Nel 1999, quando alla guida del governo italiano si era insediato Baffino d’Alema, il quale all’insegna del partito della coalizione della solidarietà ebbe a propinare agli italiani il grande evento rappresentato dalla promulgazione della legge n. 130/99 che soltanto gli esperti non allineati compresero subito essere una legge istituita per salvare le banche. Tutt’altro che di solidarietà verso gli italiani si trattava, i quali per le banche hanno sempre costituito il parco buoi da derubare e nella migliore delle ipotesi da spremere. Le banche italiane nel 1999, tirando le somme del contenzioso maturato dopo la crisi del 1992, si sono accorte che avevano crediti ipotecari con difficili probabilità di recupero per parecchie migliaia di miliardi, oltre a decine di migliaia di miliardi di crediti  chirografi. Col beneplacido dell’allora presidente della Repubblica, è stata approvata una legge tutta italiana per la cartolarizzazione dei crediti, concepita per  permettere alle banche una evasione legalizzata. Da quel momento si evince che nei soli primi due anni, 2000-2001, si è concretizzata in un buco di oltre 90.000 miliardi di lire per i conti dello stato, danno ricaduto poi sui contribuenti. Il 30 aprile 1999, con la legge n.130 intitolata “disposizioni per la cartolarizzazione dei crediti”, il governo presieduto da Massimo D’Alema, proseguendo nel suo progetto di sostegno alle povere banche italiane, dopo il decreto salva anatocismo del 1998, si è sentito in dovere di concedere alle banche un ulteriore strumento idoneo a distruggere la media e piccola imprenditoria del nostro paese, accattivandosi la riconoscenza del medioevale sistema bancario italiano. Non appena questa legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, le banche più furbe, sempre pronte all’arrembaggio, avevano già costituito delle banali s.r.l. con capitale di 20 milioni di lire, ovviamente sottoscritto da esse stesse. S.r.l.alle quali hanno venduto crediti miliardari in cambio di obbligazioni (derivati – hedge found)di durata anche ventennale. Ma la vera astuzia degli scaltri manager delle grandi banche è consistita nel vendere in blocco(a se stesse),in cambio della promessa di pagamento del 40% del loro valore iscritto a bilancio, i crediti assistiti da garanzie ipotecarie, con perdite dichiarate del 60%. A questo si aggiungano anche i crediti chirografi per svariate centinaia di miliardi, svenduti a se stessi al 10% del loro valore a bilancio, partite per le quali le banche hanno dichiarato perdite del 90%. Così che per conseguenza del metodo legalizzato delle elusioni fiscali e delle compensazioni per le presunte perdite subite a far data dall’anno 1999, le pseudo istituzioni creditizie, si sono sottratte al pagamento di molte migliaia di miliardi di vecchie lire di tributi, pari all’equivalente delle perdite multimiliardarie derivanti dalle cartolarizzazioni alle loro società controllate. Ma non è tutto qui, le cause e gli effetti della cartolarizzazione derivante dalla legge D’Alema, si sono rivelati devastanti non solo per i conti dello Stato, ma anche per i debitori del sistema bancario, i quali si sono ritrovati a fare i conti con una nuova forma di usura e di estorsioni, attuata delle società di recupero crediti e delle immobiliari, in prevalenza di emanazione bancaria. Veniamo al nocciolo del problema. Cartolarizzazione, significa “cessione dei propri crediti” ad altra azienda finanziaria, la quale, a fronte di posizioni creditorie ipotecarie contenziose paga con obbligazioni di durata anche ventennale, in media il 40% del valore dichiarato dalla banca venditrice dei crediti. Così stando le cose, si è portati subito a pensare che la povera banca che si trova costretta a cedere i sui crediti, per esempio di un miliardo di euro, per effetto della cessione, incassa in 5/10/20 anni soltanto 400 milioni e perde di fatto l’importo di ben 600 milioni. Anche se i dati contabili portano in questa direzione, il risultato reale è ben diverso, poichè con l’operazione di cartolarizzazione, la banca venditrice, anziché  perdere il 60%, in realtà realizza un duplice magnifico affare. In dipendenza della cessione del credito, sul bilancio di esercizio, la banca consegue nello stesso anno