Joseph Kabila Kabange è riconfermato alla presidenza della Repubblica Democratica del Congo, RDC.

I risultati ufficiali, rinviati più volte, sono stati resi noti ieri dalla Commissione Elettorale Indipendente Nazionale, Ceni. Risultati che assegnano a Kabila circa il 49 % delle preferenze pari a 8.830.994 voti, mentre all’ex premier e leader dell’Unione per la democrazia e il progresso
sociale, Udps, Etienne Tshisekedi wa Mulumba solo il 32,3% pari a 5.864.775 voti.

Una rielezione, quella di Kabila, che fa temere che il Paese africano possa  di un nuovo smarrire la strada della riconciliazione. La causa principale è il fatto che l’opposizione non ha accettato il risultato uscito dalle urne lanciando accuse di brogli elettorali a favore del presidente uscente.

Il suo principale avversario Tshisekedi, rientrato lo scorso anno nel Paese dopo un circa 3 anni di esilio volontario prima in Belgio e poi, in Sudafrica, si è autoproclamato presidente eletto. Tshisekedi, come ha fatto in campagna elettorale, ha anche aizzato i suoi sostenitori per
poi, invitarli successivamente alla calma.

La situazione è ora molto tesa. Il Paese africano è praticamente diviso in due. Nella parte che raggruppa i fedeli di Tshisekedi e dove
si registra la protesta e nella parte dove sono in maggioranza i seguaci di Kabila e dove invece, si festeggia.

Tutto questo fa temere che dopo il voto per le presidenziali e le legislative del 28 novembre scorso, seguito ad una campagna elettorale ‘movimentata’,  e uno scrutinio ‘tesissimo’, il Paese africano possa cadere di nuovo nel caos.

Soprattutto si teme che questa situazione possa innescare di nuova quella spirale di violenza anche sessuale, con massacri e distruzione che hanno devastato il Paese per oltre un decennio.

A pesare su tutto il fatto che in giro vi sono ancora numerose milizie armate appartenenti ai vari esponenti politici nazionali. Un fatto questo non più accettabile anche perché, la costituzione riconosce loro solo un determinato numero di guardie del corpo e non più un piccolo esercito al proprio servizio. La paura è che si possa avere una ripresa della conflittualità. Sotto la cenere infatti, arde ancora la brace e basta un non nulla per riaccendere la fiamma.

Anche se non reale, ma non per questo escludibile, è ritornata l’ipotesi di un possibile tentativo di colpo di stato contro Kabila come fu nel 2006. Questa volta il pericolo potrebbero venire dal confinante Congo Brazzaville. Come sempre fa da sfondo a tutto, la miseria impellente
in cui è immersa gran parte della popolazione congolese, nonostante le enormi ricchezze naturali di cui è ricca l’RDC come i giacimenti di diamanti, oro, cobalto e rame che sono però, prerogativa solo di pochi.

Numerosi gli appelli alla riconciliazione come quello dell’Associazione africana di difesa dei diritti dell’uomo che ha lanciato un appello ai
candidati affinchè accettino i risultati delle urne. Anche la comunità internazionale, dopo aver duramente condannato gli scontri della vigilia del voto, esprimendo seri timori per il futuro democratico del Paese africano ha invitato tutti alla calma. Preoccupato dall’evolversi della situazione anche il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon che ha chiesto di risolvere le divergenze pacificamente attraverso mezzi legali e
meccanismi di mediazione.

Comunque sia significativamente sembra che nessuna cancelleria per ora, ha inviato le proprie congratulazioni a Kabila per la sua riconferma alla guida della RDC.

I due principali candidati alle presidenziali, Kabila e il settantottenne Tshisekedi alla vigilia del voto si sono  più volte scontrati e nei disordini provocati hanno perso la vita diverse persone, mentre altre sono rimaste ferite. Poche ore dopo l’inizio delle operazioni di voto il clima è diventato incandescente in diverse parti dell’ex colonia Belga con assalti ai seggi, dove vi è stato appiccato il fuoco ad almeno 15 seggi e sono state rubate o distrutte urne e schede. Attaccati anche convogli che trasportavano schede elettorali ai seggi. Addirittura sono state anche scoperte urne in cui erano già state infilate schede votate o falsi seggi elettorali e schede prestampate tutto per favorire il presidente uscente.

Inoltre, secondo quanto denunciato da più parti, non tutti gli aventi diritto al voto sono riusciti a votare mentre altri invece, hanno potuto
votare più volte.

Alla luce di tutto questo la ‘puzza’ di brogli elettorali è fortissima. Mentre svanisce il sogno di quei congolesi che speravano che stavolta finalmente le elezioni sarebbero state libere e pacifiche.

