E’ necessario fornire dei chiarimenti sulla corretta interpretazione del comma 9 dell’articolo 11 del decreto-legge n. 1 del 2012, cosiddetto decreto “Cresci Italia” con particolare riferimento al comportamento al quale è tenuto il farmacista La norma stabilisce che “Il farmacista, qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, è tenuto a fornire il medicinale equivalente generico avente il prezzo più basso, salvo diversa richiesta del cliente”. .Un’interpretazione letterale della disposizione potrebbe indurre a ritenere che al farmacista venga imposto di dare al cliente (che non esprima una diversa volontà) il medicinale con denominazione generica avente il prezzo più basso fra i medicinali di uguale composizione, anche quando tale prezzo risulti uguale o addirittura superiore al prezzo del medicinale “con marchio” indicato come prima scelta dal medico. La corretta interpretazione della norma non può prescindere dalla ratio dell’intero comma 9, le cui finalità sono dirette a favorire l’uso di medicinali equivalenti a più basso costo, in tutti i casi in cui non sussistano specifiche ragioni sanitarie che rendano necessario l’impiego dello specifico medicinale indicato dal medico L’espressione “equivalente generico” deve intendersi riferita a tutti i medicinali che risultino equivalenti a quello specificato dal medico, senza operare alcuna distinzione fra medicinali “con marchio” e medicinali a denominazione generica. Quindi per alleggerire i costi sulle famiglie, il farmacista è tenuto a dispensare, al posto del farmaco commerciale, il medicinale generico equivalente avente il costo più basso, a meno che il medico non abbia espressamente indicato in ricetta la non sostituibilità del farmaco prescritto o salvo diversa richiesta del cliente.