dell’avvenuta cessione, l’immediato pareggio contabile dell’intero ammontare del credito ceduto. Il pareggio è costituito in parte dal controvalore incamerato con la percentuale pattuita per la cessione ed in parte per l’elusione fiscale conseguente alla perdita patrimoniale  derivata  dalla cessione del credito. La prima truffa deriva dal fatto che per la perdita registrata, la Banca è esonerata dal versamento delle imposte dovute per pari ammontare delle presunte perdite dichiarate in bilancio. La seconda operazione consiste nel fatto che la banca, per i medesimi crediti ceduti con la formula della cartolarizzazione al momento della cessione, aveva già praticamente ammortizzato ognuno dei crediti vantati, poiché aveva già conseguito  il beneficio degli ammortamenti attraverso il dispositivo  degli  accantonamenti annuali al fondo di svalutazione crediti e al fondo di rischio. Ecco un esempio pratico. Su un credito di 100.000 euro in contenzioso dal 2001 al 2007, la banca ha proceduto all’accantonamento del 5% annuo sul Fondo Svalutazione Crediti (FSV), il 5% annuo x 7 anni, che di fatto equivale ad un ammortamento del 35% del credito iniziale, credito incagliato agli effetti del recupero, ma allo stesso tempo dinamico per effetto dell’anatocismo. Sempre per lo stesso periodo, la banca ha anche proceduto all’accantonamento di un altro 5% annuo  sul  Fondo Rischio Crediti (FRC), pari ad altro 35%.  In virtù delle predette operazioni,  in 7 anni  la banca ha dunque accantonato il 35+35% pari al 70% del suo credito. Si badi bene che il credito, essendo stato ammortizzato per il 70% dovrebbe residuare in bilancio in misura del solo 30%. Ma mentre questa sarebbe la logica contabile, esiste invece anche la logica elusiva delle banche, poiché il credito in questione durante i sette anni di incaglio o contenzioso non è rimasto statico, ma è  stato reso dinamico dalla capitalizzazione degli interessi composti, ossia dall’anatocismo, anno dopo anno. Così che, se la banca su 100.000 euro ha capitalizzato mediamente il 10% annuo, questo importo dopo sette anni è divenuto per la banca di € 194.871,00, parallelamente  l’ammontare degli accantonamenti si è elevato a € 103.744,00, e il credito si è azzerato con un piccolo utile di € 3.744,00. Valida ragione per la quale, in un paese civile, la banca dovrebbe agire con maggiore etica se non estinguere il debito perché compensato (pagato) dal fisco. Invece dopo che la banca avrà effettuato la cartolarizzazione  del   credito al 40% del suo valore dinamico, non reale, avrà ancora una volta accumulato ulteriori inequivocabili vantaggi reali. Non va trascurato che sul credito di 100.000,00 euro già ampiamente ammortizzato per 103.744.00, ma contabilmente dichiarato di € 194.871,00, se ceduto come accade in media al 40% del suo valore attualizzato, darà luogo ad un guadagno in termini da aumento del credito pari a € 77.948,40 e ad un beneficio fiscale di € 116.992,60 con la dichiarazione di perdita a bilancio. In virtù di codesta ingegneria fiscal-finanziaria, la banca che aveva una posizione a sofferenza di 100.000,00 euro all’inizio del 2001, col metodo degli interessi composti, degli ammortamenti sui fondi di tutela, e infine della cartolarizzazione al 40% del valore contabile anziché fiscale, alla fine del settennato ha realizzatio i seguenti benefici: L’importo di euro 77.948,00 sommato agli accantonamenti effettuati per € 103.744,00 e alla mancata corresponsione delle imposte eluse per € 116.922,60, corrisponde nella sua globalità alla somma complessiva di € 298.614,00, che effettivamente percepisce la banca per il credito iniziale di € 100.000. Di contro sul credito di € 100.000,00,  revocato e messi a rientro, per effetto della  risoluzione dei contratti cha annulla tutti i patti e le clausole contrattuali, la banca avrebbe dovuto capitalizzare gli interessi al solo saggio legale, ( per comodità di calcolo indicato nel 5%,), che se applicato correttamente avrebbe elevato i 100.000 euro a € 135.000,00 e mai a € 194.871,00. Così che se integriamo anche questa maggiore differenza di € 59.871,00 per interessi ultra legali, oltre i limiti di legge, per il credito contenzioso di € 100.000,00, l’importo complessivo reale che si