di migliaia di sciiti in Pakistan. La situazione, dal punto di vista della sicurezza, non è per nulla buona. Oggi, in diversi attacchi condotti nelle province afghane di Khost e Parwan, rispettivamente Afghanistan sudorientale e centrale, sono stati uccisi ben 5 leader tribali. Un commando di uomini armati è entrato in azione nella zona di Mehdikhel alla periferia di Khost. Il loro obiettivo erano 4 leader tribali che non hanno trovato scampo e sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco. Si è trattato di un vero e proprio agguato che ha colto di sorpresa i 4 ‘anziani’ che erano in viaggio a bordo di un’auto. A Parwan invece, sono stati ritrovati i corpi senza vita del leader tribale, Hajji Jamrod, di un suo cugino e dell’autista che erano stati rapiti ieri. I tre viaggiavano a bordo di un’auto quando un comando di Talebani li ha fermati nella zona di Ghombaki nel distretto di Koh-i-Safi. Il fatto che si tratta di ben 5 omicidi eccellenti ha fatto accendere immediatamente un campanello d’allarme. I 5 infatti, influenti anziani di due diverse tribù e in particolare Jamrod collaborava con i programmi per la sicurezza governativi. Che sia in atto una sorta di ‘regolamento di conti’ o di preparazione a qualcosa lo fa credere anche il fatto che sempre oggi 2 persone sono rimaste uccise ed altre 16, fra cui 6 bambini, sono rimaste ferite in seguito ad un attentato compiuto a Kunduz capoluogo dell’omonima provincia settentrionale afghana. Sembra si sia trattato di una moto bomba che è stata fatta saltare in aria al passaggio di un convoglio su cui viaggiava l’ex comandante dell’Alleanza del Nord, Shed Mohammad Arab eroe della lotta ai russi dopo l’invasione sovietica del Paese.

Nel frattempo, non sembrano abbassarsi i toni della polemica nata circa due settimane fa tra Pakistan e NATO. Una polemica che mette seriamente a rischio la conduzione della campagna militare della coalizione internazionale in Afghanistan contyro i Talebani. Lo scorso 26 novembre, a causa di un errore nel corso di un raid aereo NATO sono rimasti uccisi 25 soldati pakistani. Da allora Islamabad ha assunto una posizione ‘ostile’ nei confronti della coalizione militare internazionale dispiegata in Afghanistan adottando anche diverse forme di ritorsione. Una di queste è stato quello di bloccare i rifornimenti NATO diretti nel confinante Paese oltre che il boicottaggio della Conferenza Internazionale di Bonn sull’Afghanistan e la revoca dell’autorizzazione agli USA dell’uso della base aerea di Shamsi lasciata oggi dagli americani. Quest’ultima è una base militare che si trova nella provincia sud-occidentale del Baluchistan ed era utilizzata, fino ad oggi, per il decollo degli aerei senza pilota, droni, per effettuare i raid aerei sui covi talebani nelle aree di confine con l’Afghanistan. A nulla sono servite le scuse della NATO per il raid che ha definito un tragico incidente ne quelle implicite della Casa Bianca che ha parlato di una tragedia. Questa volta Islamabad non sembra per nulla disposta a transigere e il premier Yousouf Reza Gilani ha oggi non escluso anche di chiudere anche lo spazio aereo pachistano agli americani. Attraverso le regioni pakistane di confine transitano gran parte dei rifornimenti diretti alle delle truppe americane e della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza, Isaf, in Afghanistan. Bloccarli vuol dire privare i militari della coalizione internazionale degli approvvigionamenti necessari a condurre la lotta ai Talebani. Per ora il blocco ha interessato circa il 50% del totale loro fabbisogno. Anche se molti automezzi carichi di rifornimenti sono stati rimandati indietro a Peshawar, per allontanati dalla zona di confine, il blocco ha provocato l’ammassarsi di un gran numero di autocisterne e camion carichi di rifornimenti. Centinaia e centinaia di mezzi sono parcheggiati nei terminal lungo la frontiera con l’Afghanistan e lungo le vie di comunicazione. Per i Talebani sono facili obiettivi da colpire tanto è vero che lo scorso giovedì almeno 40 autocisterne e diversi container sono andati distrutti colpiti da razzi lanciati dai ribelli contro un terminal nei pressi di Quetta, nel Pakistan sudoccidentale. Proprio oggi sono giunti i complimenti al Pakistan per la ferma posizione assunta nei confronti della NATO. A farli Maulvi Faqir Muhammad, uno dei leader del movimento talebano pakistano dei Therek-e-Taliban Pakistan, TTP. Il leader Talebano ha anche espresso la speranza che Pakistan ed Afghanistan possano respingere insieme le ambizioni politiche delle potenze occidentali oltre ad auspicare, per il futuro e per l’interesse del Paese, una fase di buone relazioni fra i Talebani ed il governo di Islamabad.

F.P.