Il giorno dopo il voto infatti, 4 dei candidati alla presidenza della RDC, Leon Kengo, Antipas Mbusa Nyamwisi, Adam Bombole e Vital
Kamerhe, hanno chiesto l’annullamento della consultazione elettorale denunciando appunto frodi estese come brogli nei seggi, l’utilizzo dei fondi dello Stato per la campagna del presidente Kabila, la scarsa distribuzione di materiale elettorale volutamente per ridurre l’affluenza e il rifiuto di garantire ai rappresentanti dell’opposizione di assistere allo spoglio.

Una denuncia questa, forte che sminuisce moltissimo la credibilità del risultato elettorale uscito dalle urne.

Anche i rapporti degli osservatori, circa 2.500 locali e 300 internazionali, sembrano dare spazio a queste denunce.

Gli osservatori internazionali che si trovano nel Paese africano sono in un numero inferiore rispetto a quelli dispiegati per le consultazioni del 2006, le prime elezioni libere e democratiche tenutesi nella RDC dopo 40 anni. L’ONU non ne ha addirittura previsti, mentre l’Unione europea ne ha inviati solo 146, due volte in meno rispetto alle passate elezioni.

Nonostante tutto l’ufficializzazione dei dati definitivi provvisori delle presidenziali è avvenuta la settimana scorsa. Risultati ufficiali più volte annunciati e rimandati. Questi risultati saranno poi, ufficializzati definitivamente, dopo aver esaminato tutti i ricorsi presentati, il 17 dicembre
prossimo dalla Corte Suprema considerata vicina al presidente riconfermato. Il 20 dicembre prossimo poi, il nuovo presidente potrà prestare giuramento e insediarsi. Per quella data nella capitale Kinshasa, considerata una roccaforte dell’opposizione, per il timore di disordini, sono stati mobilitati circa 20mila militari delle Forze regolari congolesi, Fardc, che affiancheranno le forze di sicurezza locali. Mentre, per quanto riguarda le parlamentari i risultati definitivi non saranno annunciati prima del 13 gennaio prossimo.
Erano in circa 19mila i candidati che si sono contesi i 500 seggi nell’Assemblea nazionale, il Parlamento dell’ex Zaire. Una ‘folla’ che in alcune
circoscrizioni ha portato alla predisposizione di una scheda di ben 56 pagine. Un fatto questo, non tanto anomalo, ma pericoloso visto la situazione generale.

Quelle appena svoltesi nella RDC sono le seconde elezioni presidenziali dopo la fine della guerra civile combattuta nel Paese africano dal 1996 al 2003. Una guerra costata la vita ad almeno 4 mln di persone. Una guerra civile che però, anche se finita, non ha mai visto un Paese completamente rappacificato.

Ancora una volta i 32 milioni di congolesi aventi diritto al voto sono stati chiamati ad eleggere il nuovo presidente e i deputati in condizioni
di disagio per le tensioni derivanti dalle violenze scoppiate alla vigilia del voto.  L’affluenza ai seggi è stata però, pari al 58,8 %.

Kabila è al potere nel Paese dal 2001, quando dopo l’assassinio del padre, Laurent De’sire’ Kabila, ucciso dalle guardie del corpo, ne ebbe la guida ad interim, ed è stato poi, eletto con il 58% dei voti nel 2006 quando le Nazioni Unite organizzarono le prime elezioni dopo la guerra civile.

La riconferma di Kabila non ha colto nessuno di sorpresa. Per molti il presidente riconfermato ha avuto campo libero, sfruttando la sua carica. Ai suoi è stato infatti, dato il compito di mettere a punto la macchina elettorale. Il fatto più eclatante, l’allargamento all’inizio della campagna elettorale della composizione della Corte Suprema, a cui spetta l’ultima parola sull’esito del voto, da 7 a 27 giudici. A pesare molto sull’esito del
voto però, il fatto che l’opposizione non è riuscita a far fronte comune designando un unico candidato. Alla fine in lizza per la carica a presidente i candidati sono stati ben 11. Anche se poi, in verità alla fine lo ‘scontro’, e non solo politico, si è ridotto tra il presidente uscente Kabila e i due
principali rivali, Etienne Tshisekedi e Vital Kamerhe, rispettivamente giunti secondo e terzo.

Questo appuntamento elettorale non prevedeva ballottaggio. Novità questa, introdotta da una modifica costituzionale voluta da Kabila e che ha
istituito il turno unico alle presidenziali pur conservando il mandato quinquennale.
Una modifica che consentiva quindi di vincere con una semplice maggioranza relativa di voti. Era stato proprio il ballottaggio nel 2006 a mettere in difficoltà Kabila che però, riuscì a spuntarla sul rivale di allora, l’ ex-vice presidente ad interim, Jean-Pierre Bemba poi, costretto all’esilio.

Ferdinando Pelliccia