introita la banca, tra denaro ed elusioni fiscali si eleva a € 358.485,00 grazie al meccanismo della cartolarizzazione. Ma la grande truffa fiscal-finanziaria non si esaurisce qui. La società che che ha acquistato il credito a € 77.948,00, azionerà i titoli acquisiti in via esecutiva per € 194.871,00 oltre gli interessi, così realizzando subito a titolo gratuito il valore aggiunto di € 116.922,60, pari ad un immediato ricarico di interessi del 150% che si configura usuraio per l’art. 644 del nostrto codice penale, che al suo comma quarto recita: “ per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese”, e che “ le pene sono aumentate da un terzo alla metà quando il colpevole ha agito nell’esercizio di attività bancaria o di intermediazione finanziaria”. In conclusione, con l’invenzione della cartolarizzazione dei crediti, per un debito di € 100.000,00 + interessi legali per € 35.000,00 pari a  135.000,00 la banca avrà conseguito remunerazioni a vario titolo con l’incasso di denaro fresco, e con l’illecito arricchimento e l’elusione fiscale, per un importo complessivo pari a €  358.485,00. La finanziaria invece, ha comprato il credito dichiarato di €194.871,00 per soli € 77.948,00, ma realizzerà l’importo di € 194.871,00. In definitiva, banca e finanziaria insieme, per un credito di € 100.000,00, avranno alla fine  incamerato complessivamente € 553.356,60, realizzando un “valore aggiunto” di € 453.356.60, nella sua globalità equivalente ad un ricarico di interessi del 493%, ovvero del 70,428 annuo. Questo graverà per il 50% circa sul debitore reale e per l’altro 50% sugli ignari cittadini contribuenti, costretti a pagare quelle tasse che gli istituti di credito sistematicamente eludono. Le operazioni di cartolarizzazione a partire dal 1999 sono state attuate dalle maggiori banche nazionali, per un ammontare stimato di oltre 300 miliardi di euro, pari a circa 580.000 miliardi di lire, con elusione fiscale derivata che ha aperto una voragine nei conti pubblici di almeno 150 miliardi di euro, pari a 290.000 milioni di lire. Prima fra tante, la Banca di Roma s.p.a. che nel 1999  ha cartolarizzato oltre 20.000 miliardi di crediti con i multipli delle società da essa controllate Trevi Finance s.p.a. – Trevi 1 e Trevi 2, seguita a ruota  dalla  Banca Nazionale del Lavoro, che ha ceduto i propri crediti alla S.V.P.Venezia s.p.a. e alla Aeres Finance, che insieme al Banco di Napoli, hanno ceduto i propri crediti alla S.G.C., dal Monte Paschi di Siena che ha ceduto alle varie società satelliti;  Banca Intesa che ebbe a cedere decine di migliaia di milioni di euro prima a Intesa Gestione Crediti, operazioni proseguite anche dopo la fusione in Intesa-San Paolo, con la cessione da Intesa Gestione Crediti a Castello Finance, che ha travasato i suoi crediti in Italfondiario, divenuta la più ricca finanziaria, con un portafoglio da recuperare di oltre 26 miliardi di euro. Un’operazione degna di nota è quella compiuta nel 2008 da Unicredit Banca di Roma che ha cartolarizzato un miliardo e passa di crediti con la Aspra Finance. La realtà che emerge è che le banche col meccanismo della creazione di società costituite, alle quali conferiscono mandato per la gestione dei crediti, fanno la parte del leone nei confronti degli sprovveduti cittadini e titolari di imprese, i quali si ritrovano di fronte ad autentici automi che discutono solo di rapporto tra credito preteso – benchè infarcito di mostruosi interessi – e valore degli immobili in espropriazione, rapporto logico tra credito erogato e somme già rimborsate. La conseguenza derivata è la assoluta impossibilità dei debitori a trovare soluzioni, se non quella di ricorrere al credito usuraio, per chi riesce a ottenerlo. In tale situazione i malcapitati delle cartolarizzazioni, vengono sottoposti ad una autentica aggressione psicologica e costretti a vivere in uno stato di totale insicurezza per l’imminenza della perdita della casa e per la triste sorte a cui si ritroverà esposto il proprio nucleo famigliare. Lo stato di stress emotivo–psico-fisico, in alcuni soggetti, si è constatato che ha portato alla graduale perdita delle difese immunitarie, e di conseguenza a gravissime patologie, come meglio descritto sul dossier SNARP 2004.